IL NO DEL SINDACATO

di Riccardo Terzi

All’annuncio dei provvedimenti del governo si è immediatamente creato un nuovo clima tra i lavoratori, con una rinnovata volontà di mobilitazione, di risposta, di iniziativa. Nelle maggiori fabbriche ci sono state, già nella giornata di ieri, fermate e manifestazioni, con delegazioni numerose di lavoratori che si sono recate nelle sedi sindacali, per sollecitare un impegno, per trovare nel sindacato il necessario punto di riferimento per la loro protesta e per la loro lotta. Nei lavoratori c’è un senso realistico della situazione: non ci sono velleità estremistiche, né c’è l’accettazione rassegnata e passiva. Sarebbe davvero un errore clamoroso vedere in questo movimento che si sta costruendo una sorta di rigurgito massimalista, un’esplosione di rabbia, o un’azione disperata che si colloca ai margini dell’iniziativa sindacale. Per questo sarebbe un errore grave non vedere nei lavoratori, nella loro protesta e nella loro volontà di giustizia una grande risorsa democratica e nazionale.

Questo è il primo motivo di critica e di dissenso netto con la linea scelta dal governo, perché si è voluto compiere un atto di autorità senza costruire le condizioni del consenso sociale, mettendo le organizzazioni sindacali di fronte al fatto compiuto. Dopo tante chiacchiere sulla concertazione, viene oggi alla luce il carattere del tutto strumentale del rapporto che il governo intende stabilire con i sindacati, utili e responsabili solo quando dicono di sì, mentre quando si tratta di prendere davvero delle decisioni che interessano la vita collettiva del paese il loro contributo è superfluo e hanno solo il diritto a essere informati su decisioni già prese. Tutto ciò non solo è discutibile e criticabile dal punto di vista democratico, ma è soprattutto un errore di valutazione perché l’ampiezza della manovra che si rende necessaria per il risanamento del paese richiede, per essere davvero efficace, una base larga di consenso politico e sociale.

Già il 31 luglio si è voluta una forzatura, con l’intesa su un protocollo, firmato in condizioni di emergenza, senza che si rendesse possibile un minimo di consultazione democratica dei lavoratori. Ora il governo, pensando di aver ormai il sindacato in tasca, decide a colpi di decreto, con una tecnica ricattatoria: o passano le decisioni del governo, o è il caos. Ma non ci sarà un altro 31 luglio.

 

Già la CGIL aveva avviato una impegnativa consultazione dei propri iscritti, con una campagna di assemblee nei luoghi di lavoro, e da questa consultazione esce con grande forza l’esigenza di ristabilire regole democratiche certe e l’impegno per un’azione sindacale più incisiva che consenta di riconquistare pienamente i diritti contrattuali. C’è un travaglio dell’organizzazione sindacale, c’è un rapporto che è divenuto teso e difficile tra i gruppi dirigenti e i lavoratori, ma il sindacato non è in ginocchio e non è disposto a subire il ricatto politico, ad accettare a scatola chiusa le misure di emergenza prescindendo dal loro contenuto, dalla loro qualità sociale, dalle implicazioni profonde che esse hanno sul futuro delle relazioni sociali.

Si è fatto un gran clamore sulla rinuncia allo sciopero generale. Ma nella realtà ci saranno scioperi generali in tutte le regioni, e una grande mobilitazione dei pensionati, e uno sciopero del pubblico impiego. E tutte queste decisioni, così impegnative, sono state assunte con una forte convinzione unitaria. Non è solo un’azione di protesta, ma è l’impegno a costruire una linea alternativa, senza eludere i problemi drammatici della crisi e la necessità di una manovra economica di carattere straordinario. Se ci limitassimo alla protesta, saremmo inevitabilmente sconfitti. Occorre invece indicare con chiarezza obiettivi realistici, costruire una proposta che dia quelle garanzie di rigore e di equità che sono del tutto assenti nelle decisioni del governo. Questo è il carattere del movimento che già ha preso corpo e che si svilupperà con grande ampiezza nei prossimi giorni: non una fiammata, ma un movimento determinato a raggiungere risultati concreti, non una somma di corporativismi, ma l’indicazione di grandi priorità nazionali.

Con questo movimento tutti dovranno fare i conti. E il movimento sindacale è chiamato ad un impegno eccezionale e a una linea di grande coerenza, ricostruendo un rapporto di trasparenza democratica con i lavoratori e dimostrando, nello stesso tempo, di essere una grande forza nazionale, che si misura con i problemi reali del paese e contribuisce in modo attivo e responsabile al risanamento dell’economia nazionale.


Numero progressivo: B12
Busta: 2
Estremi cronologici: 1992, 19 settembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “L’Unità”, 19 settembre 1992