SE DALLA PROTESTA SI PASSA AI CONTRATTI

È questo il banco di prova che il Sal dovrà affrontare

Intervista di Anna Avitabile a Riccardo Terzi

Questa volta non si vuole essere colti alla sprovvista com’è accaduto in occasione dei risultati elettorali della Lega alle amministrative, benché tutti gli ingredienti di quel successo fossero visibili a un’analisi più attenta. La mossa successiva, la costituzione di un sindacato autonomista, viene seguita con attenzione dalle confederazioni, soprattutto nelle zone della Lombardia in cui più netta è stata la raccolta di consensi elettorali alla Lega.

Quali prospettive ha di fronte il nuovo sindacato, in quale tipo di impresa e settori riuscirà ad avere maggiori adesioni, quale ricadute si avranno fra gli iscritti alle confederazioni sindacali? Rassegna lo chiede a Riccardo Terzi, segretario generale aggiunto della CGIL Lombardia.

Terzi: «Quando si ottiene il 20%, com’è il caso della Lega in Lombardia, è chiaro che il consenso è stato raccolto dai più diversi strati sociali tra cui parti consistenti del lavoro dipendente. Non c’è dubbio che l’operazione che adesso la Lega sta tentando, la costituzione di un proprio sindacato, non può essere sottovalutata. Alcune condizioni politiche generali, una base sociale potenzialmente ampia, una situazione di malcontento e di crisi nel rapporto di fiducia tra lavoratori e sindacati confederali: sono tutti elementi che possono giocare a favore del nuovo sindacato. Abbiamo cominciato a discutere e approfondire il problema: non siamo ancora in grado di prevedere quali caratteristiche assumerà, dove potrà ottenere consensi. Si tratta di un fenomeno da tenere sotto osservazione, la cui capacità di successo dipende anche dalla nostra capacità di risposta.»

 

RS: Com’è stato detto, il punto di forza su cui fa leva la Lega, e probabilmente anche il sindacato autonomista, consiste nell’aver messo assieme riforma fiscale e riforma delle autonomie. Sei d’accordo?

Terzi: «A me sembra che l’unico elemento politicamente importante, razionale, delle posizioni politiche della Lega riguardi effettivamente la critica allo Stato centralistico. Su questo terreno si è verificato negli ultimi anni l’appannamento di una battaglia, quella appunto per le autonomie, iniziata e condotta dalle sinistre contro le forze conservatrici. Oggi non c’è dubbio che la questione vada ripresa. Tra l’altro voglio ricordare che, prima che esplodesse il fenomeno della Lega, la CGIL Lombardia aveva iniziato a parlare di “nuovo regionalismo” allo scopo di modificare il rapporto tra poteri centrali e poteri decentrati.»

 

RS: Si può dire che il successo della Lega sia dovuto alla «forza» di questa loro proposta più che alla “debolezza” delle posizioni della sinistra?

Terzi: «La forza quella Lega deriva, secondo me, dal fatto che è in atto un processo di disgregazione sociale nel paese. La Lega in qualche modo esprime e dà voce a questo processo, evidenziandone le posizioni corporative e localistiche. Queste sono le ragioni di fondo del suo successo. Non vedo, al contrario, nella sua proposta una più lucida visione politica, una capacità di rispondere ai bisogni reali della gente. Farei quindi molta attenzione a non correre dietro alle suggestioni della Lega. Piuttosto, all’interno di una linea di fermezza, concentrerei gli sforzi a recuperare il ritardo accumulato su una serie di terreni, tra i quali in primo luogo quello del regionalismo e del decentramento dello Stato.»

 

RS: In che misura la protesta fiscale può farsi strada, anche attraverso il sindacato della Lega?

Terzi: «La Lega tende a mettere insieme elementi diversi di malcontento. Ma credo che questo tipo di operazione sarà ben più problematica all’interno di un sindacato come il loro che nasce con una caratterizzazione corporativa mettendo assieme lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Per questo risulterà meno facile per la Lega condurre un’agitazione generica contro il sistema fiscale vigente, dato che gli interessi concreti dei suoi associati sono opposti. Se è vero, come hanno sempre detto i sindacati confederali, che la caratteristica più evidente del sistema di prelievo è una distribuzione diseguale del carico fiscale sul lavoro autonomo e su quello dipendente, il primo obiettivo da realizzare è ristabilire una situazione di equità e di giustizia; il secondo, quello di correggere sensibilmente il carattere centralistico del prelievo, restituendo capacità impositiva a Regioni ed enti locali; infine, quello di mantenere alto il livello delle entrate fiscali per impedire lo smantellamento dello stato sociale. Quest’ultimo è un punto decisivo, perché lo slogan “paghiamo tutti meno” porta direttamente a una politica neo-liberista che cancella molte delle conquiste sociali fatte in questi anni.»

 

RS: Anche in campo previdenziale il sindacato della Lega propone una riduzione dei contributi obbligatori, e un sistema integrativo a base volontaria e individuale. Non c’è il rischio che su questo tema si realizzi, paradossalmente, una convergenza di interessi tra dipendente e datore di lavoro?

Terzi: «Questa è una linea che porta a indebolire gli strumenti pubblici e universali di protezione sociale. Se fosse realizzata, è vero che le categorie forti sarebbero in qualche misura in grado di autodifendersi, ma è certo che quelle più deboli si troverebbero in una situazione ancora più difficile. In altre parole, credo che posizioni del genere possano anche raccogliere consensi, ma sono assolutamente sbagliate e come tali vanno combattute.»

 

RS: La critica della Lega al centralismo dello Stato non si limita alla questione fiscale, ma anche, per esempio la scuola.

Terzi: «Questo è il vero punto debole, il ritardo della sinistra e del sindacato nel portare avanti una politica di decentramento dello Stato, nel mettere in discussione questa macchina centralizzata, burocratizzata in cui tutto dipende da un ministero. Qui davvero c’è un salto da compiere. E questo ragionamento vale per la scuola e per l’insieme dell’amministrazione statale.»

 

RS: Veniamo all’ultimo punto, il problema della democrazia nella rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. Non risolverlo può accrescere i consensi a favore di un sindacato autonomista?

Terzi: «Abbiamo avuto in questi anni un problema di consenso, una difficoltà a realizzare un rapporto democratico con i lavoratori. Questo è uno degli aspetti della crisi del sindacato. Dove esiste un’area di sfiducia, risulta normalmente più facile l’insediamento di un nuovo sindacato. Bisogna poi vedere la capacità di questa nuova formazione a ottenere risultati attraverso un’attività efficace di contrattazione, realizzata nell’interesse della generalità dei lavoratori. Voglio dire che mentre è semplice mettere insieme un’organizzazione di protesta o di agitazione, risulta più complicato darle corpo sul terreno contrattuale dove le difficoltà che noi incontriamo valgono sicuramente anche per gli altri.»


Numero progressivo: B29
Busta: 2
Estremi cronologici: 1990, 25 giugno
Autore: Anna Avitabile
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Nuova Rassegna Sindacale”, n. 25, 25 giugno 1990, pp. 38-39