«ALLA CGIL SERVONO STRADE NUOVE, NON BARRICATE»

Intervista di Giovanni Laccabò a Riccardo Terzi – Segretario della CGIL Lombardia

È aperto un confronto teso nel sindacato lombardo. Martedì la resa dei conti? Il segretario non lo pensa: «Non trasformare in conta un dibattito così importante»

 

Martedì secondo round per la CGIL Lombardia. Presente Bruno Trentin, e con trenta iscritti a parlare, il direttivo riprende il dibattito iniziato con la presentazione del “documento dei 20” segretari CGIL, nel quale si chiede un deciso cambio di linea e di gruppo dirigente. Una “resa dei conti”? Il segretario Terzi lo esclude: «Non trasformiamo in conta un dibattito politico importante per tutto il sindacato».

 

Il “documento dei 20” chiede una svolta di linea, ossia di fare del movimento e delle lotte una risorsa della CGIL. Sei d’accordo?

«Considero quel documento un contributo alla discussione, e intendo evitare drammatizzazioni, perché la CGIL ha bisogno di una discussione serena. Non siamo ad una resa dei conti, almeno me lo auguro. Non penso che ci sia bisogno di una “svolta di linea”, questa mi sembra una frase ad effetto, quantomeno da precisare. Certo, ci sono state manchevolezze, difficoltà. Ma non sarei d’accordo con una rappresentazione del nostro dibattito come se fossimo in presenza di due linee contrapposte, mentre in realtà c’è una ricerca aperta che impegna ciascuno di noi.»

 

Ma sul contenuto di quella proposta? Ossia sulla centralità delle lotte? Sui lavoratori come risorsa?

«E chi dice il contrario? Questa è sempre stata la posizione della CGIL. Non regge una rappresentazione degli scorsi mesi che vede una parte che sta con il movimento ed una parte che rimane fuori, distante, o addirittura diffidente.»

 

Il movimento d’autunno nasce dalla critica dei contenuti e del metodo del 31 luglio. Sei d’accordo con questo giudizio?

«Ero e resto nettamente critico sull’accordo del 31 luglio. Tuttavia è sbagliato far risalire tutte le difficolta del sindacato soltanto al 31 luglio. Ci sono altre ragioni, anche perché i termini del problema si sono rapidamente spostati per il precipitare della crisi economica. D’altra parte in Lombardia abbiamo cercato di correggere i limiti dell’accordo di luglio sbloccando la contrattazione articolata, e con una grande campagna di consultazione.»

 

Nella relazione riconosci la sconfitta del movimento d’autunno…

«Io vedo uno scarto fra lotta e risultati. Un insuccesso, non una sconfitta irrimediabile. La partita è aperta, si riapre con la trattativa.»

 

E non vedi un rapporto tra tutto questo e il quadro politico? Il movimento può avere un ruolo per la ricomposizione della sinistra?

«Terrei distinti i due livelli. Anche perché sul piano politico siamo davanti ad un sommovimento che fa saltare le vecchie logiche, ma non è ancora chiaro nei suoi connotati di fondo. Il sindacato deve stare dentro questo processo di cambiamento, ma badando a non farsi occupare o strumentalizzare dai partiti o dalle loro schegge.»

 

La democrazia sindacale nel documento dei 20 è un valore costitutivo, una premessa, e la tua relazione sembra accogliere questa analisi. Ma come si concilia la tua adesione al documento dei 16 che pone come primo obiettivo il sindacato unitario, e solo dopo le regole?

«Questa è una domanda un po’ bizzarra…»

 

Non mi pare proprio.

«Ma io la considero tale. Mi pare un po’ bizzarro questo modo di ragionare sui venti, sui sedici, questo ridurre tutto a logiche di schieramento. Nella CGIL c’è una discussione aperta, libera, con pronunciamenti individuali e collettivi che fanno parte di una ricerca e non di uno scontro. La mia opinione è che occorre un rapporto stringente tra la prospettiva unitaria e la riforma democratica del sindacato. In questo senso è importante l’iniziativa di legge della CGIL.»

