TERZI: «MA VANNO CAMBIATI I RAPPORTI SINDACALI. IN FABBRICA»

Intervista di Alessandra Mancuso a Riccardo Terzi

Un contratto scaduto da nove mesi, 52 ore di sciopero già effettuate e oggi il secondo sciopero generale della categoria: per i metalmeccanici dell’industria privata sembrano tornati i tempi dello scontro frontale con una classe padronale intenzionata a non cedere di un millimetro. Un balzo indietro nel passato? In realtà anche all’interno del sindacato qualcuno avanza il dubbio che i leader confederali abbiano messo del loro nello spostare il confronto contrattuale su un terreno politico e ideologico. Riccardo Terzi, quarantenne, comunista, dal 4 luglio scorso segretario generale della CGIL della Lombardia rispedisce al mittente senza esitazione la critica: «Se la vertenza contrattuale dei metalmeccanici si è tramutata in uno scontro politico-ideologico è solo conseguenza delle posizioni della Federmeccanica, di classica intransigenza. Mortillaro è espressione di un capitalismo vecchio stampo. L’arma dello sciopero è ancora fondamentale per rompere il muro delle resistenze e aprire uno spazio di trattativa. Che su orario e relazioni sindacali è ancora nullo».

 

E poi c’è una grande distanza anche sulle richieste salariali.

«Non c’è solo una questione salariale, quella centrale è di rafforzare il controllo dei lavoratori sugli orari, dare loro potere reale».

 

Rilanciare cioè il ruolo di contrattazione dei sindacali all’interno delle imprese?

«Occorre perseguire un processo di innovazione contrattuale, rivedere cioè i modelli contrattuali e dare centralità alle relazioni dentro le imprese, almeno quelle grandi e medie, tenendo conto delle esigenze di ciascuna di esse».

 

È questa la sfida del sindacato negli anni ‘90?

«Il problema è questo: il rapporto dei sindacati con l’impresa, spostare il baricentro dalla contrattazione nazionale a quella decentrata. Il contratto nazionale dovrebbe acquistare un carattere diverso, affrontare solo alcune materie e rinviare tutta una serie di questioni alla contrattazione aziendale. Questo richiede una svolta nella cultura sindacale e in quella imprenditoriale: purtroppo registriamo posizioni molto rigide con tentativi di annullare quello che già è acquisito di contrattazione decentrata. Poi bisognerebbe stabilire anche criteri generali: per esempio la politica salariale legata all’andamento produttivo dell’impresa. Con le dovute garanzie per evitare che contino solo i rapporti di forza».

 

Il sindacato deve anche affrontare, al suo interno, la questione della rappresentatività sempre più messa in discussione.

«È una questione urgente: bisogna andare al più presto a ipotesi unitarie per definire un nuovo sistema di rappresentanze nei luoghi di lavoro. Altrimenti il rischio è di oscillare tra decisionismo autoritario e la politica del referendum tutti i giorni. La sfida è avere poteri reali di rappresentanza e di contrattazione: è questo che è venuto meno negli ultimi anni».


Numero progressivo: B25
Busta: 2
Estremi cronologici: 1990, 5 ottobre
Autore: Alessandra Mancuso
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Italia oggi”, 5 ottobre 1990