LA DEMAGOGIA DEI PARTITI DI GOVERNO
di Riccardo Terzi, senza firma
La Democrazia Cristiana ha condotto la sua campagna elettorale senza innovazioni. «Dobbiamo continuare» è stato lo slogan che ha funzionato come filo conduttore di tutta la propaganda democristiana.
È uno slogan appropriato, bisogna riconoscerlo.
La DC si propone di governare anche per il futuro con lo stesso metodo, con la stessa prepotenza di sempre, senza autocritiche. I dirigenti DC, di fronte all’ondata di proteste e di malessere che ha investito il Paese non battono ciglio; il sistema di potere democristiano non si discute.
La DC sa bene di non godere della fiducia del Paese, di non suscitare, con la sua politica, nessun sentimento di adesione, nessuna partecipazione popolare.
E allora cerca con ogni mezzo di sfuggire al confronto aperto dei programmi e riduce la campagna elettorale ad una specie di celebrazione retorica del regime.
La libertà, la sicurezza delle istituzioni, il progresso nella continuità, la salvaguardia dei valori: con la ripetizione monotona di queste ormai consunte frasi d’occasione la DC spera di far prevalere nell’elettorato, o almeno in una parte di esso, una posizione di passività, di disinteresse. Per due mesi, giorno dopo giorno, far sentire agli italiani i discorsi scialbi, retorici di Moro, di Colombo, e degli altri notabili democristiani; suscitare la noia, la stanchezza, la sfiducia nella politica. E gli elettori, questo è il calcolo politico della DC, andranno a votare senza entusiasmo, senza speranza, voteranno DC con lo stesso stato d’animo di chi va ad una cerimonia di circostanza, per abitudine.
Intanto, dietro questa apparente fiacchezza, si scatena l’attivismo clientelare, la mobilitazione delle organizzazioni clericali, la caccia al voto attraverso la fitta rete del rapporti di dipendenza personale, una rete costruita con un lungo e metodico lavoro di corruzione, con una sistematica politica paternalistica.
La DC è il partito da battere. Questo nostro giudizio esce confermato dalla campagna elettorale.
Un reale passo avanti, nella direzione voluta dalle esigenze del Paese sarà possibile alla condizione che il gioco democristiano non riesca, che venga finalmente smascherato di fronte al popolo italiano il carattere reazionario di questo partito che ha fondato il suo sistema di potere sul privilegio e sulla corruzione.
I socialisti unificati hanno scelto la via della spregiudicatezza; prendere voti ovunque, in ogni modo, con ogni mezzo. La cosa essenziale, lo sappiamo, è il potere, la stanza dei bottoni, e per arrivare a questo obiettivo le vie sono infinite.
Bisogna conquistare il voto di un reazionario anticomunista? Ecco allora l’on. Tanassi e tutta la vecchia cricca socialdemocratica, che di anticomunismo se ne intende.
Bisogna convincere un lavoratore, uno dei tanti che non hanno potuto digerire la politica del centro sinistra? Ma c’è l’on. Lombardi pronto a sostenere che la politica del governo è tutta da cambiare! Il PSU è diventato una specie di Supermarket: ciascuno vi può trovare la merce che desidera. C’è la merce Tre Melloni per chi è sensibile ai richiami del militarismo, e c’è Scalfari per chi ha in antipatia il ministro della Difesa. Ma, tirando le somme di questa situazione caotica, quale linea politica esprime il Partito socialista unificato? Non c’è dubbio; il partito è dominato dalla corrente socialdemocratica e nenniana e la politica che intende fare dopo le elezioni è quella, già sperimentata, dall’alleanza ad ogni costo con la DC, della rottura a sinistra.
È la politica della rassegnazione e della rinuncia.
Questo dato di fatto si cerca di mascherarlo oggi con qualche trovata demagogica. Molti dirigenti socialisti riprendono a parlare il linguaggio del vecchio massimalismo, diventano all’improvviso i più accesi accusatori dei mali della società italiana, e non si dimenticano di nobilitare i loro discorsi con il richiamo agli ideali del socialismo. Sui manifesti murali del PSU si ritrovano, dopo anni di amnesia, parole d’ordine dal tono rivoluzionario, ed il colore rosso domina su tutti gli altri quasi a provare l’ininterrotta fedeltà alla tradizione dei socialismo italiano.
Ma, dietro a questa parata propagandistica, appare qual è oggi la vera situazione del partito unificato.
Nella scelta dei candidati, nei metodi della propaganda nel personalismo della campagna elettorale, si nota la realtà di un partito che va gradualmente liquidando il suo carattere operaio, che si adegua al costume ed alla mentalità della socialdemocrazia.
Busta: 7
Estremi cronologici: 1968, 17 maggio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Nuova Sesto”, 17 maggio 1968