[PROSPETTIVE PER MILANO]
Articolo di Riccardo Terzi scritto per “Il Giorno”
La discussione sul declino di Milano e sulle sue prospettive future si è fatta particolarmente intensa in questi ultimi anni. Non abbiamo nessun motivo per rammaricarcene, è anzi certamente utile che finalmente, dopo tanta vuota retorica ambrosiana, si affermi un’attitudine critica, capace di cogliere gli elementi reali di contraddizione, le difficoltà, i guasti da correggere. Mi si consenta, tuttavia, di giudicare con diffidenza quanti si sono convertiti al pensiero critico solo dopo le elezioni del ‘75. Da quel momento si sono scoperti processi di disgregazione e di devastazione del tessuto cittadino che osservatori più attenti, meno faziosi e meno servili, avrebbero potuto scorgere già nel tipo di sviluppo che ha caratterizzato l’area milanese negli anni decantati del suo primato e della sua massima fioritura.
Il fanatismo politico non è mai una guida attendibile per l’analisi effettuale delle cose, e chi pensa che la Milano di oggi sia tutta interpretabile alla luce degli atti amministrativi compiuti dopo il 15 giugno, sia cioè l’esplicazione già compiuta e realizzata della politica delle sinistre, non fa che coprirsi di ridicolo, essendo evidentemente assurdo e inconcepibile un tale metodo di analisi.
C’è chi ha avuto la sventatezza di presentare la crisi del centro urbano come l’effetto di una sperimentazione ideologica di segno marxista, pregiudizialmente ostile ad ogni forma di consumo e quindi destinata a produrre una situazione di tetraggine e di desolazione.
Si tratta, come è evidente, di espedienti demagogici, di trovate da comizio, e non è neppure il caso di intrattenersi intorno a simili banalità.
Io vorrei ricordare che l’analisi critica condotta dal Partito Comunista e dal movimento operaio aveva, già molto tempo addietro, indicato gli effetti nefasti che sarebbero stati necessariamente provocati dal carattere distorto dello sviluppo, dal fatto che esso era guidato soltanto dal calcolo di interessi di parte e non dalla considerazione dell’utilità pubblica.
La devastazione del tessuto urbano, lo sconvolgimento della vita dei quartieri, la speculazione selvaggia che ha trasformato profondamente i caratteri della città, sono fenomeni troppo noti perché sia necessario analizzarne la dinamica e le conseguenze, ed altrettanto noto è il fatto che il movimento operaio ha condotto una battaglia di opposizione aspra e difficile, ponendo al centro della sua iniziativa l’esigenza di costruire una città a misura dell’uomo.
La crisi di Milano è la conseguenza delle scelte che si sono fatte nel passato, è l’esito inevitabile di una politica di asservimento agli interessi della speculazione. Che oggi i responsabili di questa politica disastrosa alzino i loro lamenti è cosa ridicola, soprattutto perché non sembra che in queste lamentazioni sia presente una qualsiasi coscienza autocritica.
Oggi occorre ricostruire, riscoprire in una dimensione nuova il ruolo di Milano. Noi siamo consapevoli di non avere ancora risolto in modo adeguato questo problema, e proprio per questo vogliamo con la Conferenza Cittadina che si svolge in questi giorni ricercare l’apporto e il contributo di tutte le forze, politiche e sociali, che intendono impegnarsi per il rinnovamento e per il rilancio di Milano, della sua funzione essenziale nella realtà nazionale ed europea. La prima questione che occorre aver chiara è che tutta la società italiana si trova in questo momento in una crisi profonda, che soprattutto è divenuta acutissima e drammatica la condizione di crisi delle regioni meridionali. Da questo non possiamo e non dobbiamo prescindere. Una impostazione localistica, attenta solo alla difesa dei livelli di vita che Milano ha raggiunto nel recente passato, sarebbe profondamente errata e dannosa.
Tutto il paese è impegnato in uno sforzo arduo per risolvere i suoi problemi storici, le sue arretratezze organiche, e Milano deve essere in prima fila in questa prova di solidarietà nazionale. Occorre, sotto questo profilo, una vera riconversione del modo di pensare, una svolta netta rispetto alla mentalità municipalistica ottusa che per troppo tempo è stata alimentata e incoraggiata. E ciò è necessario non solo per un senso di solidarietà, ma perché la forza e il ruolo di Milano non possono che deperire se il paese va verso lo sfascio, se non si avvia finalmente uno sviluppo più equilibrato e razionale.
