[CONGRESSO DS DI MILANO, MARZO 2007]
Intervento di Riccardo Terzi
Siamo ad un passaggio decisivo, e non possiamo permetterci di sbagliare le nostre mosse, anche perché potrebbe non esserci una partita di ritorno. Non possiamo perciò limitarci a registrare gli esiti congressuali, i sì, i no e i forse, e dobbiamo valutare attentamente, senza leggerezza, tutti gli argomenti di dissenso e di riserva, non per prendere tempo e dilazionare le scelte, ma per decidere con un grado più alto di consapevolezza.
La domanda preliminare è questa: che cosa è oggi la politica e dove sta andando? La mia tesi è che ci stiamo pericolosamente avvitando in una crisi del sistema politico, in una rottura del rapporto di fiducia tra la società reale e le istituzioni democratiche. Le ultime elezioni politiche hanno consegnato al centro-sinistra la guida del Governo, ma non hanno ribaltato quei dati di fondo, strutturali e di lungo periodo, che ci segnalano l’emergenza di una crisi. Ad essa concorrono diversi fattori: la frammentazione partitica, con il proliferare di piccoli partiti “personali”, invadenti e litigiosi, una generale caduta dei livelli di partecipazione democratica, per cui la politica appare sempre più come un mondo chiuso, come il campo di un conflitto di potere che resta tutto interno alle oligarchie, l’immagine di un bipolarismo rissoso e sgangherato, nel quale non è in gioco il progetto per il paese, ma solo l’occupazione delle posizioni di comando.
E nel frattempo nella società reale continuano ad operare, con grande forza, tutti quei processi che allargano le diseguaglianze e producono esclusione, precarietà, incertezza. Non è apparsa finora una efficace linea di contrasto. Il paese assiste alla politica con crescente disincanto e freddezza, e si sta accumulando un pericoloso potenziale di sfiducia, di estraneità, e anche, in alcuni settori, di livore e di attaccamento ai piccoli interessi corporativi o localistici, proprio perché non si riesce a vedere nessun disegno di insieme. Questa situazione, dobbiamo riconoscerlo, non siamo riusciti a ribaltarla. E tutto questo può precipitare, anche in tempi brevi, in una crisi che fa saltare gli attuali fragili equilibri.
In una condizione di crisi strisciante, si riapre tutto il gioco politico ed è decisiva la capacità di prendere l’iniziativa, di forzare la situazione e di spingerla verso nuovi sbocchi. Ciò che per ora si vede chiaramente all’opera è il progetto di ricostruzione di un centro moderato, un progetto non ancora del tutto maturo, ma che può divenire, ad un certo punto, lo sbocco logico della situazione, se continua l’attuale stato di logoramento e di instabilità del quadro politico. In questa medesima direzione agisce il nuovo protagonismo politico della Chiesa cattolica, che tende a sfruttare la fragilità della politica per imporsi come una superiore magistratura morale, cui spetta la parola decisiva in tutte le questioni di carattere etico. Il progetto neo-centrista, quindi, riapre tutto il capitolo dell’autonomia della politica e della laicità dello Stato. Nello stesso tempo, si può sempre riproporre il rilancio in grande stile del populismo reazionario, che ha ancora nel paese delle solide basi di massa.
È a questi problemi che dobbiamo cercare di rispondere con una nostra iniziativa forte, se non vogliamo essere travolti. Stare fermi, in attesa degli eventi, vorrebbe dire subire l’iniziativa di altri. Una linea di navigazione prudente sarebbe, nelle condizioni date, una scelta arrischiata.
Né basta coltivare la nostra identità, la nostra storia, perché si tratta di decidere come la rendiamo oggi efficace e attuale, in vista di quale progetto, sapendo che anche le identità più gloriose possono deperire se non sanno rinnovarsi e attualizzarsi. La discussione di oggi, a mio giudizio, è tutta e solo politica, e non dobbiamo affatto vederla come una nuova tappa di un processo di rimozione e di abiura. Non è l’epilogo conclusivo di una storia di fallimenti. AI contrario, dobbiamo ragionare con l’ambizione di chi pensa di avere una più nitida visione della storia e delle necessità del paese. E pensa che il suo patrimonio storico possa essere una straordinaria risorsa per il futuro.
La proposta del partito democratico ha questo valore, di una iniziativa che punta a farci uscire dalle secche e che entra direttamente in competizione con i disegni neo-centristi. L’esito naturalmente non è scontato, e molto dipenderà da come tutta questa operazione sarà impostata, dalle forze che la sostengono, dalla capacità che avremo di attivare nuove risorse democratiche. La scommessa è chiara: avviare, in controtendenza, un nuovo processo di aggregazione, prendendo sul serio il messaggio unitario dell’Ulivo, che integra in una nuova sintesi le diverse tradizioni democratiche del paese, e puntare, per questa via, ad una più larga partecipazione popolare, raccogliendo la domanda di un forte rinnovamento della politica.
Certo, se il prezzo da pagare è quello di una nuova scissione, grande o piccola che sia, la forza di attrazione di questo progetto sarebbe gravemente offuscata. Dobbiamo cercare di scongiurare questo sbocco, discutendo più a fondo dei caratteri e delle forme democratiche del nuovo soggetto politico, che dovrà essere il luogo di incontro di un vasto arco di forze, e che dovrà segnare una rottura con le politiche verticistiche fin qui prevalenti, dotandosi di una struttura aperta, partecipata, e di rigorose procedure democratiche. Se non fosse così, se fosse solo un accordo di vertice, sarebbe un’impresa insensata, un delirio burocratico. Fin da ora noi dobbiamo mettere del tutto in chiaro questo punto, che è davvero essenziale, e dobbiamo attrezzarci per vigilare e per controllare democraticamente l’intero processo.
La forma democratica del partito è anche la garanzia della sua laicità, perché su ogni tema sarà il libero confronto delle idee a determinare le posizioni politiche, operando sempre quello sforzo di mediazione e di sintesi che è necessario per impedire che si ritorni al fondamentalismo delle guerre di religione.
Sono tutte condizioni che dovranno essere costruite e verificate. Con il Congresso decidiamo di avviare una fase costituente, che non dovrà essere un atto rituale, ma un momento vero di confronto e di approfondimento. C’è ancora un grande lavoro da fare per dare a questo progetto un fondamento, una più solida base culturale, una elaborazione che sia all’altezza della sfida. Il congresso quindi non deve rilasciare nessuna cambiale in bianco al gruppo dirigente, ma deve fissare le condizioni e i vincoli, le garanzie democratiche per tutti, per impostare la fase costituente come un grande evento partecipativo, come l’inizio di un rinnovamento della politica.
Busta: 8
Estremi cronologici: 2007, marzo
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Stampa da file PC
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Politici - Riflessioni politiche -