MILANO: UNA SOLIDA MAGGIORANZA CHE PROSEGUE NEL RINNOVAMENTO

di Riccardo Terzi – Segretario della Federazione di Milano

Il risultato elettorale di Milano ha suscitato un’ampia discussione, e ha posto interrogativi non facili, in quanto ha segnalato processi politici che hanno, nella realtà milanese, una dimensione e una rilevanza diverse rispetto alla realtà generale del paese. La riflessione su questi temi non è certo conclusa, e anzi rischia di essere troppo rapidamente accantonata.

Per tentare, sinteticamente, una valutazione dei processi politico-elettorali, va messo anzitutto in evidenza il fatto che a partire dal ‘74, con il referendum sul divorzio, si avvia uno spostamento di vasti settori dell’opinione pubblica su posizioni democratiche avanzate, si determina un significativo risveglio politico di quegli strati sociali intermedi prima assopiti e passivi.

È sulla Democrazia Cristiana che ricade il prezzo più alto di questo fenomeno, in quanto le sue basi sociali tradizionali diventano ora insicure ed inquiete. La DC si trova in difficoltà su due fronti: da un lato non riesce a riassorbire forze popolari cattoliche che si sono dislocate a sinistra e che hanno preso coscienza dell’autonomia reciproca della dimensione politica e di quella religiosa, dall’altro lato diviene più precario anche il rapporto con i ceti borghesi, sempre più inclini a dirottare il loro voto verso i partiti laici, soprattutto quando le elezioni non hanno la drammaticità di uno scontro diretto per il governo del paese.

Vi è dunque, nella città, un tendenziale declino del ruolo politico della DC, e nuove forze politiche cercano di ricoprire questo vuoto e di affermare una loro posizione di centralità nel sistema dei rapporti politici.

È soprattutto il Partito socialista che si trova nelle condizioni più favorevoli per tentare un’operazione ambiziosa di rilancio, sia per la sua collocazione politica di cerniera, sia per la sua natura sufficientemente indefinita ed ambigua per potere essere un punto di attrazione e di aggregazione di forze sociali diverse.

Se è vero che nel ’75 lo spostamento a sinistra si indirizza essenzialmente verso il PCI, ciò non ci deve far dimenticare la natura contradditoria e composita di questo processo, il carattere non ideologico di quel voto, il prevalere di una visione più laica ed empirica, il fatto che si trattava di uno spostamento ancora tutto da consolidare, di una mobilità elettorale aperta a nuovi sviluppi e a svariate influenze.

Negli anni scorsi il PSI è riuscito a trarsi fuori dalla grave crisi di identità che l’aveva investito, ha ritrovato iniziativa, aggressività, ha rinnovato profondamente la sua immagine, e si è messo quindi in grado di raccogliere un consenso più ampio. C’è forse da stupirsene?

In una realtà sociale fortemente articolata e differenziata come quella milanese, l’idea di una “terza forza” non subalterna ai due maggiori partiti, non è un disegno velleitario, ma è l’espressione di un bisogno reale di autonomia avvertito da importanti strati sociali.

È chiaro che a questo punto si apre nella sinistra un confronto complesso e concorrenziale: su questo terreno abbiamo segnato una battuta d’arresto, a cui occorre rispondere non certo con un offuscamento del nostro impegno unitario, ma con una più attenta capacità di comprensione dei processi in atto e con un dialogo aperto con la società. Ciò che nella sostanza decide l’esito di questa complessa partita politica è la capacità della classe operaia di affermarsi come classe dirigente, come essenziale punto di riferimento per tutto l’insieme delle forze progressive.

Se tale obiettivo non viene raggiunto, se la classe operaia appare solo come una categoria particolare che difende propri interessi settoriali, allora è inevitabile che anche sul piano politico i rapporti di forza nella sinistra si modifichino a vantaggio di quell’ala riformista che non ha più nella classe operaia la sua matrice fondamentale.

A Milano è questo un compito più difficile e complesso, in quanto la centralità operaia non si afferma di per sé, con evidenza, ma può essere solo il frutto di una capacità politica assai alta e matura, e implica quindi il superamento di ogni primitivo operaismo.

Le elezioni di giugno hanno quindi aperto nuovi problemi, hanno indicato quale dovrà essere il terreno del nostro impegno futuro, ma hanno anche – ed è questo il dato essenziale -consolidato la sinistra nella sua funzione di governo.

