IL MOVIMENTO OPERAIO E I CATTOLICI

di Riccardo Terzi

La figura di Giovanni XXIII sta già diventando preda delle banalità deformanti della stampa borghese: nell’esaltazione ipocrita di una “santità” e di una “bontà” priva di contenuto, si vuole soffocare il significato, ideale e politico, della sua azione, e imporre quindi una veste misticheggiante e irrazionale ad una figura storica che, al contrario, era vivamente calata nei problemi del nostro tempo. Rifiutando di scendere sullo stesso terreno dell’equivoco e dell’ipocrisia, il movimento operaio organizzato si sente oggi impegnato a ripensare criticamente al significato dell’opera di Papa Roncalli, e stimolato, con intensità nuova, ad affrontare il problema storico del proprio rapporto con il mondo cattolico.

Fu questo uno dei problemi nodali e decisivi di quella discussione che si svolse all’interno del movimento operaio sui propri compiti e sulle proprie prospettive; e fu questo uno dei problemi che lo vide diviso. I compagni socialisti infatti indicavano nel centro-sinistra l’unico strumento possibile per portare avanti un dialogo col mondo cattolico; nelle loro intenzioni, il centro-sinistra avrebbe dovuto servire a far cadere le barriere tradizionali della incomprensione e dell’ostilità, aprendo così una nuova fase nella vita politica italiana.

Senonché, seguendo questa impostazione, i socialisti finivano per ridurre il mondo cattolico al partito della Democrazia Cristiana, facevano proprio quindi l’equivoco conservatore dell’unità politica dei cattolici. Essi partivano pertanto da un giudizio inesatto sul mondo cattolico. accettando il presupposto idealista che l’ideologia religiosa sarebbe in grado di annullare le differenze di classe, e accettando di conseguenza anche l’ipotesi della barriera ideale, che solo una prudente politica di riforme avrebbe potuto intaccare mediante una serie graduale di accordi limitati, faticosamente raggiunti.

Presi dalle manovre al vertice, dagli incontri ufficiali, dai compromessi tattici, sfuggiva loro di mano il contatto con la realtà viva delle masse cattoliche, alle quali quelle complicate manovre parlamentari e le varie astruse formule politiche sembravano incomprensibili e ingannatrici. Il centro-sinistra si dimostrava incapace di incidere profondamente nella vita del paese; era sì un incontro, ma un incontro al vertice con gli ideologi del neo-capitalismo, denso di rischi per l’autonomia e la coerenza ideale del movimento operaio. La strada intrapresa conduceva facilmente all’opportunismo e permetteva alla moderna borghesia di mantenere la sua egemonia sul mondo cattolico.

Noi comunisti abbiamo invece sostenuto che l’impostazione doveva essere totalmente rovesciata: cercare il dialogo non attraverso la mediazione deformante di Moro e Fanfani, o anche della sinistra DC, ma rivolgendosi direttamente al mondo cattolico nella sua complessità, e portare avanti un discorso unitario stimolante, capace di rivelare tutte le contraddizioni dell’interclassismo democristiano. Non agire sul mondo cattolico attraverso la DC, ma agire sulle masse cattoliche per battere la DC e smascherarne l’essenza conservatrice.

Questa azione a vasto respiro comportava la necessità di tenere presente tutta la complessità ideale del pensiero cristiano, facendo chiarezza sia sulle divergenze insolubili, sia su quei valori e contenuti che trovano pari rilievo all’interno delle diverse concezioni del mondo. E proprio partendo da questo approfondimento ideologico, era necessario indicare la unità come possibile obiettivo immediato; l’unità’ non solo sulle “cose” e su programmi limitati, ma su una prospettiva a lunga scadenza di trasformazione politica e sociale, animata dalla comune aspirazione ad una completa esaltazione della dignità e libertà dell’uomo.

È questo che noi abbiamo cercato di fare: e i risultati elettorali hanno dimostrato che a questo discorso i cattolici non sono stati del tutto insensibili: l’integralismo di Moro e il riformismo di Nenni sono stati sconfitti, e si è aperta una nuova prospettiva, più avanzata, per tutto il movimento operaio. Il nostro successo sarebbe impensabile senza l’apporto di vaste masse di lavoratori cattolici, che hanno fatto chiarezza sulla propria condizione di classe e hanno saputo stabilire un giusto nesso fra la coscienza religiosa e l’aspirazione ad una società nuova. Il mondo cattolico non è quindi un mondo lontano ed ostile, col quale si può giungere soltanto a qualche misero compromesso; ma esistono già, lo si voglia o no, forme reali di unità.

Questa unità, reale o potenziale, ha trovato nella figura e nell’opera di Giovanni XXIII un momento importante, che ha segnato una tappa storica che non può essere facilmente cancellata. Nel momento della scomparsa di questo grande pontefice, abbiamo visto, nel comune rimpianto. e nella comune ammirazione, il segno tangibile di un processo unificatore che ha agito in profondità, che ha inciso sulle coscienze in un modo che non crediamo effimero.

Nell’azione di Giovanni XXIII ci sono i chiari germi di uno sviluppo positivo del pensiero cattolico, che può trovare in un approfondimento dei propri originali motivi ideali, legato ad una comprensione dei problemi del mondo moderno, la via di un rinnovamento, di una emancipazione delle strettoie del clericalismo ottuso; è questa l’unica via che può permettere alla Chiesa di non rimanere soffocata dal meccanismo disumano della moderna società del benessere, di riprendere il proprio vigore ideale; e su questa via cattolici e comunisti sono destinati ad incontrarsi.

Riprendendo oggi il dialogo coi cattolici, lo riprendiamo da questo punto, da questo grado di unità raggiunto. E lo continuiamo con la chiarezza e l’intransigenza di sempre, sforzandoci di dare a questa unità nuovi contenuti, perché si possa passare dalla difesa comune della pace e dalla comprensione reciproca ad una vera alleanza politica.

Mentre da una parte, vediamo aprirsi questa entusiasmante prospettiva, dall’altra l’inasprirsi dell’anticomunismo democristiano e le incertezze del Partito Socialista stanno a dimostrare come questi partiti stiano vivendo invece una grave crisi di prospettiva. Questa crisi deve essere portata fino in fondo, devono uscire sconfitte le illusioni dell’interclassismo e del riformismo. In questo momento spetta pertanto al nostro Partito una grande funzione, politica e ideale.

Dobbiamo far valere, con intransigenza, il peso degli otto milioni di voti comunisti: dobbiamo rilanciare con forza il nostro appello ai cattolici, nella piena chiarezza delle rispettive posizioni ideologiche; dobbiamo riprendere il dibattito unitario coi compagni socialisti sulle prospettive del movimento operaio. Spetta a noi essere gli animatori di un processo di costruzione di una unità nuova, capace di imprimere una svolta decisiva alla vita politica italiana.



Numero progressivo: L38
Busta: 9
Estremi cronologici: [1963, giugno?]
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Cultura -
Pubblicazione: “Nuova generazione”, giugno 1963