[MODIFICA ARTICOLO 122 DELLA COSTITUZIONE]
Scritto di Riccardo Terzi decontestualizzato
Si sta sollevando un gran polverone intorno alla modifica dell’articolo 122 della Costituzione, che tratta del sistema elettorale e della forma di governo delle Regioni. E questo polverone ha fin qui prodotto come risultato un aborto giuridico, un tipico pasticcio all’italiana.
Intanto, perché c’è tutta questa urgenza?
Di urgente c’è solo la definizione di una nuova legge elettorale per le Regioni, che superi l’attuale sistema proporzionale e che sia già efficace per le prossime elezioni di primavera.
Si approvi dunque, subito, la legge elettorale, senza imboccare la via più complessa e tortuosa di una modifica costituzionale.
La Costituzione non impone nulla in questo campo, e rinvia tutta la materia elettorale alla legge ordinaria, come è giusto che sia.
Si vorrebbe invece “costituzionalizzare” il principio del maggioritario e dell’uninominale, introducendo così una rigidità in un campo che deve restare aperto alle sperimentazioni e alle revisioni, e tale rigidità, alla faccia del federalismo, varrebbe solo per le Regioni.
Nella logica del federalismo si dovrebbe sancire un’autonomia delle Regioni nella scelta del proprio sistema di elezioni.
Una soluzione equilibrata era già stata individuata dalla commissione bicamerale: il Parlamento vara una legge elettorale per le Regioni, e le Regioni possono decidere, con una maggioranza qualificata di due terzi, norme diverse da quelle nazionali. Ci si premunisce così da possibili colpi di mano di qualche maggioranza arrogante, e si evita un eccesso di differenziazione.
C’è poi il nodo dell’elezione diretta del Presidente della regione. Ciò richiede, a differenza di quanto è avvenuto per i Comuni e per le Provincie, una riforma costituzionale, la quale, dato il suo rilievo politico, non può essere affrontata separatamente, al di fuori di un disegno complessivo di riforma della Costituzione.
Non si può cambiare la Costituzione a spizzichi, perché si tratta di un organismo che ha e deve avere una sua coerenza d’insieme. Intervenire solo sull’articolo 122, senza avere definito nelle sue linee generali la nuova architettura istituzionale, è sicuramente un errore.
Il compromesso adottato dalla commissione parlamentare della Camera è non solo un errore, ma un capolavoro di improvvisazione e di superficialità, perché l’elezione diretta del Presidente viene introdotta come norma transitoria, obbligatoria solo per le prossime elezioni, e suscettibile di successive diverse deliberazioni da parte delle assemblee regionali.
È evidente la volontà di forzare i tempi, di strappare comunque un risultato immediato, senza una discussione approfondita, senza un disegno d’insieme. Insomma, un colpo di mano. A questo pasticcio ci si deve opporre.
Si può fare invece una buona legge elettorale, a Costituzione vigente, che consenta ai cittadini di scegliere tra opzioni politiche chiare, nelle quali siano contestualmente resi espliciti il programma, la coalizione e il candidato alla guida della Regione.
Sulle prospettive future di riforma dobbiamo darci il tempo per una discussione approfondita. Il ministro Speroni ha dato incarico ad un gruppo di esperti di elaborare delle proposte. Sarebbe bene che fosse data pubblicità ai lavori di questa commissione, per avere quelle condizioni di trasparenza che sono necessarie per un confronto democratico e per una piena e corretta informazione dell’opinione pubblica.
E sarebbe forse opportuno che anche i gruppi dell’opposizione avviassero, in parallelo, e con la medesima trasparenza, un analogo lavoro di elaborazione, per mettere in campo eventuali ipotesi alternative.
In un impianto costituzionale nuovo, di tipo federalista, credo che possa utilmente essere prevista l’elezione diretta del Presidente della Regione, per favorire la formazione nelle diverse realtà territoriali di élites politiche forti e rappresentative, come già sta accadendo nei grandi Comuni. La formazione di una nuova classe dirigente è il primo requisito necessario perché possa funzionare la riforma federalista dello Stato.
Vi sono, in proposito, due obiezioni a cui è necessario rispondere.
La prima obiezione viene da chi teme che, dopo i Comuni e dopo le Regioni, divenga uno sbocco inevitabile l’adozione di un sistema presidenzialista a livello nazionale. Per rispondere a questa preoccupazione occorre conoscere il quadro d’insieme e capire in quale contesto politico-istituzionale si colloca il nuovo ruolo delle Regioni. La strada del presidenzialismo non è né necessaria né auspicabile.
Ma certamente occorre un quadro di grande chiarezza, e anche per questa ragione non è accettabile l’improvvisazione avventurosa con la quale si vorrebbe oggi decidere, con l’espediente di una norma transitoria, intorno ad una questione di grande rilievo costituzionale.
La seconda obiezione riguarda i rischi della “telecrazia” e dell’estrema personalizzazione della vita politica.
È un tema assai serio, e le considerazioni di Leopoldo Elia e di Gino Giugni non possono essere lasciate cadere. Ma il tema che viene così sollevato non riguarda più solo e precipuamente il sistema di elezione, ma riguarda i tratti generali della nostra vita collettiva.
Come Berlusconi insegna, si può avere la degenerazione telecratica anche in assenza di un sistema presidenzialista.
Occorre dunque affrontare il problema dell’informazione, quali che siano le soluzioni elettorali che decideremo di adottare, per impedire, con un insieme di norme nuove e rigorose, la concentrazione dei mezzi di informazione e la loro manipolazione a fini politici.
Come si sono fissate, saggiamente, norme di incompatibilità per la magistratura, analoghe misure possono essere sancite per chi controlla l’informazione, stampata e televisiva.
È questo un problema cruciale, che riguarda l’equilibrio democratico dei poteri, e che richiede perciò una sua messa a fuoco anche di carattere costituzionale.
Busta: 3
Estremi cronologici: [1999?]
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Stampa da file PC
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CRS -