TERZI: «UN CONGRESSO CHE DISCUTA DI SINDACATO»
Intervista di Giovanni Laccabò a Riccardo Terzi, Segretario generale CGIL Lombardia
Il segretario generale della CGIL lombarda propone che il dibattito congressuale si concentri sui nodi politici: nuovo ruolo del sindacato, Europa, unità, contrattazione
Il consiglio generale della CGIL lombarda vuole un Congresso aperto». È una scelta contro lo schema maggioranza-minoranza?
«Nei fatti significa che non sarà un pronunciamento di tipo referendario, che sarebbe troppo limitativo e sbrigativo. Vogliamo invece lavorare a partire dalle tesi nazionali, stimolare l’elemento propositivo, l’arricchimento della discussione su tutta una serie di temi. Vogliamo che l’insieme dell’organizzazione partecipi in modo attivo. La formazione di una maggioranza può essere solo il risultato di questo processo; d’altra parte, è questa l’interpretazione corretta del regolamento.»
Tuttavia il dibattito sembra dominato dalla voglia di contarsi.
«Nella prima fase della discussione sono prevalse questioni di impostazione e di metodo, ma ora è importante far capire, dentro la CGIL ma anche nell’opinione pubblica, quali sono i nodi politici, quali scelte proponiamo. C’è bisogno che si chiuda in fretta una discussione tutta interna sugli equilibri e sugli schieramenti, perché produce una lettura superficiale di un congresso che invece è importante per i suoi temi politici. Non solo perché per la prima volta nella storia si presenta una mozione alterativa, e non solo per decidere se la maggioranza dovrà essere riformista oppure spostata a sinistra.»
A proposito del documento alternativo: che ne pensi?
«È un fatto che non va drammatizzato, che può contribuire a rendere più esplicita la discussione. Ma non condivido l’impostazione del documento, la trovo soggettivistica, attribuisce arretramenti e difficoltà solo all’errore di una linea politica subalterna, fino a configurare una vera e propria disfatta dei sindacato. Mi sembra una lettura molto sommaria, che non tiene conto di una realtà molto cambiata e in movimento.»
A quali cambiamenti ti riferisci?
«I mutamenti di scenario, in Europa e nel mondo, che esigono un salto nella nostra elaborazione. Ecco perché è sbagliato attardarci in visioni di retrospettiva. Consideriamo l’Europa. Se il sindacato non riuscirà a intervenire nelle sedi dove si decide sul serio, rischierà di essere subalterno. Stesso discorso per il terna della democrazia economica: dobbiamo cogliere i cambiamenti, se vogliamo un effettivo controllo democratico dei lavoratori sui processi di ristrutturazione dell’economia. E anche il dibattito sulla riforma istituzionale deve vedere una presenza attiva del sindacato, perché è in gioco la qualità del nostro ordinamento democratico. Dobbiamo costruire un nuovo quadro legislativo e giuridico per dare vigore a nuovi strumenti di democrazia politica, per una politica dei diritti e anche per risolvere i problemi della rappresentanza.»
Ma intanto preme alle porte la trattativa di giugno, le ipotesi in discussione sono molte. Quale dev’essere l’asse delle proposte del sindacato?
«Ritengo decisivo il consolidamento dei livelli decentrati della contrattazione aziendale e territoriale. È vero: riscontriamo carenze nel rapporto democratico, tra lavoratori e gruppi dirigenti esiste un distacco. La soluzione è un modello contrattuale che rimetta al primo posto le concrete condizioni di lavoro. Il modello va riformato spostando il baricentro a favore della contrattazione decentrata. Il sindacato deve ricostruire la rete dei suoi rapporti sociali nella fabbrica e nel territorio.»
E l’unità sindacale?
«È un obiettivo politico dell’oggi, non uno scenario di prospettiva. Oggi molte divisioni sono già superate. Anche il nuovo orizzonte europeo esige un nuovo livello di unità.»
Su questo, almeno a parole, sembrano tutti d’accordo…
«È vero, ma è vero anche che oggi gli spazi per una discussione seria con CISL e UIL sono assai più ampi. L’unità è una scelta politica impegnativa che qualifica il congresso e che impegna i gruppi dirigenti.»
Tu, insomma, dici: misuriamoci sul campo di fronte a questi problemi, lasciamo stare le beghe…
«Abbiamo bisogno di una vera discussione sindacale, non condizionata da pressioni esterne. Dobbiamo mantenere su un terreno rigorosamente sindacale il dibattito nella CGIL, garantire la sua autonomia da logiche politiche, che rischiano di condizionarci anche senza volerlo. Solo così il dibattito, anche aspro, può essere governato senza lacerazioni, senza che si determini una contrapposizione e una incomunicabilità nell’insieme dell’organizzazione.»
Busta: 2
Estremi cronologici: 1991, 23 aprile
Autore: Giovanni Laccabò
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “L’Unità”, 23 aprile 1991