POLITICHE SOCIALI DI CENTRO-DESTRA
La riforma del welfare lombardo
Volume con una prefazione di Riccardo Terzi (pp. 11-14)
Il discorso politico tende assai spesso a svolgersi sul terreno dei simboli e delle rappresentazioni ideologiche. Tra la realtà e la politica si frappone così un velo, che produce una serie di effetti devianti e distorcenti nella comprensione e nell’interpretazione dei fatti. È un fenomeno che più volte è stato analizzato. L’ideologia politica si sovrappone alla realtà per cercare di manipolarla e di indirizzarla verso determinati obiettivi: non è uno strumento conoscitivo ma è una risorsa al servizio della prassi. Ciò continua a essere vero anche in un’epoca, come la nostra, che proclama la fine delle ideologie, e che però ne è tuttora profondamente intrisa.
Sono partito da questa premessa perché mi sembra che in tutta la discussione politica intorno al “modello lombardo” ci sia un evidente sovraccarico ideologico, da una parte e dall’altra. Il presidente Formigoni ha legato la sua azione di governo a un preciso e ben strutturato corpus di principi e di rappresentazioni simboliche: la sussidiarietà, il primato della famiglia e dei corpi sociali intermedi, la libertà di scelta, la rottura del monopolio statale verso un mercato aperto e verso una competizione virtuosa tra i diversi soggetti, pubblici e privati.
La risposta della sinistra si è svolta in generale – con poche eccezioni – sullo stesso terreno, nei termini di un modello ideologico alternativo, tutto giocato, in definitiva, sull’opposizione di pubblico e privato. Ma fino a quando la discussione rimane su questo terreno si capisce assai poco dei processi sociali concreti e si rischia una semplificazione arbitraria, riducendo tutta la politica regionale sotto le categorie della privatizzazione, del mercato, del liberismo. La realtà è più complessa, e occorre un’analisi più approfondita per capire quali sono i processi reali che si stanno producendo in Lombardia, per cogliere cioè, dietro le nunciazioni di principio, l’impatto concreto che esse hanno sulla realtà. L’idea di questa ricerca nasce da qui, da questo disagio per un dibattito politico che si tiene tutto sul terreno delle categorie astratte e non i misura con la realtà. Il lavoro svolto dall’Istituto per la ricerca sociale (IRS) e coordinato da Cristiano Gori cerca di rispondere a una precisa domanda: dietro il velo delle ideologie che cosa accade nella realtà, come è cambiata la condizione reale delle persone, come si stanno concretamente riorganizzando e trasformando le politiche sociali? Per il sindacato è essenziale saper rispondere a queste domande, perché la sua funzione di rappresentanza si può esercitare solo in rapporto con i bisogni reali delle persone e con il loro vissuto quotidiano, individuando gli elementi di criticità e indicando le possibili soluzioni.
Allora, cerchiamo di capire quali sono i passaggi che si sono effettivamente prodotti tra le dichiarazioni di principio e la pratica reale, e quali sono i punti di frizione e di contraddizione in questo rapporto. E in questa verifica cerchiamo di costruire lo spazio per una iniziativa sindacale, chiedendo alla Regione la piena disponibilità a una valutazione aperta dei risultati, dei punti di forza così come delle criticità, e alla ricerca di soluzioni condivise, in un rapporto di concertazione con i soggetti sociali. Già è molto importante che la Regione abbia messo a disposizione tutti i dati conoscitivi necessari per poter realizzare questa ricerca. Può essere l’inizio di un nuovo stile nei rapporti sindacali. lo voglio qui esplicitamente apprezzare questa disponibilità, e spero che i risultati della ricerca possano essere la base per un confronto più ravvicinato e più costruttivo.
Non entro ora nel merito dei singoli temi che la ricerca affronta. È un materiale prezioso, sul quale apriremo una discussione e un approfondimento all’interno del sindacato. Dico solo che condivido pienamente l’approccio metodologico, l’idea cioè che non si tratta di contestare a priori le premesse ideologiche della politica regionale, quanto piuttosto di verificarne la loro concreta applicazione.
Libertà di scelta? Si tratta di capire se davvero si sono aperte condizioni di maggiore autonomia per le persone, a partire da quelle più deboli, o se invece siamo in presenza solo di uno slogan propagandistico che non ha prodotto risultati effettivi. Occorre allora vedere quali sono tutti i passaggi necessari per mettere i cittadini in una posizione di effettiva libertà, sapendo che c’è tutta una fase preliminare di accompagnamento, di informazione, di riorganizzazione dei servizi, e senza questo lavoro di base si può produrre l’effetto opposto a quello voluto, una condizione cioè di disorientamento e di ansia, perché non si hanno gli strumenti per padroneggiare la propria situazione e per scegliere responsabilmente.
Sussidiarietà? È questo un tema assai scivoloso e ambiguo, perché si può prestare alle più diverse interpretazioni. Sarebbe quindi necessaria una preliminare chiarificazione concettuale. La sua traduzione più accettabile mi sembra la seguente: spostare il potere decisionale allivello dell’ordinamento più vicino ai cittadini, senza compromettere l’unitarietà dei diritti e l’efficacia dell’ azione di governo (sussidiarietà verticale), e contestualmente spostare il confine tra intervento pubblico e iniziativa dei soggetti privati, senza compromettere la funzione regolatrice delle istituzioni politiche (sussidiarietà orizzontale). Come si intuisce, tutto dipende dall’interpretazione di quel “senza compromettere”. In ogni caso, a me sembra essenziale tenere insieme i due lati della sussidiarietà, farli procedere in parallelo, in modo che il nuovo spazio che si apre ai soggetti sociali sia anche, nello stesso tempo, un nuovo spazio per il sistema delle autonomie locali. Sotto questo profilo, va esaminata criticamente la politica della Regione, che tende invece a produrre un’asimmetria: delega di funzioni pubbliche ai soggetti privati, ma insieme mantenimento di un forte centralismo regionale. Se i due processi non sono armonizzati, si aprono inevitabilmente delle tensioni e si determinano degli squilibri. Il punto critico dell’ attuale sistema è il rapporto tra governo regionale ed enti locali, eccessivamente sbilanciato a vantaggio della Regione.
Sostegno alla famiglia? Qui l’insidia ideologica è del tutto evidente, perché rischiamo di parlare di un soggetto idealizzato, senza tener conto dei profondi cambiamenti che sono intervenuti nella tipologia della struttura familiare. I processi sociali in atto producono una destrutturazione della famiglia tradizionale, e il dato emergente è rappresentato dal numero crescente di persone che vivono sole, o in rapporti di convivenza giuridicamente indefiniti, e comunque i nuclei familiari sono sempre più ristretti e meno in grado di funzionare come un ammortizzatore sociale di primo livello. La famiglia, insomma, non è la soluzione del problema, ma è una delle cause del problema. Stiamo entrando in un processo sociale di individualizzazione, e di ciò non è possibile non tener conto.
Valorizzazione del terzo settore? È questa sicuramente una scelta carica di potenzialità positive, e in Lombardia c’è una rete sociale molto ricca e articolata. Non c’è dubbio che la costruzione di un nuovo welfare passa da qui, integrando sempre più strettamente le funzioni pubbliche con le attività del volontariato e delle imprese sociali. Ma occorre, perché tutto ciò funzioni, una precisa strategia e una capacità forte di regolazione. Il terzo settore può date il’ meglio di sé solo se c’è una regolazione pubblica chiara ed efficace. E allora si tratta di capire come funziona oggi questo rapporto.
Insomma, sui diversi terreni c’è una verifica da fare. È questa verifica, nel concreto, che a noi interessa, per costruire un sistema di welfare che sia davvero in grado di funzionare e di rispondere ai bisogni delle persone. Per concludere, vorrei indicare tre versanti sui quali occorre un più forte investimento politico. In sintesi si può dire che occorre: più conoscenza, più regolazione, più territorialità.
Più conoscenza, perché bisogna saper rispondere ai bisogni reali, e avere quindi una continua capacità di analisi delle trasformazioni sociali e delle criticità che ne sono prodotte. Se parliamo, per esempio, della famiglia, dobbiamo conoscere l’evoluzione che l’attraversa. Senza una conoscenza adeguata, e senza una continua verifica, tutti i modelli politici rischiano di essere degli schemi astratti che non riescono a inquadrare la realtà, e tutti i progetti di riforma rischiano di fallire, proprio perché non ci può essere riformismo senza una continua capacità di adattamento, di correzione, e senza attivare un processo sociale che coinvolge le persone interessate.
Più regolazione, perché un sistema più complesso, che vede agire diversi soggetti e intende valorizzare il ruolo del terzo settore, ha bisogno di una forte cabina di regia. Altrimenti, rischia di essere solo una delega al mercato.
Più territorialità, perché tutti questi processi vanno verificati nei diversi contesti, approntando le soluzioni adeguate alle diverse realtà e incentivando tutte le capacità di autoregolazione dei sistemi territoriali.
È proprio su questi tre terreni che il “modello lombardo” presenta oggi delle difficoltà e dei ritardi. Sta anche a noi lavorare su questi punti, costruire proposte, aprire una nuova fase negoziale. La ricerca ci offre un materiale sul quale è possibile lavorare. Ora, sta a noi farne l’uso più appropriato. E intanto ringraziamo Cristiano Gori e l’IRS, che ci offrono questa opportunità, in un rapporto che è stato, come sempre dovrebbe essere, di totale libertà di ricerca. A che servirebbe, infatti, la ricerca, se fosse predefinita nei suoi risultati?
Con questa pubblicazione, noi offriamo quindi un materiale di conoscenza e di riflessione che serve a tutti, al sindacato e alle istituzioni, alla comunità scientifica e ai dirigenti politici, sperando che tutti questi diversi soggetti siano in grado di dialogare, di confrontarsi, di lavorare sulla realtà, cercando di leggerla senza schemi precostituiti.
Busta: 27
Estremi cronologici: 2005
Autore: Cristiano Gori (a cura di)
Descrizione fisica: Volume, b/n, 351 pp.
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - Riflessioni politiche -
Pubblicazione: Carocci, Roma, 2005