Dopo l’assemblea congressuale del 15 dicembre, che ha deciso la nomina di D’Alema a Presidente del Partito, ci sembra necessaria una verifica politica all’interno dell’area della sinistra, per mettere a fuoco le nostre prospettive per il prossimo futuro.

Il problema di fondo che abbiamo di fronte è quello di avviare un processo politico dentro il partito che possa sfociare nella costruzione di una nuova maggioranza.

Il che significa individuare i possibili interlocutori e agire dentro le contraddizioni della maggioranza politica che si era costituita al congresso di Torino e che è ora palesemente in crisi. Sotto questo profilo, non ci sembra che la linea di azione dell’area della sinistra sia stata sufficientemente efficace e produttiva di risultati.

L’assemblea congressuale di Roma è un indice significativo delle nostre difficoltà e del rischio di una posizione marginale, come dimostrano anche i dati numerici per l’elezione del Presidente, con un numero di voti contrari molto al di sotto della nostra quota congressuale.

Ci risulta che molti compagni non hanno compreso o condiviso la linea d’azione adottata, la quale rischia di tradursi in una posizione di semplice testimonianza, apparendo così anche noi bloccati in attesa del risultato elettorale.

Nel momento in cui è obiettivamente aperta una crisi della direzione politica del partito, dobbiamo e possiamo intervenire dentro questa crisi con una nostra iniziativa. Con quali passaggi tattici, con quale impostazione di fondo, è tutto da discutere.

Ma è proprio questa capacità di iniziativa che non è apparsa in evidenza in questi ultimi mesi, lasciando come un’impressione di passività, come è accaduto, ad esempio, in tutta la vicenda dell’indicazione del candidato premier del centro-sinistra: una vicenda assai significativa sia per le modalità verticistiche del processo decisionale, sia per il significato simbolico che la scelta di Rutelli assume sotto il profilo della cultura politica e dell’asse strategico del centro-sinistra. Insomma, il rischio che noi vediamo è quello di una posizione che non riesce ad incidere, a spostare i rapporti di forza, a determinare un nuovo corso politico, limitandosi ad esprimere un dissenso di principio che resta fine a se stesso.

In questa situazione, le contraddizioni dentro la maggioranza si possono ricomporre in un nuovo equilibrio o in un nuovo patto di potere, senza che sia visibile una possibile linea alternativa. L’assemblea congressuale ha avuto fondamentalmente questo segno, nei commenti esterni come nella percezione interna, il segno non di una correzione di linea, ma di un recuperato controllo del vertice del partito, mettendo ai margini la necessità di una discussione politica e strategica.

Che il problema sia complicato e difficile, è del tutto evidente, come è evidente che non tutto dipende da noi e che i nostri margini di iniziativa sono fortemente condizionati. E quindi la nostra è solo una richiesta di discussione, di approfondimento, sapendo che ci troviamo in una fase estremamente delicata e di grande difficoltà.

Si tratta però di un chiarimento e di una discussione che occorre fare con urgenza, per ridefinire l’asse della nostra iniziativa politica, da qui alle elezioni e dopo le elezioni.

Non possiamo adattarci ad essere una minoranza tollerata e marginale, come nei fatti si sta verificando. Ci sembra quindi utile e necessaria una verifica generale dei nostri obiettivi strategici, attraverso una discussione democraticamente organizzata con la più larga partecipazione dei nostri quadri.

Ciò può essere fatto subito dopo la pausa festiva, anche per definire il nostro contributo politico e programmatico alla prossima campagna elettorale.