DOVE FALLISCE LA POLITICA

Intervento di Riccardo Terzi al volume “L’Aquila, gli anziani, la città

Sono stato per la prima volta all’Aquila pochi mesi dopo la tragedia del terremoto, in occasione di un congresso dello SPI CGIL, e mi resterà per sempre il rimpianto di non averla potuta conoscere nella sua normale vita attiva, in quell’intreccio complesso di relazioni e di contraddizioni che costituisce il cuore pulsante di una città. Ora, questa vitalità si è spenta, e solo molto lentamente si sta ricostruendo un minimo di tessuto sociale e civile.

La prima impressione è stata fortissima e angosciante, entrando in contatto con una realtà spettrale, con un grande corpo privo di vita, col dubbio che questo potesse essere un destino ormai irreparabile, che si fosse spezzato per sempre il filo di una lunga storia collettiva. Da allora abbiamo deciso di occuparci a fondo del destino di questa città, intrecciando un rapporto di collaborazione molto stretto tra lo SPI Nazionale e lo SPI dell’Aquila, grazie anche alla straordinaria sensibilità politica e umana della segretaria provinciale Loretta Del Papa. Non ci siamo limitati ai rituali di una ordinaria solidarietà, ma abbiamo colto fin da subito il grande significato emblematico che tutta questa vicenda rappresentava, come un test decisivo su cui misurare il significato stesso della politica, del ruolo dello Stato, della democrazia.

In primo luogo, doveva essere assolutamente chiara la priorità assoluta della ricostruzione, perché la città possa tornare a vivere così come era, salvaguardando integralmente la sua storia, che non è solo la storia delle opere d’arte, ma di tutto quel vissuto concreto e quotidiano nel quale prende forma una determinata comunità, fatta di relazioni fra le persone, di luoghi e di tempi collaudati, di ritmi di vita, di abitudini, di memoria condivisa. Il fattore tempo è decisivo nel determinare la qualità della nostra organizzazione sociale, la quale si arricchisce quanto più riesce a conservare la sua storia, e proprio in questa durata del tempo sta l’eccezionale valore del tessuto urbano di tante nostre città, nelle quali sono ancora vivi i segni di una lunga storia millenaria.

Io credo che questo criterio di valutazione valga in generale per tutta nostra esperienza umana, che ha valore ciò che dura nel tempo e non l’effimero, che ha spessore della storia e non ciò che è destinato al rapido consumo. Ma questa visione “conservatrice”, che forse in altri campi può essere criticata, è sicuramente una bussola indispensabile nel campo dell’urbanistica, come ci insegnano tutti i suoi massimi esponenti. Su questo terreno, abbiamo trovato un interlocutore sensibile e rigoroso in Vezio De Lucia, col quale abbiamo avuto fin dall’inizio una totale sintonia, partendo proprio dall’idea centrale e prioritaria della ricostruzione.

Come è noto, il Governo, presieduto allora da Berlusconi, si è mosso in tutt’altra direzione, con l’iniziativa insensata della costruzione di nuovi insediamenti, esterni ai tessuto urbano, inutilmente costosi, e tali da compromettere tutte le prospettive di rinascita della città. Al momento, c’è stato un coro inquietante di adesione e di apprezzamento per l’opera del Governo, in nome dell’efficienza, della tempestività, senza capire gli effetti devastanti che si producono quando l’efficienza, reale o presunta, viene messa al servizio di una causa del tutto sbagliata. Il messaggio, implicito in questa iniziativa, era infatti il seguente: non la ricostruzione dell’antico tessuto urbano, ma una città nuova, facendo del terremoto l’occasione per un ridisegno della città, senza volere a tutti i costi conservare ciò che ormai è andato perduto. Molti si sono lasciati incantare da questa sirena, dall’idea che in discussione non ci fosse la conservazione del tessuto storico, ma la progettazione di qualcosa di nuovo, capace di dare alla città una nuova vitalità ed efficienza, aprendo così finalmente lo spazio a tutte le più spregiudicate manovre speculative.

Siamo stati tra i pochi a dire un no assolutamente fermo e deciso a questa prospettiva, e vediamo ora finalmente un certo cambiamento degli indirizzi politici, con il baricentro che torna ad essere posto nella ricostruzione del centro storico. Ma intanto i guasti si sono prodotti, e sono di difficilissima soluzione, perché da un lato i nuovi insediamenti reclamano, giustamente dal loro punto di vista, una serie di interventi di infrastrutturazione, per renderli più vivibili, e dall’altro lato tutto ciò rischia di deviare e di compromettere il futuro sviluppo della città. È un tema complicato, che richiederà qualche ragionevole mediazione.

Il secondo aspetto per cui il caso dell’Aquila assume uno straordinario valore politico di carattere generale riguarda le forme e le modalità della decisione politica. La scelta che si è allora compiuta è stata quella di una totale sospensione della democrazia, nel nome dell’emergenza, dell’eccezionalità dell’evento. Tutto il potere decisionale è stato concentrato nelle mani della struttura tecnica della Protezione Civile, esautorando tutti gli organi della democratica si contrappone il modello decisionista e tecnocratico, per cui nei momenti di crisi il potere deve essere affidato solo agli esperti. Ed è proprio in base a questo presupposto che abbiamo ormai da tempo solo “governi tecnici”, perché l’emergenza è incompatibile con le complicazioni e con le turbolenze della democrazia.

