JOHNSON SCONFITTO SI TRAVESTE DA COLOMBA

di Riccardo Terzi

Il Presidente Johnson cerca il uscire dalle difficoltà politiche che l’hanno invischiato e che ne hanno compromesso la autorità.

Dopo aver condotto una guerra disastrosa e criminale, che per la nazione americana rappresenta un enorme spreco di ricchezze e di uomini, senza poterne ricavare nessun successo militare, e dopo aver creato nella vita politica americana una grande tensione, un grande movimento di opposizione alla politica di guerra, Johnson, che di tutto ciò è responsabile, fa ora il grande gesto di “rinuncia” alla candidatura per la presidenza.

Viene subito spontaneo osservare che non di una rinuncia si tratta, ma di una “sconfitta” politica: Johnson prende oggi questa decisione, dopo avere già iniziato la sua campagna elettorale, perché ha valutato che questa è ormai la scelta che costa di meno, che gli consente di alzare il livello troppo basso delle sue quotazioni.

L’annuncio della rinuncia di Johnson è stato accolto nel mondo con grande sollievo: e noi, che abbiamo contribuito con la nostra lotta a creare intorno a Johnson il clima di disprezzo che si è meritato, speriamo davvero che si tratti di una rinuncia “definitiva”.

Ma ciò che più conta non è il problema della figura del presidente, è invece il problema della politica americana nel Vietnam.

Johnson, nella sua conferenza, ha annunciato il proposito di ridurre i bombardamenti aerei sul Nord Vietnam. Questa decisione è certamente una tappa sulla via della pace, una prima misura che può aiutare la ricerca di soluzioni pacifiche. Ma sarebbe un grave errore creare delle facili illusioni, perché l’orientamento politico generale del Governo americano non è cambiato, e anzi, mentre continuano i bombardamenti, si decide l’invio di nuove forze militari nel Vietnam del Sud, si decidono nuove spese di guerra, si rifiuta il riconoscimento del Fronte Nazionale di Liberazione e si continua a parlare del “diritto” degli americani ad intervenire nel merito delle questioni vietnamite.

È dunque lecito mettere in dubbio la volontà di pace dell’imperialismo americano. Guai a noi se ci dovessimo lasciare incantare dalla cinica demagogia di Johnson!

Certamente la pace è possibile, e gli imperialisti possono essere costretti ad accettarla, ma la condizione necessaria perché siano aperte le trattative è la “cessazione totale” dei bombardamenti, perché nessuna ragionevole trattativa è possibile sotto la minaccia delle bombe. «Ora la parola tocca ad Hanoi»: questo ritornello è stato ripetuto da tutta la stampa filo americana (compreso l’Avanti!) e dai partiti del centrosinistra. Ancora una volta tutta la classe dirigente italiana si identifica totalmente con la politica americana, e non ha il coraggio di chiedere che vengano compiuti dei passi più concreti sulla via della pace.

Il governo di Hanoi, che ha sempre sostenuto una posizione chiara sul problema delle trattative, non ha bisogno di ricevere lezioni da nessuno, ed ha risposto a Johnson riconfermando la linea politica finora seguita e dimostrando comunque di essere disponibile per un primo incontro, nel quale preparare le trattative di pace. Sta ora agli americani portare avanti la revisione della loro politica e dimostrare concretamente la loro volontà di trattare, di porre fine alla scalata militare, di rispettare l’indipendenza del Vietnam.

E sta all’opinione pubblica mondiale, al movimento per la pace, alla lotta unitaria di tutte le forze democratiche, esercitare una pressione ancora maggiore perché la politica di Johnson sia definitivamente sconfitta, per costringere l’imperialismo alla ritirata e alla pace.



Numero progressivo: G107
Busta: 7
Estremi cronologici: 1968, 5 aprile
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Nuova Sesto”, 5 aprile 1968