IL CUORE DI RICCARDO
Filosofo, comunista, sindacalista: il primo volume delle opere di Riccardo Terzi
Recensione di Damiano Tavoliere del libro “Sindacato, politica, autonomia”
«La democrazia ha subito uno strano destino: nata come l’irruzione delle energie vitali della società civile nello spazio della politica, sembra oggi capovolgersi nel suo opposto, in un rispetto solo formale e astratto delle regole e delle procedure. Da forza di cambiamento diviene forza di conservazione, segno evidente della sua decadenza e del suo svuotamento». Parole puntute, amare, sferzanti.
Riccardo Terzi è morto nel 2015 a 73 anni. Presto, troppo presto per una Sinistra ormai assente o smarrita, incarnata più da politicanti che da politici, individui di “decadenza e svuotamento”, per l’appunto, di incerta personalità e claudicante incultura, ignari d’un passato sul quale non amano riflettere, anzi sovente negato a priori perché ritenuto fardello pesante e conoscenza superflua in un’epoca di corta miopia. «La manutenzione tecnica del sistema è l’unica bussola. I partiti politici sono oggi strumenti di intrappolamento che impediscono l’esercizio della democrazia come pratica sociale di massa. Vita e politica sono del tutto divaricate, incomunicanti»: altra perla che si trova in Sindacato, politica, autonomia (ed. Ediesse-CRS, pag. 174, euro 12, prefazione di Salvatore Veca più altri contributi). È in corso una pazzesca mistificazione nel «tentativo di un’estrema concentrazione del potere, coi miti della velocità e del cambiamento… Occorre un’operazione di bonifica del linguaggio, ed è buon criterio quello indicato da papa Francesco per cui “dietro ogni eufemismo c’è un delitto”: è necessario liberarci di tutta la zavorra della corrente ipocrisia».
Negli anni Ottanta, marginalizzato dal PCI per la sua opposizione al “Compromesso storico”, proseguì l’impegno nella CGIL, accolto a braccia aperte da Lama prima e Trentin poi, giganti capaci di cogliere valori e valenze in persone elevatissime eppur discrete, refrattarie al protagonismo narcisista. In Cgil ha lavorato fino alla fine, nell’ultimo decennio due volte segretario nazionale Spi dove si occupava di cultura e ricerche. I sindacati – compresa la Cisl di Pierre Carniti, e non solo – riconoscevano la sua indiscussa apicalità.
Acuto, paziente, accorato, determinato: «La forza del negativo è il trasformismo, e già a Bruno Trentin la politica attuale appariva come il segno di un generale trasformismo: sta qui la ragione del distacco, del rifiuto della politica, si vede solo la competizione per il potere e non la competizione dei progetti… Troppi sembrano affascinati dal modello del leader carismatico a cui si consegna la facoltà di fare e disfare secondo il suo arbitrio, senza che ci sia neppure l’ombra di una discussione collettiva». Assistiamo alla «devastazione del pensiero perché ogni tentativo di guardare oltre la realtà data è subito bollato come inaccettabile invadenza dell’ideologia. Il politico moderno, insomma, è il politico che ha rinunciato a pensare». Frasi limpide, razionalmente inoppugnabili, che Terzi scriveva dieci anni fa sul sito della Fondazione Di Vittorio – ben prima della resistibile ascesa d’un boy scout a Palazzo Chigi – e ribadiva a un convegno nazionale Fiom a pochi mesi dalla fine. Ce n’è anche per le OO.SS.: «Nella stessa pratica sindacale della Cgil, Trentin denunciava uno scarto fra il dire e il fare, fra principii affermati e gestione di fatto delle politiche contrattuali, spesso guidate dalle convenienze di alcuni segmenti del mondo del lavoro o da un calcolo contingente dei rapporti di forza»; ad esempio gli accordi che fissano «un duplice regime contrattuale, più vantaggioso per i vecchi assunti, meno per i nuovi, dove si rompe la solidarietà di classe e c’è solo la difesa corporativa degli interessi meglio protetti e tutelati», mentre si tratta di «porre al centro il tema di una cittadinanza universale e inclusiva, con pari diritti e pari doveri per tutti», e su questa base aprire «all’azione sindacale un nuovo, straordinario campo di iniziativa: verso i giovani, le figure più svantaggiate, i lavoratori immigrati».
Terzi approdò ventenne alla scelta comunista attraverso gli studi filosofici. Continuò la militanza partitica nelle varie forme della metamorfosi a sinistra, per convinzione ossessivamente unitaria che nulla salus extra ecclesiam. Fino a che tutto, ma proprio tutto, prese strade involutive così lontane da non lasciare più margine a qualsivoglia illusione: nel 2013 lasciò il Pd rassegnando irrevocabili dimissioni da personaggi straniti in alleanze a destra contronatura.
Riccardo ci manca, eccome se ci manca!
Busta: 9
Estremi cronologici: 2017, 28 ottobre
Autore: Damiano Tavoliere
Tipo: Recensioni
Serie: Cultura -
Pubblicazione: “il Manifesto”, 28 ottobre 2017