TOGLIATTI NEL ’63 A BERGAMO
SVOLTA E DIALOGO CON I CATTOLICI

Cinquanta anni fa al Duse lo storico discorso del leader comunista. I ricordi di due testimoni: Riccardo Terzi (PCI) e il giovane Pezzotta, allora operaio DC

Articolo di Franco Cattaneo

Nel marzo 1963, giusto 50 anni fa, Riccardo Terzi, figlio del celebre chitarrista Benvenuto, era un ragazzo di belle speranze comuniste: 21 anni, il classico al Sarpi, l’iscrizione a Filosofia in Statale. E soprattutto la guida della FGCI bergamasca, l’organizzazione dei giovani del PCI. In quella veste è fra i tanti che applaudono il compagno Palmiro (Togliatti), la cui Conferenza a Bergamo (serata conclusasi con una cena ristretta al Pianone) scavalla la cronaca dell’epoca per consegnarsi ad un aggettivo: storica. Non poteva sapere, Terzi, che in sala c’era pure un operaio diciannovenne della Reggiani, tale Savino Pezzotta, semplice iscritto alla DC di Scanzo che poi sarà leader nazionale della CISL e deputato centrista. Terzi e Pezzotta diventeranno amici per una felice congiunzione astrale: il primo leader lombardo della CGIL, il secondo della CISL.

Singolare la scelta del Duse che, per via degli spettacoli di varietà, era un po’ border line rispetto al comune senso del pudore dell’epoca e soprattutto al plumbeo rigore, specie privato, dei comunisti e dei loro avversari interlocutori democristiani. Quello di Togliatti è il celebre discorso dell’apertura ai cattolici non per l’oggi ma per il domani (il più importante intervento in materia del segretario comunista poi pubblicato da Rinascita), una costante della biografia del Migliore e dell’italo comunismo che va da Gramsci fino al Berlinguer del compromesso storico e pure all’ultimo dei togliattiani, Massimo D’Alema. È il noto realismo togliattiano: la via italiana al socialismo non poteva non confrontarsi con il popolo cattolico nel segno di alcuni condivisi valori umanistici. Il tasto è quello della pace, dell’universalismo e della coesistenza pacifica nel quadro della ricorrente strategia dell’unità fra le masse comunista e cattoliche.

In forma più compiuta, un approdo della maturità e nel quadro di una nuova sensibilità diffusa, quasi un senso comune, offerta dal pontificato di Giovanni XXIII, il segretario del Partito comunista rilancia le tesi ardite (per un partito marxista) del X congresso del PCI di qualche mese prima: «L’aspirazione a una società socialista non solo può farsi strada in uomini che hanno una fede religiosa, ma può trovare uno stimolo nelle coscienza religiosa stessa, posta di fronte ai problemi del mondo contemporaneo». Uno sguardo geopolitico unito alla critica della modernità capitalista, là dove Togliatti parla della «solitudine» dell’uomo moderno che «non riesce più a comunicare con gli altri uomini, si sente chiuso in un carcere dal quale non può uscire».

Il destino dell’uomo s’intitola la Conferenza di Togliatti e per spiegarla va storicizzata. Nell’ottobre 1962, con la crisi missilistica di Cuba che seguiva la costruzione del Muro di Berlino, l’America della nuova frontiera di Kennedy e l’Urss del disgelo di Kruscev sono ad un passo dal conflitto atomico. Pace e distensione sono le urgenze del momento, l’incubo nucleare penetra la psicologia collettiva: musica per le orecchie dell’intellettualità e della base cattoliche. Nel condominio Usa-Urss della guerra fredda, l’Italia occupa uno spazio geostrategico rilevante: presidia la frontiera orientale del mondo occidentale ed è l’avamposto nel Mediterraneo che interloquisce, attraverso linee esterne rispetto al consenso americano, con il nazionalismo socialistoide emerso dalla decomposizione colonialista anglo-francese del Medio Oriente. L’Italia del bipartitismo imperfetto e del fattore K (comunismo) ha il più grande Partito comunista dell’occidente e, con quella tedesca, la più grande DC europea. L’Italia, in quel 20 marzo ‘63, stava esaurendo i dividendi del boom economico e la DC di Aldo Moro era alle prese con il primo centrosinistra (quello organico è del ‘94). Alle elezioni del mese successivo i comunisti guadagneranno un milione di voti alla Camera. I due principali partiti, DC e PCI, hanno il vincolo esterno dei mondo diviso in due: l’America e l’Unione Sovietica. La doppiezza togliattiana (fedeltà a Mosca e lealtà repubblicana in Italia) tiene pur con tutti i limiti del caso: anche con l’eurocomunismo di Berlinguer negli anni ‘70, il PCI non riuscirà ad essere troppo distante dall’Urss e troppo vicino all’Occidente.