 

Tuttavia nella relazione giudichi «pretestuosa» e «capziosa» la polemica tra chi premette le ragioni della democrazia a quelle dell’unità, e viceversa, ma trascuri il fatto che in questa polemica è in gioco la concezione stessa del sindacato.

«Se i problemi fossero semplici, li avremmo già risolti. Invece sono complicati, il processo unitario è tutto da costruire. Limitarsi a registrare le posizioni di partenza è un’operazione del tutto sterile. Se vogliamo mettere in campo una nostra iniziativa, e non limitarci a registrare le posizioni, in una fase in cui c’è grande accelerazione dei processi, occorre premere affinché nelle confederazioni maturi sul serio il tema dell’unita legandolo ad un’esigenza democratica fondamentale. Questo è il punto: tenere insieme le due cose. Se invece la proposta di legge CGIL venisse intesa come un “ora andiamo avanti da soli”, allora sarebbe un errore. La proposta è aperta al confronto, è un contributo della CGIL al processo unitario. Non vedo una contraddizione e, francamente, non ho capito le reazioni, un po’ nervose, al cosiddetto documento dei 16, che forse è un po’ generico, ma comunque sollecita un forte impegno della CGIL per l’unità e per la democrazia.»

 

Perché dai una lettura così critica al referendum per l’articolo 19? Pensi che senza il referendum sarebbe possibile la nuova legge? E perché, invece che per una rapida soluzione legislativa, nella relazione spingi per attenuare le RSU di cui anche tu riconosci la precaria impostazione?

«Mi attengo alle posizioni assunte dalla CGIL nazionale. Il vero limite dell’accordo sulle RSU è che fin qui non siamo riusciti a realizzarlo, in verità non solo per inerzia della CISL, ma anche per inerzie nostre. Dobbiamo avviare esperienze concrete. Auspico anch’io un iter legislativo rapido. Ma poiché ciò dipende da variabili politiche assai incerte, c’è bisogno ora, senza rinvii, di realizzare dei passi concreti per garantire nuove regole democratiche di rappresentanza.»

 

Ma sul referendum?

«Può essere sostenuto individualmente, ma la CGIL come tale non è impegnata. Così si è deciso al direttivo nazionale. Il referendum non risolve il problema.»

 

Lo dicono quasi tutti, ma molti riconoscono una sua funzione positiva, quella di sollecitare la nuova legge.

«Ma il Parlamento in ogni caso dovrà affrontare questo tema, e già sono state avanzate numerose proposte di legge. Non mi pare che sia indispensabile la leva del referendum che, secondo me, non avrà una grande influenza. Non c’è bisogno di un grimaldello per aprire una discussione politica che è già aperta.»

 

Martedì riprende il direttivo della CGIL lombarda. Agostinelli, primo dei venti firmtari, voterà contro la tua relazione, qualora si votasse. Pur apprezzando alcuni tuoi spostamenti, ritiene che non sei sceso in campo con decisione sulle nuove regole, né sul processo di rinnovamento della CGIL. Tu come risponderai?

«In segreteria abbiamo deciso, con il consenso anche di Agostinelli, di aprire una discussione libera, senza farla precipitare con un voto. Per cui la relazione non verrà messa ai voti e non verranno messi ai voti altri documenti. Che senso hanno dichiarazioni di voto quando si è concordata questa procedura? Tra i “venti” c’è chi ha apprezzato la relazione, almeno in alcune parti. Ma non abbiamo bisogno di contarci, se vogliamo agire nell’interesse della CGIL, ma di un’azione di chiarimento e approfondimento. E dobbiamo assumerci il problema degli sbocchi, del governo unitario dell’organizzazione. Penso che questo sia un dovere che si debbono assumere tutti, proprio per promuovere il necessario processo di rinnovamento della CGIL per il quale io mi sento personalmente impegnato.»



Numero progressivo: B9
Busta: 2
Estremi cronologici: 1993, 30 maggio
Autore: Giovanni Laccabò
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “L’Unità”, 30 maggio 1993