TERZI: «IL NO È UN NO ALLE RIFORME»

Il Sì del segretario della CGIL lombarda «Con nuove leggi elettorali si potranno affrontare anche i più scottanti problemi sociali»

Intervista di Italo Furgeri a Riccardo Terzi

Il segretario regionale della CGIL della Lombardia, Riccardo Terzi, lancia un appello a conquistare, in questi pochi giorni, prima del voto referendario di domenica e lunedì, gli incerti, che sono ancora moltissimi. «Non c’è logica nelle argomentazioni di chi invita a votare No in nome della riforma. Al contrario, solo con una larga vittoria del Sì si potrà mettere in soffitta il vecchio sistema».

Si accende in questi ultimi giorni, di nuove scoppiettanti scintille la campagna elettorale per i referendum. Ma nonostante la cascata di tribune e dibattiti che dilagano sugli schermi televisivi, il segretario regionale della CGIL lombarda, Riccardo Terzi, «sente» che c’è in giro ancora una forte esigenza di comprensione. Non solo non è agevole ricordare tutti i quesiti referendari ma, a suo parere, si avverte anche una buona dose di confusione perfino sul referendum più importante, quello elettorale. L’intervista parte, dunque, da qui.»

Terzi, cosa rispondi a coloro che invitano a votare No con l’intento di puntare alla riforma del sistema?
«Che quel No non ha logica. La domanda posta dal quesito referendario è semplicissima: Sì o No al sistema attuale. Non ci possono essere equivoci; se vince il Sì si cambia, in caso contrario tutto resta come prima. Il No per la riforma è perciò un non senso. Capisco che qualcuno difenda il sistema proporzionale e dichiari di volerlo riformare. Si tratta oggi di una posizione politica sbagliata e dannosa. La crisi italiana è giunta ad un punto tale che nessun problema può essere seriamente affrontato senza riforma istituzionale.»

Vuol dire che ci salverà un nuovo sistema elettorale?
«No. Di per sé nessuna riforma elettorale e salvifica. Direi anzi che ogni realtà e ogni momento storico ha bisogno del suo sistema elettorale. Ma la riforma può diventare un elemento importante del cambiamento. E oggi è di questo che l’Italia ha bisogno.»

Che cosa rispondi a chi obietta che il maggioritario potrebbe favorire tentazioni oligarchiche?
«In questi anni l’Italia è stata governata dalla peggiore oligarchia; non rischiamo il peggio, siamo al peggio da lungo tempo.»

Spiegaci, allora, perché il Pds si allea con DC, PSI, Segni, Confindustria e altri partiti di governo nella battaglia referendaria?
«Ma perché i nuovi gruppi dirigenti di queste forze sono stati costretti a prendere atto che il vecchio regime è crollato e che il cambiamento è inevitabile. Fra questi partiti ci sono, tuttavia, forti spinte di segno contrario. Il No di Craxi ne è un esempio, ma si sa anche di un vasto e sotterraneo lavorio di settori DC e socialisti impegnati a combattere il Sì. In quanto poi a Segni, e potrei aggiungere anche Bossi, mi sembra di poter dire che oggi, in questa battaglia referendaria, essi sono oggettivamente nostri alleati. So bene che molte cose ci dividono da loro, ma so anche che oggi i nostri avversari sono altri; voglio alludere cioè al vecchio ceto politico che si coagula intorno al craxismo o a figure come Andreotti e a tanti altri boss DC finiti o no nel mirino della giustizia. Consentimi, inoltre, di rilevare il mio sconcerto quando ritrovo sulle posizioni del No, incarnate per così dire dal craxismo, anche forze di sinistra come Rete, Rifondazione, parte dei Verdi. Trovo poi stravagante che a favore del No lavori in modo organizzato una parte del gruppo dirigente del PDS.»

Cosa c’è al fondo di questa divisione e quindi di questa debolezza delle forze di sinistra?
«In molti casi non me lo spiego. Vedo comunque un’incomprensione del momento politico e, spesso, semplicemente una difesa di interessi di parte.»

Che cosa pensi di chi sostiene che una schiacciante vittoria del Sì darebbe troppa forza a Segni e Bossi e potrebbe costringere, dopo il 18 aprile, il PDS a chiedere aiuto a Rifondazione e alla Rete per battere il disegno dell’uninominale secco che questi avrebbero in testa?
«Più saranno i Sì, tanto più il PDS avrà voce in capitolo. È poi vero che nello schieramento referendario vedo più opzioni. In ogni modo mi sembra ci siano gli spazi per un accordo sia con Segni che con Bossi. Questo, comunque, è un problema del dopo. Per ora è decisivo impegnarsi per una larga vittoria del Sì. Anche in questi ultimi giorni si possono conquistare moltissimi voti. Credo ci sia ancora parecchia gente che non ha deciso e, come sento dire, che è in piena confusione.»

Insomma sei proprio convinto che oggi il problema numero uno dell’Italia è quello della riforma istituzionale?
«C’è dell’altro, non c’è dubbio. Penso specialmente ai nodi dell’occupazione, del lavoro e dell’economia. Ma è evidente che senza un governo autorevole, non si possono affrontare. E in che modo, se non con la riforma, si può arrivare ad un governo come la situazione richiede?»

Capisco il tuo discorso, ma quanto tempo ci vorrà?
«Spero poco. Dopo il volo di domenica vedo un governo istituzionale a larga base parlamentare con dentro anche il PDS.»

E tu pensi che un simile governo sarà in grado di sciogliere i nodi della crisi economica?
«No, ma un programma minimo sull’emergenza dovrà pur darselo. Il suo compito più importante sarà però quello di varare rapidamente la riforma istituzionale. E subito dopo nuove elezioni con le nuove regole. Con tutto quel che è successo in questi mesi, a cominciare da Tangentopoli, questa verifica democratica, più che una richiesta, mi sembra una necessità.»



Numero progressivo: C55
Busta: 3
Estremi cronologici: 1993, 14 aprile
Autore: Italo Furgeri
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Sindacali - CRS -
Pubblicazione: “L’Unità”, 14 aprile 1993