La Conferenza di Bergamo s’inserisce nella scia del pontificato conciliare di Giovanni XXIII e precede di 21 giorni la Pacem in terris, l’enciclica più innovativa di Roncalli. In quel documento Giovanni XXIII, insistendo sulla distinzione fra «errore» ed «errante», legittima il dialogo anche con i non credenti. E quanto alla filosofia marxista, l’enciclica specifica che bisogna porre una distinzione tra le dottrine e i movimenti storici nati da quelle ideologie. Pur in una anticipata rilettura laico-marxista da parte di Togliatti, con un afflato tuttavia da visione filosofica del mondo e non piegata alla necessità elettoralistica, c’è un legame indiretto fra i due momenti. Togliatti sceglie Bergamo in quanto terra natale del Papa e l’indicazione è l’esito di una triangolazione con Franco Rodano, intellettuale cattolico proveniente dalla Sinistra cristiana e suo “ambasciatore” negli ambienti vaticani, e un comune amico, un sacerdote di frontiera, don Giuseppe de Luca. C’è la loro mano nel telegramma di auguri di Kruscev a Papa Giovanni per il suo 80° compleanno, mentre qualche giorno prima dell’appuntamento bergamasco il Pontefice, con una mossa spettacolare, riceve il genero del leader sovietico. Si sa anche che Togliatti, sempre tramite Rodano, aveva conosciuto l’impostazione dell’enciclica da monsignor Pietro Pavan: del resto lo stesso titolo della Conferenza, Il destino dell’uomo, echeggia un passo dell’enciclica. Quasi un modo indiretto di dialogare con l’illustre interlocutore nel contesto di una percezione pubblica di reciproche aperture.

Il Togliatti di Bergamo come ricorda lo storico Aldo Agosti è ormai alla soglia dei 70 anni e morirà a Yalta l’anno successivo: ha qualche acciacco di troppo, un atteggiamento più meditativo e appare bisognoso di rapporti d’amicizia e di calore umano. «Un oratore forse un po’ professorale ma dall’eloquio ragionato, che non cercava l’applauso e la battuta alla Pajetta» ricorda Riccardo Terzi, oggi segretario nazionale dei pensionati CGIL. Ma che ci faceva al Duse, nella tana del lupo, il cattolico Pezzotta cresciuto a pane (quando c’era) e ad Avvenire d’Italia? «C’era nell’aria il senso di un risveglio sociale e di nuove speranze», risponde il militante cattolico che poco dopo si darà al sindacalismo cislino. Pezzotta va al Teatro «timoroso e impacciato», consapevole che non era «tanto normale» per uno come lui partecipare alla Conferenza del capo dei comunisti. Ma sono proprio la curiosità intellettuale e l’intrigo concettuale a muovere Pezzotta, colpito dall’affermazione di Togliatti: «Non voglio fare un discorso, un confronto tra ideologie». Che poi, quel discorso, lo maneggia fra il passato e il presente: «Abbiamo tutti gioito quando abbiamo potuto assassinare le nostre ideologie e abbiamo fatto bene. L’errore commesso è stato pensare che con il superamento dell’ideologia che già Marx aveva bollato come falsa coscienza, potessimo andare oltre le visioni del mondo intese come comprensione e interpretazione unitarie della realtà e pertanto animata da valori e ideali. Ci siamo così avviati su terreni scivolosi. Viviamo in una situazione in cui gran parte delle persone si sente alienata o semplicemente disaffezionata non solo dai partiti, ma dal discorso politico».



Numero progressivo: L16
Busta: 9
Estremi cronologici: 2013, 3 aprile
Autore: Franco Cattaneo
Descrizione fisica: Fotocopia pagina quotidiano
Tipo: Relativi a Terzi
Serie: Cultura -
Pubblicazione: “L’Eco di Bergamo”, 3 aprile 2013