La svolta del ‘75 era apparsa a molti come una congiuntura eccezionale e non ripetibile, e la formazione delle giunte di sinistra, a Milano e nella Provincia, aveva suscitato apprensioni e timori, in quanto poteva trattarsi di un passo troppo arrischiato, di un’avventura pericolosa.

Ora possiamo dire che vi sono tutte le condizioni politiche per dare stabilità a quella svolta, per renderla difficilmente reversibile.

Dopo le elezioni non sono certo mancate le manovre e le pressioni di ogni genere per cercare di determinare divisioni nella sinistra e per ritornare ai vecchi equilibri. In modo particolare la manovra democristiana, assecondata anche dal PRI, si è concentrata sulla Provincia, contando sul fatto che qui la DC ha un peso elettorale maggiore e che, trattandosi di riconfermare una presidenza comunista, si potesse ottenere dal PSI una posizione di disimpegno. Va dato atto al Partito socialista di avere retto con fermezza a queste pressioni. È questo un fatto politico rilevante, forse non ancora pienamente colto in tutto il suo valore, perché, come è evidente, altre scelte erano possibili, altre strade potevano essere percorse. Se è certamente vero che i rapporti nella sinistra hanno oggi una conflittualità più acuta, è vero d’altra parte che si è scongiurata una linea di rottura, che tutto il gruppo dirigente socialista ha con convinzione e determinazione perseguito la scelta di una riconferma delle maggioranze di sinistra.

Ciò ci può spingere a guardare alle prospettive della sinistra italiana con meno allarme e con meno pessimismo, e a giudicare l’insieme dei rapporti politici nel nostro paese in un’ottica più completa e reale, non dimenticando l’eccezionalità positiva di una situazione che vede le forze della sinistra nel governo di tutte le grandi città.

In quale altro paese c’è una così ricca articolazione democratica, una così feconda occasione per le forze della sinistra? Da giugno ad oggi, una volta superato il difficile passaggio che ha portato alla formazione delle giunte, gli sviluppi politici vanno nella direzione di un positivo consolidamento delle maggioranze che si sono costituire al Comune di Milano e alla Provincia. Il PSDI e il PdUP hanno avviato un processo costruttivo di confronto, considerando valide le basi programmatiche delle giunte e proponendosi di verificare nel prossimo futuro, la possibilità di una collaborazione organica. È legittimo sperare che in questa direzione si possa procedere con risultati positivi, dando così luogo a stabili maggioranze di governo.

Lo stesso accordo nazionale tra PSI e PSDI favorisce questo sviluppo, in quanto legittima una scelta più coerente da parte del partito socialdemocratico, che nella campagna elettorale era stato pericolosamente esposto al rischio di uno sbandamento a destra. Il discorso quindi, a questo punto, si sposta sui contenuti, sui programmi, sugli indirizzi politici concreti, e su questo terreno potremo verificare sia l’effettiva coesione della maggioranza, sia quali indicazioni e quali proposte alternative sapranno presentare i partiti di opposizione. La DC, che ha registrato il fallimento della sua opposizione pregiudiziale e faziosa, cerca ora di correggere il tiro, ed ha annunciato una certa modificazione di linea.

Ci auguriamo sinceramente che le assemblee elettive uscite dal voto di giugno possano essere la sede di un confronto corretto, di un dibattito politico serio, che sia compiuto uno sforzo per giungere, là dove è possibile, a convergenze e a momenti di intesa.

Ma ciò richiederà nella DC una presa di coscienza che finora non c’è stata, e anche una più esplicita e chiara lotta interna per sconfiggere quelle posizioni tenaci di integralismo e di arroganza che sono ancora lungi dall’essere liquidate.

Cominciamo, quindi, cinque anni di lavoro politico e amministrativo che saranno determinanti per il nostro futuro.

Occorre, per questo, valutare bene le scelte, ed essere severi con noi stessi, nella convinzione che non basta la buona e corretta amministrazione, Vi è la necessità di chiamare i cittadini ad una partecipazione attiva più ampia e sviluppata, di alzare il livello complessivo della nostra azione, di impegnare tutto il partito in un’azione unitaria tenace e intelligente che rafforzi e assicuri più prestigio e consenso al ruolo di governo della sinistra.



Numero progressivo: F4
Busta: 6
Estremi cronologici: 1980, ottobre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Regione aperta”, ottobre 1980, pp. 24-25