QUADRI E RINNOVAMENTO DELLA POLITICA SINDACALE
di Riccardo Terzi
Il movimento dei Quadri si trova ad un punto critico. Ha avuto uno sviluppo tale nella realtà concreta dei luoghi di lavoro e nel dibattito politico, per cui deve poter conseguire dei risultati tangibili, a dimostrazione della propria ragion d’essere; ma proprio nel momento in cui esso ha conquistato il suo diritto di cittadinanza sembra incapace di uno sviluppo ulteriore, lontano dal raggiungimento di risultati concreti ed effettivi. Può essere utile ragionare e riflettere su questa contraddizione.
A me sembra che il movimento dei Quadri, per superare l’attuale stato di difficoltà, debba impegnarsi in un’analisi critica della propria esperienza e debba tentare alcune correzioni di linea. Mi soffermerò su due questioni: il rapporto tra azione politico istituzionale e azione sindacale, e il “sistema di alleanze”, ovvero la collocazione dei Quadri nel complesso delle relazioni sociali e politiche.
Fino ad ora le varie associazioni dei Quadri hanno trovato tra di loro un comune terreno di iniziativa nella rivendicazione del riconoscimento giuridico, privilegiando l’azione politica rispetto a quella più strettamente sindacale. I risultati di questa impostazione sono stati complessivamente deludenti, e sono a tutti note le vicende tortuose del dibattito politico parlamentare intorno alle diverse ipotesi legislative che sono state avanzate. Non credo che questa situazione sia destinata a sbloccarsi rapidamente.
Non solo, infatti, vi sono resistenze politiche, ma vi è soprattutto una difficoltà oggettiva, in quanto nessuno è in grado di prospettare soluzioni giuridiche che siano davvero convincenti. Se ci si limita alla modifica dell’articolo n. 2095, con l’inclusione della nuova figura dei Quadri, si fa un’operazione solo simbolica, priva di effetti pratici.
Può essere che alla fine la maggioranza parlamentare si orienti in questa direzione, ma solo per potersi finalmente sbarazzare, con una finzione giuridica, di un problema scomodo c complesso.
Se invece si vuol tentare un intervento legislativo più compiuto, che affronti alcune essenziali questioni di merito, si rischia di invadere il campo dell’autonoma contrattazione sindacale e di sancire un ordinamento giuridico privilegiato per una parte limitata dei lavoratori.
Ci si può allora domandare se non sia sbagliato l’approccio, se cioè la soluzione “legislativa” non possa che essere successiva, non possa che intervenire come coronamento e sanzione di conquiste e diritti che si affermano nella contrattazione sindacale.
Vorrei dunque sottoporre al dibattito questa ipotesi: che sia necessario per il movimento dei Quadri spostare decisamente il proprio impegno sul terreno contrattuale sindacale considerando questo come una premessa necessaria per ottenere anche risultati politici e legislativi.
La seconda correzione che mi sembra necessaria riguarda l’individuazione delle alleanze, delle convergenze che sono indispensabili per spostare i rapporti di forza reali.
Questo problema non è stato risolto dal movimento dei Quadri, che si è trovato a combattere su due fronti, contro le organizzazioni storiche del movimento sindacale e contro i gruppi dirigenti delle imprese, con la conseguenza di trovarsi in una posizione di isolamento e di debolezza.
Nel momento in cui i Quadri hanno cominciato ad organizzarsi, dando vita a forme nuove e originali di associazione, si è creata una situazione politicamente ambigua. Da un lato le organizzazioni tradizionali della classe operaia si sono irrigidite in una posizione di diffidenza, palesando così il loro ritardo di fronte ai processi nuovi che stanno avvenendo nel mondo del lavoro; e dall’altra parte è scattato un meccanismo molteplice di strumentalizzazione da parte di tutte quelle forze, politiche e sociali, che hanno intravisto la possibilità di una manovra di divisione e di un’azione di disturbo ai danni del movimento sindacale unitario.
Considero ambigua questa situazione perché offre una rappresentazione falsa e travisata degli alleati e degli avversari, e quindi rischia di deviare il movimento dei Quadri lungo un percorso inconcludente.
Forse è possibile oggi un bilancio più realistico. Risulta ormai chiaro, infatti, che i gruppi dirigenti delle imprese, al di là dei riconoscimenti formali, non hanno nessuna intenzione di riconoscere il movimento dei Quadri come un interlocutore effettivo, portatore di istanze legittime di valorizzazione del ruolo professionale dei Quadri e di democratizzazione dei processi decisionali nell’impresa.
