TERZI: VENGONO DA LONTANO GLI ERRORI DEL PCI

Intervista di Rodolfo Ruocco a Riccardo Terzi

L’ex segretarie della Federazione di Milano dice che il partito è rimasto fermo a vent’anni fa. «È strategico» l’accordo con il PSI

«La situazione è grave, molto grave. Il PCI deve rinnovare tutto; il gruppo dirigente, la linea politica, la capacità di rapportarsi alla società il modo di pensare. Tutto è cambiato velocemente e noi siamo rimasti ai modelli culturali di venti anni fa. Occorre una svolta drastica per superare la crisi della stessa ampiezza di quella realizzata dai socialisti nel 1976».

Il “giovane” Riccardo Terzi oggi ha 46 anni, l’ex brillante segretario della federazione comunista milanese ha lasciato nel 1981, il lavoro di partito per “emigrare” nella CGIL, ma continua ad avere il gusto e l’interesse per la politica. Nella seconda metà degli anni Settanta, quando il PCI era un partito vincente, aveva il coraggio di andare controcorrente, dicendo che il compromesso storico era una iattura, che la strada da percorrere era l’alternativa. Dopo molte titubanze accetta di parlare, ma precisa di essere «contento» dell’impegno sindacale, del nuovo incarico di segretario generale aggiunto alla CGIL lombarda.

 

Sei stato un profeta. La crisi del PCI è scoppiata in modo traumatico dopo la nuova sconfitta nelle elezioni amministrative del 29 maggio. Oggi tutti nel partito, pur da posizioni politiche diverse, chiedono un radicale cambiamento.

«Ci aspetta un lavoro durissimo, tutto in salita. Già dalle elezioni politiche del 1979 venne un primo brutto segnale di declino. Si pensò ad una caduta fisiologica dopo il risultato storico di tre anni prima, la punta di consensi conseguita nel 1976. Ma non era così. Difatti da allora in poi, con la sola eccezione del 1984, abbiamo collezionato una pesante serie di disfatte consecutive.»

 

In cosa ha sbagliato il gruppo dirigente? Cosa c’è da rivedere?

«Gli errori non sono di oggi, vengono da lontano. L’unità nazionale è stato un gravissimo abbaglio. Nel 1979, quando finì l’esperienza del governo di solidarietà nazionale, eravamo ancora in tempo per cambiare, per puntare sull’alternativa e sulla collaborazione con il PSI. Ma non è andata così…»

 

Si è imboccata invece la strada dello scontro con i socialisti, scontro divenuto durissimo con il governo Craxi.

«Certo, ora è duro recuperare, ritessere un rapporto unitario. Però si deve tentare. Dobbiamo rinnovarci sul piano organizzativo e politico come hanno fatto i socialisti che hanno perfino cambiato il simbolo del partito.

Anche voi, dodici anni fa, attraversavate una crisi durissima, sembravate avviati verso un veloce dissolvimento. Craxi è stato molto bravo, i risultati si vedono. Ma attenzione, una cosa è il PCI, un’altra il PSI. La situazione può essere analoga, ma i problemi sono diversi.»

 

Cosa intendi dire?

«Non dobbiamo scimmiottare Craxi. Dobbiamo avviare una profonda riflessione su come si è trasformata la società italiana, sulla rivoluzione tecnologica che ha sconvolto i vecchi assetti produttivi. Una volta esisteva la grande fabbrica e il PCI rappresentava la classe operaia. Poi c’è stata la ristrutturazione industriale, i servizi sono cresciuti in un modo inimmaginabile. Noi non ce ne siamo accorti ed abbiamo mantenuto inalterata la struttura del partito togliattiano degli anni Cinquanta e sessanta. Soprattutto nelle grandi città abbiamo perduto le ramificazioni che ci collegavano con la società, difatti abbiamo perduto soprattutto nei grandi centri. Se vogliamo continuare ad essere un partito di massa dobbiamo ricostruire un meccanismo che ci permetta di essere ben radicati nella società. Per la nostra storia non possiamo essere un partito di opinione.»

 

E dopo la riflessione, dopo l’esame su come è cambiata la società cosa si deve fare? È anche

necessaria una strategia politica entro cui condurre i risultati di questa analisi.

«Certo. Per me l’unica prospettiva politica resta l’alternativa, il rapporto con i socialisti è strategico ed essenziale.»

 

E’ il gioco a tutto campo? L’impostazione di scegliere le alleanze in base ai programmi?

«Non ripetiamo i vecchi errori. Molte volte i programmi sono stati usati solo come alibi per dare vita a giunte con la DC.»

 

Terzi, alcuni miglioristi milanesi come Corbani, dicono che il PCI ha un problema di identità; o si trasforma in una forza riformista o è destinato ad un rapido declino. Cosa ne pensi da vecchio migliorista?

«Non sono mai stato un migliorista, alcuni mi hanno affibbiato questa etichetta senza chiedere il mio parere. L’analisi dei miglioristi è sbagliata. Il PCI deve cambiare, ma per diventare un partito del lavoro.»

 

Se facessi parte del comitato centrale, voteresti Occhetto segretario? Non chiederesti prima il varo di una precisa linea politica?

«Voterei per Occhetto, lo conosco dai tempi della FGCI. È un dirigente di prestigio e capace. La linea politica è contestuale al lancio di un nuovo gruppo dirigente. L’importante è che il nuovo segretario non sia condizionato, deve essere in grado di decidere in piena autonomia.»

 

Terzi, se ti offrissero di tornare al lavoro di partito cosa risponderesti?

«Sto bene alla CGIL, da poco ho assunto un nuovo incarico.»



Numero progressivo: H89
Busta: 8
Estremi cronologici: 1988, 16 giugno
Autore: Rodolfo Ruocco
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Politici - Riflessioni politiche -
Pubblicazione: “Avanti!”, 16 giugno 1988