LE MOZIONI CI SONO. MA LA CHIAREZZA?
I limiti dei tre documenti per il XX Congresso PCI. E qualche proposta per uscire dall’ambiguità
”Dal sociale al politico”, rubrica di Riccardo Terzi
Con la pubblicazione delle tre mozioni per il prossimo Congresso del PCI dovrebbero essere rese esplicite, di fronte agli iscritti al partito e all’intera opinione pubblica, le diverse opzioni politiche intorno alle quali dovrà decidere il pronunciamento democratico del Congresso. Eppure la prima sensazione, a una lettura forse superficiale, è che esse siano largamente convergenti, spesso ripetitive l’una dell’altra, incapaci quindi di render chiari i discrimini politici su cui si fonda lo scontro di idee e di strategie che con tanta asprezza si è svolto nel partito negli ultimi mesi. Chi non conosca tutte le sottigliezze del dibattito interno, il valore simbolico e allusivo di questa o di quella formula politica, finisce per restare del tutto disorientato.
Democrazia o pratica critica della democrazia, posizione critica o antagonistica nei confronti della società capitalistica, nuovi diritti o nuovi poteri, caratterizzazione del processo di alternativa nel suo aspetto politico o in quello sociale: si tratta in tutti questi casi, e in numerosi altri che potrebbero essere citati, di sottolineature, di accentuazioni, di diversi punti di osservazione, e non certo di proposte politiche tra loro alternative. E su molte questioni fondamentali c’è una totale identità: il carattere popolare e di massa del partito, l’alternativa alla DC e al suo sistema di potere, l’assunzione delle nuove tematiche dell’ambientalismo e del femminismo, la critica nettissima dello statalismo autoritario e burocratico dei paesi dell’Est europeo e la convinzione che tale modello sia entrato in una crisi irreversibile.
Ciò non è del tutto sorprendente, considerando il grande patrimonio comune sul quale si innestano tutte le diverse articolazioni politiche presenti nel partito. Si è aperta una più esplicita differenziazione di analisi e di proposte, ma non c’è, come si vorrebbe far credere, sbandamento, deriva culturale, babele dei linguaggi, incapacità di ritrovare una bussola nell’analisi dei nuovi processi. L’esistenza di questo nucleo comune di principi e di valori a me pare un dato importante, che dovrebbe fugare certe rappresentazioni “catastrofiche” della svolta, e dovrebbe ricondurre anche il nostro dibattito su un binario più realistico, senza inutili forzature propagandistiche.
Insomma, non si tratta della salvezza o della liquidazione del PCI, della difesa di un patrimonio storico o della sua svendita. Chi dovesse insistere su questi toni apocalittici dice coscientemente il falso. E allora la stessa questione del nome, che viene riproposta dalla mozione “Rifondazione comunista”, non può costituire il terreno fondamentale del nostro dibattito, perché rischiamo altrimenti di dare a tutta la discussione una curvatura essenzialmente ideologica e astratta.
L’identità del partito con la sua funzione storico-politica, con il ruolo che esso assume nel concreto processo sociale e di fronte alle contraddizioni e ai conflitti, storicamente determinati, che segnano la nostra epoca. Nella mozione presentata dal segretario del partito, è questo il punto-chiave: la necessità di un nuovo partito della sinistra per affrontare la crisi del sistema politico, per far assolvere alla sinistra un ruolo dirigente nella transizione verso un nuovo ordinamento dello Stato. E a partire da questa premessa che dobbiamo affrontare le concrete questioni politiche e programmatiche, con una visione “di governo” che è inseparabile dal carattere di alternativa, di rottura dell’attuale sistema, che la nostra azione politica si propone di assumere con grande nettezza rompendo finalmente con le pratiche consociative.
Questa linea è per ora solo enunciata, non ancora costruita in tutte le sue articolazioni. In tutti i documenti congressuali c’è ancora troppa enfasi predicatoria, e scarse indicazioni programmatiche. Ci si poteva attendere dai compagni che si autodefiniscono dell’area riformista una qualche concretezza maggiore, un esempio di moderno pragmatismo. Ma il documento da essi elaborato è solo un insieme generico di affermazioni di principio, che quasi tutti potremmo agevolmente sottoscrivere, trattandosi di osservazioni di buon senso con le quali è assai difficile polemizzare. Resta l’enigma di un’area politica che si distingue e non si distingue, che dice e non dice, e che alla fine si caratterizza più per i nomi dei firmatari del documento che non per una proposta politica di cui sia visibile un’autonomia culturale. Ci apprestiamo così a un Congresso che combina in modo bizzarro elementi di unità e di aspra lacerazione.
Può allora essere utile sollevare alcuni temi che possono riaprire una dialettica anche all’interno delle diverse mozioni. Ne cito due, a titolo di esempio. Io penso che la linea dell’alternativa, da tutti sostenuta, comporti una prima e concreta conseguenza pratica, che consiste nel superamento delle varie esperienze di collaborazione a livello locale con la DC. L’ambiguità su questo punto non è stata in nessun modo risolta, e nessuna delle mozioni fa chiarezza in proposito. Siccome c’è una gara a essere gli uni più alternativi degli altri, auspicherei che qualcuno finalmente si decida a passare dalle enunciazioni ai fatti.
Un altro esempio riguarda la vita interna del partito. Anche in questo caso c’è una generale affermazione del valore essenziale che ha la costruzione di nuove regole di democrazia. Allora, è possibile avere dai rappresentanti di tutte le mozioni l’impegno a eleggere finalmente il gruppo dirigente nazionale con il voto segreto? Ciò non avviene dai tempi di Togliatti. Non si dica ancora una volta che è giusto in linea di principio, ma inopportuno in linea di fatto. La coerenza tra principi e fatti è ciò che dovrebbe contraddistinguere il nuovo partito della sinistra.
Busta: 8
Estremi cronologici: 1990, 16 dicembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - Riflessioni politiche -
Pubblicazione: “Rinascita”, n. 44, 16 dicembre 1990, p. 19