La classe operaia ha mostrato di comprendere questa esigenza di carattere nazionale, come dimostra chiaramente tutto il dibattito che oggi è in corso all’interno del movimento sindacale. Che altro è, infatti, la cosiddetta “svolta” della linea del sindacato se non la presa d’atto, chiara e coerente, delle priorità di carattere nazionale, del valore discriminante che deve avere per tutti l’impegno per il Mezzogiorno, per risanare i mali storici provocati dallo sviluppo capitalistico, per garantire a tutto il paese la possibilità di una occupazione diffusa, non precaria?
Non è più possibile, questo deve essere chiaro, uno sviluppo di Milano che sia pagato dall’arretratezza di altre regioni, dall’emigrazione forzata, dall’accentuazione degli squilibri su scala nazionale.
Se oggi il problema è aperto, se ci si interroga sulle prospettive di Milano, ciò dipende in primo luogo dal fatto che sono ormai ineludibili queste esigenze di riequilibrio nazionale, che si impone una collocazione dell’economia milanese che sia funzionale allo sviluppo generale di tutto il paese.
Per questo sono fuori luogo i rimpianti, le mitizzazioni del passato, le esaltazioni acritiche dello spirito imprenditoriale ambrosiano, perché ciò trascura il non irrilevante dettaglio dei costi umani e sociali che sono stati pagati, delle tensioni e degli squilibri che sono stati provocati in misura abnorme e che ora occorre faticosamente risanare.
La discussione, quindi, può essere proficua se si hanno presenti le cause generali, i processi storici che hanno messo in crisi l’identità di Milano, se non ci si lascia guidare da calcoli politici contingenti.
Occorre, in questo momento, coordinare tutti gli sforzi, indirizzare verso comuni obbiettivi le energie, le iniziative delle diverse forze sociali.
Ciò che contraddistingue tuttora la situazione di Milano è l’esistenza di un tessuto economico assai ricco e differenziato, la cui vitalità non è stata logorata. Nell’industria, nell’artigianato, nel commercio, nei servizi, sono ancora intatte le condizioni che possono consentire una ripresa, un nuovo slancio costruttivo.
Ciò che si richiede è una capacità di guida e di direzione politica, che nel passato è totalmente mancata.
Per questo, credo che sia un aspetto importante da considerare quello che riguarda la funzionalità delle istituzioni democratiche. In una grande area metropolitana gli strumenti oggi esistenti sono ancora inadeguati, e troppo spesso vi è una sovrapposizione di funzioni, un intervento confuso e contradditorio di organismi diversi.
In una parola, non si è ancora definita la sede che possa accogliere in sé i compiti della programmazione dello sviluppo economico e territoriale. Il dibattito sulla trasformazione della Provincia e sulla costruzione di un nuovo ente intermedio dovrebbe consentirci di risolvere questo problema.
C’è, infine, un’ultima riflessione da compiere, che mi pare essenziale per comprendere la situazione attuale e le possibili prospettive. Nel corso degli ultimi anni, si sono modificati i rapporti di forza nella società, e oggi la classe operaia, con le sue organizzazioni politiche e sindacali, ha acquisito un ruolo di primo piano, una funzione di governo.
Ciò è un fatto positivo, perché si allargano le basi della democrazia, in modo tale che sempre più il potere pubblico tende a rappresentare l’interesse generale della collettività, perdendo quella fisionomia corporativa e clientelare che ha avuto nel passato. Questo mutamento di segno nel carattere politico e di classe del governo locale non è certo di per sé risolutivo, possono anzi determinarsi dei pericoli seri se tra le forze sociali si provocano lacerazioni, se non si recupera davvero, con il concorso di tutti, una visione unitaria complessiva degli interessi della collettività.
A questa consapevolezza è ispirata la nostra iniziativa politica, la ricerca tenace di un’intesa democratica fra tutte le forze vive e rappresentative.
Ci presentiamo, quindi, con una proposta politica aperta, aperta al contributo di tutte le diverse componenti della società milanese, di tutti quelli che intendono cimentarsi seriamente con i problemi che abbiamo di fronte, e che riconoscono essere il movimento operaio una forza matura, essenziale per la nostra vita democratica.
Busta: 7
Estremi cronologici: [1976 marzo?]
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fogli battuti a macchina
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -