NOTA SULLE CAMERE DI COMMERCIO
Roma, 26 giugno 1997
di Riccardo Terzi
1) Non c’è stata, fino ad ora, un’attenzione adeguata della CGIL nei confronti del sistema delle Camere di commercio, e manca pertanto l’elaborazione di una precisa politica che definisca i rapporti del Sindacato con il sistema camerale, ai vari livelli. Con questa nota intendiamo iniziare una riflessione, sollecitando le strutture della CGIL, in particolare le Camere del Lavoro, a fornirci un quadro valutativo delle esperienze realizzate nel territorio e del ruolo che il Sindacato ha svolto, o ritiene di poter svolgere, all’interno della struttura camerale.
Sulla base di questa ricognizione, sarà organizzato al più presto un incontro nazionale, con il compito di fissare un preciso orientamento politico e una linea operativa che tenga conto del nuovo ruolo che le Camere di commercio hanno assunto nel nostro ordinamento istituzionale.
2) Nell’attuale processo economico e sociale, la posizione delle Camere di commercio sembra destinata ad assumere un ruolo sempre più rilevante. In particolare, vanno considerate tre tendenze di fondo. La prima tendenza riguarda la diffusione della rete delle piccole e medie imprese, che costituisce sempre più un elemento strutturale e dinamico della nostra economia. Questo processo, mentre pone seri problemi di rappresentatività alle tradizionali associazioni imprenditoriali e apre al loro interno elementi nuovi di conflitto, riqualifica la funzione delle Camere di commercio in quanto organismi rappresentativi dell’intero sistema di imprese.
In secondo luogo, diviene sempre più centrale e strategica la dimensione territoriale, la costruzione cioè di sistemi economici locali capaci di integrare in una visione unitaria i diversi fattori necessari per lo sviluppo e per la competitività internazionale. In questa direzione si muovono diverse iniziative (Patti territoriali, Accordi di programma, tavoli di concertazione, etc.) con le quali si tende a superare il limite di una struttura produttiva eccessivamente frammentata attraverso una politica di “coalizione” degli interessi su scala territoriale. Ora, le Camere di commercio si trovano ad essere già posizionate sul territorio, con una robusta rete organizzativa su base provinciale, e quindi hanno tutte le condizioni per entrare, come soggetti attivi, nelle politiche di sviluppo locale e nelle coalizioni territoriali.
Infine, nel dibattito istituzionale e nelle nuove tendenze della legislazione c’è un significativo spostamento di interesse verso le cosiddette “autonomie funzionali”, vi è cioè la ricerca di un modello istituzionale meno statalistico e più aperto al riconoscimento di diversi soggetti che agiscono autonomamente nei diversi campi e che non sono immediatamente riconducibili all’autorità politica. È un tema, quello delle autonomie funzionali, ancora tutt’altro che definito in termini chiari e concettualmente rigorosi, e c’è ancora quindi molta approssimazione e molta genericità nebulosa, anche perché in questa categoria si fanno entrare realtà e istituzioni tra loro molto diverse, dalle Camere di commercio alle Università, dalle Fondazioni bancarie alle Autorità indipendenti.
Occorre comunque tener conto di questi nuovi orientamenti, i quali dovranno essere meglio precisati, ma rappresentano comunque una interessante linea di ricerca proprio in quanto si cerca di definire un nuovo tipo di statualità, aperto al riconoscimento di sfere autonome di autogoverno sociale. È quindi da prevedere che le Camere di commercio possano avere nel prossimo futuro uno spazio maggiore anche sotto il profilo istituzionale.
3) Le Camere di commercio sono attualmente disciplinate dalla Legge 580 del 1993. Esse sono definite, nell’articolo 1 della Legge, come “enti autonomi di diritto pubblico che svolgono, nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali”. E l’articolo 2 precisa che “le Camere di commercio esercitano le funzioni ad esse delegate dallo Stato e dalle Regioni, nonché quelle derivanti da convenzioni internazionali”. Si configura così una peculiare struttura istituzionale, che può essere destinataria di funzioni pubbliche delegate, e che rappresenta un interesse di carattere “generale”, riferito alle imprese come “sistema” e agli obiettivi dello sviluppo locale.
Analogamente procede la Legge Bassanini in materia di trasferimento delle competenze dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali, riconoscendo esplicitamente l’autonomia funzionale delle Camere di commercio e delle Università. Il fondamentale criterio ispiratore del processo di decentramento è individuato nel principio di sussidiarietà, il quale però non vale solo per le istituzioni politiche territoriali, perché occorre anche “favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità”, e le responsabilità pubbliche vanno attribuite “all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”.
Come si vede, è in atto un indirizzo legislativo che cerca, attraverso le autonomie funzionali, di forzare la rigidità dell’attuale sistema. Può essere una sperimentazione utile, a condizione che si proceda con la necessaria prudenza. Sotto questo profilo, la proposta, approvata in sede di Commissione Bicamerale, di “costituzionalizzare” le autonomie funzionali costituisce una forzatura pericolosa, in quanto manca nella nostra giurisprudenza una qualsiasi definizione sufficientemente precisa, e per questa via quindi si rischia di introdurre un fattore di instabilità e di conflitto, in quanto i più svariati enti possono appellarsi a questo principio per sottrarsi a qualsiasi controllo di carattere politico e democratico. Il rischio è quello di un progressivo svuotamento dei poteri politici, con una proliferazione di enti autonomi e di autorità indipendenti.
Siamo quindi contrari ad una generalizzazione delle autonomie funzionali, mentre è sicuramente positivo costruire un sistema di governo più aperto e più pluralista, nel quale possano avere un ruolo anche le rappresentanze sociali e degli interessi.
4) Le Camere di commercio hanno un riconoscimento istituzionale in quanto rappresentano “il sistema delle imprese”, il che significa che qui non si tratta dell’interesse di parte della proprietà, ma dell’impresa come istituzione sociale. Ne è conferma il fatto che negli organismi delle Camere di commercio è prevista dalla Legge anche una rappresentanza dei lavoratori e dei consumatori. Si tratta, per ora, di una presenza del tutto minoritaria, che rischia di essere marginale. Nei consigli delle Camere di commercio, che hanno un numero di membri variabile da 20 a 30, c’è un solo rappresentante dei lavoratori, designato dalle Organizzazioni sindacali, e un rappresentante dei consumatori e degli utenti. Tuttavia è importante, sul piano dei principi teorici, che l’impresa venga concepita attraverso il pluralismo dei soggetti che la compongono.
Si tratta ora, se scegliamo come Sindacato di impegnarci attivamente dentro questa struttura, di utilizzare al meglio gli spazi che ci sono offerti, di pesare politicamente, al di là dei rapporti di forza numerici, e anche di porre l’esigenza in sede politica di una revisione della Legge per allargare in modo significativo la presenza dei rappresentanti sindacali all’interno degli organismi camerali. Tra l’altro, questa presenza è oggi limitata alle Camere di commercio provinciali, escludendo le Unioni regionali e la struttura nazionale di Unioncamere.
5) È evidente che si tratta innanzitutto di scegliere, al di là degli aspetti di ordine tecnico, un orientamento politico, decidendo se e in quali forme il Sindacato intende impegnarsi direttamente all’interno della struttura camerale. Ora, nel momento in cui le Camere di commercio divengono organismi di carattere pubblico, istituzionalmente riconosciuti, e nel momento in cui la loro rappresentatività si riferisce all’impresa come istituzione, nel pluralismo delle sue componenti, è del tutto conseguente e coerente la scelta, da parte del Sindacato, di un impegno all’interno di questa struttura.
Non esistono ragioni di incompatibilità, ma anzi si possono aprire nuove occasioni di impegno politico su quello che è il terreno proprio delle istituzioni camerali, il terreno cioè dello sviluppo locale e del rafforzamento complessivo del sistema economico in un determinato contesto territoriale. Occorre dunque definire bene i ruoli, evitando sconfinamenti e sovrapposizioni. Le Camere di commercio non sono e non possono essere una sede negoziale, né possono divenire una sorta di blocco corporativo nel quale si perde la distinzione dei ruoli tra impresa e lavoro. Possono essere, invece, lo strumento per la definizione di obiettivi e di progetti di comune interesse sotto il profilo delle politiche territoriali e dello sviluppo dei sistemi locali.
Naturalmente, ci possono essere nelle realtà locali altre sedi e altri tavoli di concertazione, come già in parte sta avvenendo su scala regionale con la definizione di strumenti, più o meno istituzionalizzati, di confronto tra le istituzioni e le parti sociali. È un campo ancora tutto aperto e da esplorare, e la CGIL non può che essere interessata alla costruzione di un processo di confronto e di concertazione che non si limiti alle sedi politiche centrali, ma si articoli nelle diverse realtà territoriali.
Le Camere di commercio sono solo un anello di questo problema più generale. Ma è comunque un anello significativo, perché dispone già di un riconoscimento istituzionale, di una struttura consolidata, di un radicamento sul territorio, e può essere perciò uno strumento importante, a condizione naturalmente che si renda possibile un ruolo effettivo e non marginale delle rappresentanze sindacali. Occorre per questo fare una verifica, nelle diverse realtà territoriali, e anche concordare linee comuni e criteri di unità operativa con CISL e UIL e con le associazioni rappresentative dei consumatori.
Busta: 3
Estremi cronologici: 1997, 26 giugno
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Stampa da file PC
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CRS -