CONVEGNO DI UNIONCAMERE E CGIL-CISL-UIL

6 novembre 1997

Relazione Riccardo Terzi

Questo incontro, promosso da Unioncamere e dalle tre confederazioni sindacali, rappresenta un fatto nuovo e rilevante ed esso può consentire di porre su una base più avanzata tutti i rapporti tra il sindacato e il sistema camerale.

Si tratta, infatti, di una iniziativa non occasionale, ma maturata sulla base di una precisa scelta politica, con la quale CGIL CISL UIL e Unioncamere riconoscono il valore non episodico ma strategico delle proprie relazioni, nel rispetto dell’autonomia dei rispettivi ruoli.

Per il sindacato c’è, in questa scelta, un importante elemento di novità, in quanto, superando incertezze del passato, ci si colloca con nettezza e con impegno dentro i nuovi organismi delle Camere di Commercio, attraverso i propri rappresentanti: nei Consigli, e anche, dove esistono le condizioni politiche, nelle Giunte esecutive.

Negli anni passati, abbiamo avuto esperienze differenziate, più o meno positive, ma complessivamente si trattava per il sindacato di un lavoro marginale, visto talora con diffidenza come un terreno improprio e come un possibile rischio per la nostra autonomia.

Vogliamo oggi, sotto questo profilo, segnare una chiara discontinuità e aprire una nuova fase. Occorre, in primo luogo, una chiara definizione del ruolo che spetta ai rappresentanti sindacali all’interno della struttura camerale. Essi non hanno, in quella sede, nessun mandato negoziale, perché altre e diverse sono le sedi della contrattazione tra le parti. Né possono essere, a maggior ragione, i rappresentanti dei dipendenti delle Camere, i quali hanno le proprie strutture di rappresentanza e le proprie sedi di negoziazione.

Qualunque confusione in proposito deve assolutamente essere evitata, perché altrimenti la nostra presenza si ridurrebbe ad essere un fatto corporativo di bassissimo profilo. Il terreno su cui si deve qualificare il nostro impegno è quello delle politiche territoriali, delle politiche di sviluppo e di innovazione in un determinato contesto locale, e su questo terreno è possibile e auspicabile, al di là della normale dinamica conflittuale tra le parti, una convergenza e un comune impegno progettuale di tutte le forze sociali.

Le Camere di Commercio possono essere, in questo senso, uno strumento, una sede di confronto e di concertazione? Possono partecipare, come un soggetto politico autonomo, alla definizione e alla realizzazione delle politiche di sviluppo?

Questo è il nostro obiettivo, questa è la scommessa che dobbiamo fare.

Una evoluzione dinamica del ruolo delle Camere di Commercio è la condizione che motiva e giustifica la scelta di impegno del sindacato, il quale appunto si propone di essere uno dei promotori di tale evoluzione.

Alcune importanti basi innovative sono state gettate con la legge di riforma del 1993, e successivamente con il riconoscimento delle “autonomie funzionali” nella legge Bassanini. In questo nuovo quadro legislativo e istituzionale, le Camere diventano istituzioni pubbliche, depositarie di funzioni di interesse generale, che possono loro essere delegate in quanto rappresentano non gli interessi corporativi, ma le esigenze complessive del sistema delle imprese.

C’è, in questo riconoscimento delle autonomie funzionali, il germe di una nuova statualità, di un nuovo e più aperto rapporto tra Stato e società civile, in base al quale le forze sociali organizzate concorrono alla determinazione delle politiche pubbliche e assumono anche un ruolo e una rilevanza istituzionale.

È un nuovo campo di ricerca, ancora tutto aperto.

Nei lavori della Commissione bicamerale c’è stata qualche prima apertura, con la definizione del principio di sussidiarietà non solo in senso verticale, ma anche orizzontale, con il richiamo alle “formazioni sociali”, con l’accenno alle stesse autonomie funzionali.

Ma non si tratta ancora di un impianto istituzionale chiaramente strutturato, e le formule adottate appaiono ancora incerte ed ambigue, prive di una definizione rigorosa. Sussidiarietà, formazioni sociali, autonomie funzionali entrano così nel nuovo testo costituzionale un po’ di traverso, senza un sufficiente chiarimento concettuale.

D’altra parte, è nella logica del movimento storico che le soluzioni istituzionali vengano sempre ex post, in quanto sistematizzano le esperienze ed i processi che nella realtà hanno preso corpo. C’è bisogno, dunque, di un periodo di maturazione e di sperimentazione. Occorre ora accumulare nuove esperienze, costruire una pratica sociale, utilizzando e anche forzando gli spazi istituzionali che sono offerti dal nostro ordinamento.