E d’altra parte il movimento sindacale, pur in presenza di contraddizioni e di incertezze non ancora eliminate, ha avviato una riflessione e sta tentando una rettifica delle proprie impostazioni politiche. In sostanza, a me pare, sulla base di un ragionamento oggettivo e non di parte, che le associazioni dei Quadri possano puntare le loro carte in un’azione di sollecitazione e di stimolo nei confronti del sindacato. Se questa azione viene perseguita con coerenza, incalzando il movimento sindacale e spingendolo a fare i conti seriamente con la nuova realtà dei Quadri, degli spazi nuovi possono essere aperti, e i Quadri possono, per questa via, dare un contributo essenziale al rinnovamento della politica sindacale.
Per questo complesso di ragioni, un primo e immediato terreno di azione può essere offerto alla contrattazione articolata aziendale, di cui già si stanno discutendo i contenuti e le modalità.
La necessità di una diffusa iniziativa di contrattazione articolata dipende anzitutto dall’esigenza, per il sindacato, di adeguarsi ai cambiamenti che sono in atto, di fare i conti con i processi di ristrutturazione e di innovazione. Il primo problema, quindi, è quello del controllo dell’innovazione, della costruzione di nuove relazioni industriali, dell’esercizio di un potere contrattuale che non si riduca, come è avvenuto finora, alla gestione a posteriori delle conseguenze sociali che derivano da scelte prese unilateralmente dirigenti dai gruppi dirigenti delle imprese.
Mi sembra che questo tema della “democrazia industriale” sia un terreno fecondo per un lavoro in comune tra tutti i lavoratori, che un’iniziativa forte del movimento sindacale in questa direzione possa offrire ai Quadri e ai tecnici uno strumento essenziale per difendere il loro ruolo, la loro autonomia, la loro professionalità.
La contrattazione articolata, così come noi la concepiamo, deve avere questo carattere innovativo, e non può ridursi ad una operazione generica di recupero salariale. Si tratta di intervenire sulle scelte strategiche delle imprese, sui processi di innovazione, sugli indirizzi di politica industriale e sulle conseguenze che da tutto ciò derivano per l’occupazione e per le condizioni di lavoro.
Mi sembrerebbe davvero strano che i Quadri e le loro associazioni si ritenessero estranei a tale problematica, e non cogliessero l’occasione per un confronto, anche critico, con il movimento sindacale.
D’altra parte, la fase di contrattazione articolata che si sta aprendo deve essere l’inizio di una sperimentazione sui temi dell’inquadramento e della professionalità.
Le strutture attuali di inquadramento sono eccessivamente rigide, e non riescono a riflettere tutta l’attuale complessità del mondo del lavoro. Occorre dunque ripensare, dalle radici, i criteri dell’inquadramento, ed occorre contestualmente una politica salariale che corregga i fenomeni di appiattimento che si sono verificati e che si proponga di riportare sotto il controllo sindacale tutta la crescente massa salariale che viene oggi decisa, in modo unilaterale e discrezionale, dalla dirigenza delle imprese.
È questo un interesse vitale per il sindacato, che rischia di vedere sminuita la propria rappresentatività, e anche per i Quadri, che hanno bisogno di un riconoscimento del loro ruolo professionale che non sia affidato alla discrezionalità, al paternalismo e ai ricatti, ma sia definito attraverso normative sindacali che siano per tutti una garanzia, una difesa certa dei valori professionali e dell’autonomia nell’esercizio delle proprie funzioni.
Una contrattazione che affronti questi temi, con una nuova forte spinta innovativa, può, a mio giudizio, aprire un capitolo nuovo nel rapporto tra il sindacato e le associazioni dei Quadri.
Ci saranno, certamente, difficoltà e resistenze, e sarà necessario un dibattito tra i lavoratori, un loro coinvolgimento democratico per renderli pienamente partecipi di tute le scelte e di tutte le decisioni.
Ma è questo il terreno più fecondo. Affrontare, azienda per azienda, i problemi concreti della professionalità e dell’organizzazione del lavoro, dei programmi produttivi e dell’occupazione, dell’innovazione tecnologica e dei suoi effetti sulle condizioni di lavoro: non può essere questo, per il movimento dei Quadri, il terreno di una sua iniziativa più forte e più incisiva, fuori dalle strumentalizzazioni politiche e dalle facili demagogie che si sono sprecate nel corso di questi anni? Ho voluto aprire con molta franchezza, e anche con qualche provocazione, un dibattito che ritengo essere, a questo punto, necessario. In ogni caso, sarà utile per tutti sapere quali finalità e quali obiettivi si pongono le diverse associazioni dei Quadri.
Mi auguro che si possa avviare, con serenità e con obiettività, una discussione. Per quanto riguarda la CGIL, a questa discussione siamo interessati, senza calcoli strumentali, considerando che il problema dei Quadri è un capitolo essenziale e decisivo della politica del sindacato.
Busta: 2
Estremi cronologici: 1984, ottobre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Battaglie del lavoro”, n. 6-7, agosto-ottobre 1984, p. 4