RIFORME ISTITUZIONALI: NON SONO LA PANACEA DI QUESTA CRISI POLITICA
di Riccardo Terzi
Si moltiplicano le iniziative e le dichiarazioni per l’apertura di una nuova stagione di riforme costituzionali. E si moltiplicano, in proporzione diretta, le mie personali perplessità. Il panorama delle proposte è quanto mai confuso. Spesso non di proposte si tratta, ma solo di suggestioni ideologiche, di predicazioni intorno all’avvento della seconda Repubblica.
E i predicatori, si sa, vedono il mondo come la competizione di eletti e di dannati, in questo caso di innovatori e di conservatori. È una questione di fede, e quindi non c’è spazio per una discussione razionale. L’articolo di fede, che accomuna diverse scuole di pensiero, consiste nel principio che è giunto ormai il tempo, non più rinviabile, di una ridefinizione del patto costituzionale.
Lo dicono gli “amici di Liberal”, per i quali «senza un organico progetto di riforme costituzionali che ridisegni il profilo di tutti i poteri, l’Italia non uscirà mai dallo stallo in cui sembra essersi cacciata». Quale sia questo progetto è assai meno chiaro, perché si esalta il modello Westminster, ma si fa finta di non sapere che in quel modello non c’è l’investitura popolare diretta del premier, e si oscilla in modo confuso tra presidenzialismo, semipresidenzialismo e parlamentarismo bipartitico. Insomma, l’importante è cambiare, in quale direzione non si sa.
L’unica cosa che si sa è che c’è una congiura partitocratica-conservatrice-proporzionalista che va combattuta.
È lo schema classico delle guerre di religione.
Su una diversa lunghezza d’onda si muovono le analisi e le proposte del Centro per la riforma dello Stato, ribadite nell’articolo di Giuseppe Cotturri su L’Unità del 23 novembre. L’idea centrale è che l’apertura di una fase costituente sia un passaggio ineludibile, e che si tratta quindi ora di individuare gli strumenti e i percorsi. Il tema all’ordine del giorno è inevitabilmente quello dell’Assemblea Costituente, e gli unici interrogativi che restano aperti riguardano il modo di delimitarne il mandato e la definizione di possibili elementi di garanzia, affidando ad esempio un ruolo di supremo arbitro alla Corte costituzionale.
Non entro nel merito dei suggerimenti tecnico-giuridici: non mi sembrano convincenti, ma non sta qui il punto centrale della discussione politica che intendo sollevare.
Ho associato con un pizzico di perfidia le posizioni di Liberal e quelle del CRS, sapendo che sono assai diverse le motivazioni soggettive. Ma è poi davvero così grande la diversità, nel momento in cui si converge sul punto sostanziale, sul fatto cioè che si tratta oggi di riscrivere il patto costituzionale?
Una qualsiasi analisi realistica dell’attuale situazione politica fa prevedere che questa riscrittura non andrà nel senso di una espansione delle libertà democratiche e dei diritti di cittadinanza, ma offrirà piuttosto una straordinaria occasione per i propositi di “semplificazione autoritaria” del sistema politico.
Ma c’è, al di là delle convergenze tattiche, una domanda più di fondo; la crisi italiana è una crisi costituzionale? E quindi il percorso di uscita dalla crisi coincide necessariamente con il percorso di revisione costituzionale? Qui sta, a mio giudizio, il punto fondamentale di dissenso. Non è in discussione la necessità di singole riforme costituzionali, anche su punti di grande rilievo, ma è in discussione l’analisi sostanziale della crisi italiana e il tipo di approccio che questa crisi richiede. Io credo che la crisi abbia una dimensione essenzialmente politica. Non c’è un deficit costituzionale, ma un deficit politico. Ciò che è mancato, in tutti questi anni segnati da profondi mutamenti strutturali, è l’attivazione di specifici interventi politici, nel campo dell’informazione, dell’economia, della riorganizzazione del settore pubblico, dell’integrazione internazionale, e il risultato è appunto questo generale spiazzamento della politica rispetto ai processi reali che si stanno realizzando.
La Costituzione non centra, e riscrivere le norme costituzionali non è oggi l’esigenza prioritaria, rischia anzi di essere un grande alibi, un’evasione rispetto ai nodi reali che dobbiamo affrontare.
Bisognerebbe, in primo luogo, decidere qual è l’agenda dei problemi politici fondamentali. Oggi stiamo lavorando, destra e sinistra, su un’agenda sbagliata, sulla quale stanno scritti solo i problemi secondari e non quelli veramente strategici per il futuro del nostro paese. Non c’è l’economia, non c’è l’occupazione, non c’è la risposta politica ai nuovi processi di mondializzazione e di competizione internazionale, ma c’è solo la discussione, ormai davvero stucchevole, sulla legge elettorale, sul presidenzialismo e sulla Costituente.
La sinistra ha il compito di riformulare l’agenda dei problemi politici. Se non fa questo, si dissolve. Non facciamoci condizionare dal timore ossessivo di apparire come conservatori. Le ossessioni producono sempre dei cattivi risultati. Se corriamo dietro a quelli che Giuseppe De Rita chiama “i nuovi mandarini”, finiamo esattamente su quel terreno dove è la destra a dettare le sue condizioni.
Gli stessi problemi istituzionali vanno dunque affrontati in modo nuovo, non con spirito di conservazione, ma vedendoli nel loro rapporto con la società e con le nuove sfide economiche. Occorre una nuova statualità, non perché c’è il miraggio della “democrazia maggioritaria”, ma perché dobbiamo mettere mano nei meccanismi concreti di funzionamento dell’amministrazione, di regolazione dell’economia, di sviluppo dell’autogoverno locale. È un lavoro più complicato, che richiede una elaborazione più ricca. Chi viceversa pensa che si risolva tutto con il premier e con la sua designazione popolare, si accomodi.
In fondo sta qui oggi una delle differenze essenziali tra la destra e la sinistra: da un lato il mito, dall’altro il lavoro faticoso sulle cose, da un lato il problema è il “chi comanda”, dall’altro il problema è il “che fare”, è il progetto di società.
Busta: 3
Estremi cronologici: 1995, 22 dicembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CRS -
Pubblicazione: “L’Unità”, 22 dicembre 1995