La nuova dimensione istituzionale assunta dal sistema camerale ha come suo preciso presupposto che le Camere rappresentino l’impresa come istituzione sociale, nella complessità delle sue interne componenti, o più esattamente il sistema delle imprese come sistema economico-sociale. La Camera non è il luogo degli interessi settoriali (del capitale e del lavoro nel loro fisiologico conflitto), ma deve avere un suo spazio istituzionale autonomo, il quale esiste nella misura in cui non avviene un processo di colonizzazione da parte degli interessi organizzati. È un equilibrio non facile da realizzare, ma qui è il punto di novità su cui lavorare, per fare delle Camere delle istituzioni moderne e dinamiche, protagoniste delle politiche di sviluppo.

È in questo contesto che si giustifica la presenza dei rappresentanti dei lavoratori e dei consumatori. Questa presenza è ancora, sulla base della legge del 93, eccessivamente marginale e minoritaria, e rischia così di essere vanificato nella pratica l’obiettivo della riforma. Per questo, è importante l’attivazione di una chiara volontà politica, al di là dei limiti della legge, per costruire nelle strutture camerali quelle condizioni innovative di cui abbiamo parlato, valorizzando anche il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori. L’incontro di oggi ha esattamente questo significato.

Per quanto riguarda la legge, dovremo valutare la possibilità di modifiche e di aggiustamenti, anche sulla base dell’esperienza concreta, e concordare quindi le possibili iniziative in questa direzione. In particolare, occorre verificare se c’è un sufficiente consenso politico per un allargamento della rappresentanza dei lavoratori.

C’è un altro aspetto importante, e non ancora risolto, che riguarda la legittimazione democratica dei diversi rappresentanti, il che comporta necessariamente il passaggio dal metodo della designazione a quello dell’elezione diretta. Anche per i rappresentanti sindacali dovremo studiare forme nuove di legittimazione, anche se in questo caso appare non praticabile, per ragioni evidenti, l’elezione da parte di tutti i lavoratori. La chiarezza delle procedure di legittimazione e il loro carattere democratico sono una condizione necessaria, perché non c’è istituzione se non sul fondamento della legittimità democratica. Questo è il tema centrale che dovrà essere affrontato e risolto con l’elaborazione degli Statuti camerali, i quali dovranno rispecchiare le diverse realtà, e adottare quindi soluzioni differenziate, ma non potranno comunque eludere il nodo di fondo della legittimazione delle rappresentanze.

Accanto alla dinamica istituzionale, vi è una seconda fondamentale ragione per cui ha senso scommettere sul ruolo delle Camere di Commercio, ed essa consiste nel fatto che la dimensione territoriale acquista un peso sempre più rilevante nel processo economico. Diventa decisivo il rapporto tra la globalizzazione e la vitalità dei sistemi locali. Si entra nel mercato mondiale solo in quanto si è definita e costruita, a livello locale, una propria specificità, una propria vocazione. La globalizzazione, quindi, non annulla le specificità, ma al contrario le esalta, e la competizione assume sempre più il carattere di una competizione tra sistemi territoriali. Occorre dunque, nel territorio, integrare in una visione unitaria i diversi fattori necessari per lo sviluppo e per la competizione internazionale.

In questa direzione, già si stanno producendo diverse iniziative: patti territoriali, accordi di programma, tavoli di concertazione. Si tratta della ricerca di strumenti con i quali superare il limite di una struttura produttiva eccessivamente frammentata e costruire una politica di coalizione degli interessi sul territorio. Ora, le Camere di Commercio si trovano, sotto questo profilo, in una posizione privilegiata, in quanto sono già posizionate sul territorio, con una robusta rete organizzati va, e quindi hanno tutte le condizioni per entrare come soggetti attivi nelle politiche di sviluppo locale e nelle coalizioni territoriali.

Per sviluppare appieno tutte queste potenzialità, è necessario costruire un sistema aperto di relazioni, con le istituzioni pubbliche locali, con le istituzioni scientifiche, con i diversi soggetti sociali, contrastando le possibili tendenze di chiusura corporativa. Le Camere hanno un futuro se compiono questo salto qualitativo, se riescono cioè a divenire un attore politico che dà impulso, insieme ad altri soggetti, alla costruzione di un sistema territoriale integrato.

Il Sindacato è interessato a questo tipo di evoluzione, e ad essa intende dare il suo contributo. I rappresentanti sindacali hanno quindi un compito politico rilevante, tutt’altro che marginale.

Ci auguriamo che si creino le condizioni per un lavoro costruttivo e propositivo, e in questa direzione questo convegno può dare un impulso importante. In ogni caso, il Sindacato intende compiere una precisa scelta di impegno politico all’interno del sistema camerale, con convinzione e determinazione.


Numero progressivo: C16
Busta: 3
Estremi cronologici: 1997, 6 novembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Stampa da file PC
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CRS -