L’Aquila è stata, in questo senso, un banco di prova assai significativo, e qui s’è dimostrato come il decisionismo non sia affatto una garanzia di efficienza, ma al contrario un fattore di paralisi, di rinvio, e di totale inefficacia. Fino a quando c’è stata la gestione commissariale, essa ha prodotto solo una stagnazione di tutte le iniziative. È questo il problema che noi abbiamo posto, fin dall’inizio: fine della gestione tecnica di emergenza, e ripristino integrale dei legittimi poteri democratici, e in questo senso abbiamo sostenuto tutti i Comuni interessati nella loro battaglia sacrosanta per poter essere l’autorità politica a cui fanno capo tutte le decisioni, da quelle più immediate a quelle di più lunga prospettiva.

Non solo: abbiamo aggiunto che gli stessi Comuni devono sperimentare nuove forme di partecipazione democratica dei cittadini alle decisioni. Se prendiamo sul serio il modello democratico, esso richiede, proprio in presenza di scelte difficili e impegnative sul destino di un determinato territorio, che la decisione sia il risultato di una partecipazione la più allargata possibile, e che proprio in questo allargamento del processo sta la migliore garanzia per una decisione consapevole, equilibrata, capace di tenere conto di tutta la complessità degli interessi in gioco. Questo è ancora oggi un punto su cui insistere con grande forza: che siano finalmente i cittadini a decidere del loro futuro, il che richiede la definizione di regole e di procedure, per non lasciare il tutto ad una disordinata spontaneità.

Questo tema della democrazia lo consideriamo centrale in tutta la vicenda politica del nostro Paese, nella convinzione che l’attuale gravissima crisi del sistema istituzionale abbia la sua causa profonda nel fatto che si sono ostruiti i canali della partecipazione democratica, e che si sia aperta una frattura tra partiti e società, tra rappresentanti e rappresentati, col rischio di un vero e proprio collasso del sistema. La politica è ora avvertita come un mondo distante ed ostile, chiuso in se stesso, nei suoi riti e anche nelle sue convenienze di “casta”. E per questo è indispensabile spezzare questa barriera, e aprire con grande decisione tutto il campo delle decisioni politiche alla partecipazione attiva dei cittadini, non solo per scegliere il leader, come accade con l’istituto delle primarie, ma per decidere il “che cosa”, per scegliere le priorità dell’azione di governo, dal livello locale a quello nazionale. Un programma radicale e coerente di democratizzazione di tutte le strutture di potere, è questo oggi il discrimine su cui si definisce ciò che è destra e ciò che è sinistra. E il sindacato può e deve essere un protagonista attivo in tutte le battaglie democratiche, a partire naturalmente da se stesso, da una rivisitazione critica della sua capacità di mobilitazione e di coinvolgimento dei lavoratori e dei cittadini.

Infine, la ricostruzione della città non riguarda solo le sue strutture materiali, i suoi edifici, ma tutto l’insieme delle relazioni sociali, la sua capacità di produrre socialità, spazi collettivi, di essere quindi un centro di vita, di rapporti, di scambi tra le persone. Di questo in particolare si occupa la ricerca, coordinata da Enrico Pugliese. E le persone anziane sono quelle più colpite da una lacerazione dei rapporti sociali, perché in questi rapporti avevano costruito la loro identità, e più difficilmente possono costruirsi un nuovo progetto di vita. Si accentuano, dunque, e possono divenire drammatici, i pericoli di solitudine, di marginalità, di esclusione dalla vita sociale. È chiaro che i tempi della ricostruzione saranno inevitabilmente lunghi, ma è essenziale che ci si muova nella direzione giusta, con gradualità, ma con estrema determinazione.

C’è un esempio positivo, quello del Friuli, dove sono occorsi circa dieci anni, ma il tutto è stato affrontato esattamente con i criteri che qui abbiamo indicato: ripristino del tessuto urbano, democrazia nella gestione, attenzione agli aspetti sociali. C’è ancora il tempo per fare ciò che è necessario fare. E noi vogliamo essere parte attiva in tutto questo processo, essere una forza di stimolo, di proposta, di progettazione, e di promozione di un nuovo slancio democratico. L’Aquila rappresenta un grande problema politico nazionale. Dobbiamo impedire che su di esso cali il silenzio, e che si mettano al lavoro gli interessi malsani della speculazione. Dobbiamo tenere alta la nostra vigilanza e la nostra mobilitazione, perché la città torni ad essere quello che è stata, un centro di vita, di cultura, di affetti, in continuità con la sua storia.



Numero progressivo: E8
Busta: 5
Estremi cronologici: 2013
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Stampa da file PC
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - SPI -
Note: Bozza definitiva identica al testo a stampa (vedi record V49). Contenuto sia politico sia sindacale.
Pubblicazione: M. Sai (a cura di), “L’Aquila, gli anziani, la città”, Edizioni LiberEtà, 2013