SCIOGLIERE LA CORRENTE COMUNISTA PER COMPLETARE IL PROGETTO D’AUTONOMIA

Per il leader lombardo la proposta di Trentin non è collegabile al processo politico in atto nel PCI

di Riccardo Terzi – Segretario generale CGIL Lombardia

Non pretendo di essere un interprete autorizzato del pensiero di Trentin, ma sono personalmente convinto che vanno fuori strada quelle interpretazioni che fanno discendere direttamente l’atto di scioglimento della componente comunista dal processo politico in atto nel PCI.

Io ed altri abbiamo sostenuto la necessità del superamento delle componenti ben prima della “svolta” di Occhetto. E il mio accordo con la proposta di Trentin è totale alla condizione che si tratti, come a me pare, di una scelta di autonomia del sindacato, e non di un tardivo accomodamento a decisioni politiche prese in altra sede.

Il senso del processo è quello di portare a compimento un progetto di autonomia che è rimasto a mezza strada. Le vicende del PCI e del movimento comunista non sono la causa di tale processo, la cui necessità era posta già da tempo, ma piuttosto una conferma di una situazione di generale movimento che richiede per tutta la sinistra, sindacale e politica, nuove risposte.

Per questo ho una riserva sull’interpretazione di Del Turco, e mi è sembrato più pertinente il commento di Pierre Carniti sulla Stampa che ha messo al centro il tema dell’autonomia del sindacato.

Se così stanno le cose, dei tre possibili scenari ipotizzati da Del Turco, va sicuramente escluso il primo, che consisterebbe nella formazione di una nuova componente politica collegata al nuovo partito che sarà costituito all’indomani del prossimo Congresso dei PCI.

Si tratterebbe di un cambiamento solo formale, che ribadisce nei fatti il deficit di autonomia del sindacato.

Se il metro di misura della dialettica interna alla CGIL non è dato dal quadro politico esterno, dobbiamo creare allora le condizioni per un confronto e per una definizione di maggioranze e minoranze che si svolga interamente sul terreno delle strategie sindacali.

E allora non capisco la distinzione tra il secondo e il terzo scenario. Perché una dialettica “esclusivamente” sindacale dovrebbe significare l’ingovernabilità programmata?

Non si tratta qui di singole e particolari questioni, sulle quali gli schieramenti possono essere estremamente mobili, ma dell’asse strategico generale della CGIL.

E anch’io auspico la possibilità di un’ampia e autorevole maggioranza legata alla storia unitaria della CGIL la quale si costituisca non sulla discriminante “ideologica” del riformismo, che rischia di essere un concetto vuoto e suscettibile di manipolazioni partitiche, ma intorno ad un programma di riforme che qualifica il sindacato come autonomo soggetto politico.

Per questo ci sarà il Congresso della CGIL. Spetta appunto al Congresso e non ad altri la legittimazione di un gruppo dirigente. È aperta in ogni caso una nuova ricerca che impegna tutta la CGIL e credo che sia possibile individuare insieme nuove regole di democrazia interna.



Numero progressivo: B26
Busta: 2
Estremi cronologici: 1990, 27 settembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Avanti!”, 27 settembre 1990