ECCO PERCHÉ CONSIDERO UN ERRORE L’ADESIONE DELLA CGIL ALL’ACCORDO

di Riccardo Terzi

Nella discussione che si è aperta, dopo il controverso accordo tra i sindacati ed il governo sul costo del lavoro, il pericolo è che si sollevi un grande polverone ideologico, per cui scompaiono i termini reali del problema, e si recita il solito copione dell’eterna e metafisica battaglia tra riformismo e massimalismo. Non intendo occuparmi né della metafisica né delle piccole beghe di palazzo, ma delle questioni di linea e di strategia sindacale che ci sono oggi poste di fronte. A meno di un anno dal Congresso della CGIL siamo chiamati ad una verifica impegnativa, e questa verifica mette in luce una contraddizione stridente, uno scarto drammatico rispetto alle scelte di fondo che al Congresso abbiamo compiuto. Questo è il dato più allarmante: la CGIL appare come un’organizzazione che non è in grado di tenere le sue posizioni, di difenderle, e che è esposta, senza un argine di difesa efficace, alle pressioni che vengono dall’esterno. Nelle dichiarazioni della segreteria, che motivano la scelta della firma dell’intesa, e nella lettera di dimissioni di Bruno Trentin, tutto ciò è apertamente dichiarato senza infingimenti, riconoscendo la contraddizione non sanata tra le ragioni autonome della CGIL e il condizionamento del quadro politico esterno.

La CGIL esce provata duramente da questa vicenda perché non è riuscita a spezzare questa trama, e si è trovata così di fronte ad un aut aut che avrebbe in ogni caso determinato conseguenze laceranti. Il recupero dell’autonomia è quindi la prima esigenza, perché nessuna organizzazione può creare intorno a sé consenso e fiducia se non c’è una coerenza visibile tra le parole e i fatti, tra i programmi dichiarati ed i comportamenti concreti. Ora, è proprio questo il filo di coerenza che è stato strappato e per questo considero un errore l’adesione all’accordo, di cui forse non si sono a sufficienza valutate le profondissime implicazioni che ne derivano per il prestigio ella CGIL.

Noi dobbiamo essere sempre disponibili alla ricerca di intese e anche di compromessi. Vanno quindi battute quelle posizioni minoritarie e isolazioniste che vedono in qualunque intesa un principio di degenerazione. Ed in questo momento critico può riemergere pericolosamente tutto un sottofondo di settarismo primitivo che ci condurrebbe in un vicolo cieco. L’intesa del 31 luglio va quindi valutata nella sua complessità, non perdendo di vista i parziali risultati positivi che in essa sono contenuti. Ma non si tratta, a mio giudizio, di un compromesso accettabile, perché tutte le richieste di modifica avanzate dalla CGIL sono state respinte, e sul punto decisivo, che riguarda l’autonomia dell’azione contrattuale, il risultato è del tutto negativo.

 

Nella ricerca di una posizione comune con CISL e UIL abbiamo unitariamente convenuto sull’esigenza di uno spostamento significativo dagli automatismi alla contrattazione e sulla necessità di assegnare uno spazio maggiore alla contrattazione decentrata. Su questa linea, che io considero pienamente valida, abbiamo concordato in Lombardia un documento unitario. Non ci siamo arroccati, ma abbiamo la possibilità di una linea innovativa, che metta al centro la costruzione di nuovi strumenti di contrattazione e di partecipazione nei luoghi di lavoro. Non ci ha aiutato in questa ricerca chi continuava a considerare come unico metro di misura il mantenimento del meccanismo di scala mobile. L’esercizio pieno e autonomo della contrattazione non è in contraddizione con le esigenze generali di risanamento economico del paese. Al contrario, le necessità di ristrutturazione dell’apparato industriale e di riforma della pubblica amministrazione richiedono un’azione contrattuale matura e consapevole, che sia coerente con gli interessi generali, che sia finalizzata all’obiettivo dell’efficienza complessiva del nostro sistema economico.

Così agisce un sindacato riformista, convinto che la sua azione è un elemento necessario dello sviluppo democratico del paese. Si è voluto invece stabilire che l’interesse del paese richiede che si metta il bavaglio al sindacato, come se in Italia ci fossero i governi responsabili e sindacati ottusi e primitivi, incapaci di raccordarsi all’interesse nazionale. Tutti sanno che e cose non stanno così.

Nella sostanza, dunque, il problema centrale è questo: le prospettive della contrattazione, la possibilità o meno di dare sviluppo a un’azione contrattuale diffusa e consapevole, nelle aziende e sul territorio. A questo proposito, non solo c’è una moratoria non accettabile fino alla fine del ‘93, ma c’è la minaccia non sventata di una riforma della contrattazione che comporti la pura e semplice soppressione dei livelli decentrati.

Questi sono i problemi su cui lavorare in vista dei prossimi appuntamenti di settembre, per riaprire gli spazi della nostra iniziativa, per ridefinire i nostri obiettivi, cercando di stringere su punti essenziali un’intesa unitaria.

L’unità è oggi scossa, compromessa. Ma credo che anche le altre confederazioni non possano sfuggire ad una riflessione sul futuro del sindacato e sul nuovo quadro di relazioni industriali che va costruito e conquistato, nella difesa dell’autonomia del sindacato e del suo ruolo contrattuale. Non serve lo psicodramma collettivo di una grande resa dei conti nei gruppi dirigenti, non servono rivincite, sconfessioni, o una lunga stagione di scontro per nuovi organigrammi. E non serve invocare un Congresso straordinario. Ciò che è necessario è compiere con grande impegno da parte di tutti una valutazione chiara della nuova situazione che si è creata e delle possibili linee d’azione che debbono essere decise, e su questo misurare le diverse posizioni e l’efficacia dell’azione di direzione. Se guardiamo le cose come stanno, con realismo, allora possiamo fronteggiare la situazione con una nostra iniziativa. Se invece la discussione è sui grandi principi, sul riformismo trionfante e sulla istituzionalizzazione subalterna del sindacato, allora si perde tempo, e le cose che diciamo non hanno più rapporto con il sentire della gente.



Numero progressivo: B13
Busta: 2
Estremi cronologici: 1992, 11 agosto
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “L’Unità”, 11 agosto 1992. Ripubblicato in “La pazienza e l'ironia” col titolo “L'accordo del 31 luglio: una scelta sbagliata”, pp. 121-124