SOCIETÀ BORGHESE E PROSPETTIVE SOCIALISTE
di Riccardo Terzi
Nel dibattito sulla prospettiva socialista, se non vogliamo combinare del pasticci ideologici, è necessario attenersi ai dati della realtà, i quali soltanto ci possono illuminare sulla via da seguire.
«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente.» Così si esprimeva Marx nella Ideologia tedesca, e questo resta l’unico modo scientifico per affrontare la questione della società socialista. Il socialismo non è un ideale astratto, elaborato da questo o da quel teorico della rivoluzione, ma è invece lo sbocco necessario delle contraddizioni che si sono storicamente accumulate, e quindi la forma concreta di ogni singola società socialista dipende dalla natura di quelle contraddizioni, dal processo storico che l’ha determinata secondo un’impronta originale.
Ogni discussione sui sistemi socialisti oggi esistenti deve muovere dunque, per non perdersi nell’astrattezza, dalla comprensione dello svolgimento storico rivoluzionario proprio di quel paese. Ora, pur nella diversità delle singole situazioni nazionali, vi è un dato comune che caratterizza i paesi del campo socialista, con la sola eccezione della Cecoslovacchia, e cioè l’aver iniziato la costruzione del socialismo in condizioni di arretratezza, senza poter poggiare sulle basi materiali di una società capitalistica sviluppate.
Superare i ritardi storici
Questa particolare origine storica, che non rientra nello schema classico del marxismo, ha determinato una forma concreta di sviluppo socialista, nella quale le esigenze di direzione e di centralizzazione prevalgono su quelle della partecipazione dal basso. E ciò avviene in modo indipendente dalla volontà soggettiva, perché si tratta di superare ritardi storici profondi, e questo sviluppo accelerato non può avvenire senza una energica azione dirigente.
È del tutto inutile fare la predica alla storia, e dire che le cose sarebbero dovute procedere diversamente; il processo rivoluzionario, infatti, è il risultato di tensioni oggettive, e l’asprezza della lotta, le lacerazioni che essa comporta, sono espressione delle asprezze e degli antagonismi sociali. Quello che importa, dunque, non è delineare in astratto un modello di socialismo, ma capire quali sono le spinte oggettive che fanno maturare, nella realtà, l’esigenza del socialismo.
Sviluppo dei rapporti sociali
Nel progetto di tesi per il nostro XII Congresso si parla, appunto, di «necessità oggettiva del socialismo», il che significa che la nostra via di avanzata al socialismo dipende dalle condizioni in cui avviene la lotta, dal grado e dal tipo di sviluppo dei rapporti sociali.
In Italia, l’esistenza di un livello già molto avanzato di sviluppo capitalistico, e in secondo luogo l’esistenza di una democrazia politica, che si è conquistata e difesa nel vivo delle lotte popolari, tutto questo imprime al processo rivoluzionario una particolare traiettoria. In queste condizioni, la lotta socialista non può risolversi in un’esplosione insurrezionale, ma può essere solo un processo graduale di conquiste, «nel corso del quale le forze rivoluzionarie tendono a spostare continuamente, con l’azione, i rapporti di forza a favore delle masse popolari.»
La consapevolezza di questa nuova situazione era già presente nelle opere mature di Engels, il quale giunge a dire che «noi, i rivoluzionari, i sovversivi, prosperiamo molto meglio coi mezzi legali che coi mezzi illegali e con la sommossa», ed ancora più in Gramsci, che sostiene la necessità di una guerra di posizione, attraverso la quale smantellare progressivamente le posizioni di potere delle borghesie.
Se, fino ad ora, la traiettoria dei socialismo si è spostata verso le aree dei paesi capitalisti arretrati, o addirittura dei paesi coloniali, ciò non può essere inteso come una legge storica generale, ma anzi sempre più urgente appare, per tutto il movimento comunista, la questione della rivoluzione nell’occidente, e cioè nel cuore delle contraddizioni capitalistiche.
Affrontare questo problema è appunto la nostra responsabilità, il nostro compito internazionalista; ci dobbiamo guardare dalla tentazione di essere soltanto coloro che solidarizzano con la rivoluzione degli altri, senza avere noi stessi una linea coerente di lotta e di azione, nella concretezza della nostra situazione nazionale.
Ebbene, in questa nostra situazione, due elementi mi sembrano decisivi: il primo è l’organizzazione, la creazione di un grande movimento disciplinato, che sappia validamente contrapporsi al potere della classe avversaria, il secondo elemento è quello ideologico, e cioè la conquista dell’adesione cosciente, la costruzione di una egemonia, il che comporta, come Gramsci stesso ha chiaramente indicato, una riforma morale e intellettuale, la fondazione di una nuova ideologia che getti le sue radici nella coscienza popolare.
Per questo, è illusorio ogni tentativo di far camminare il movimento socialista solo in virtù di piccole e parziali battaglie rivendicative, è senza sbocco ogni politica di corto respiro, così come è altrettanto pericoloso dissolvere l’ideologia in un criticismo assoluto, togliendo ai nostri principi la loro corposità, la loro evidenza popolare. Nell’uno e nell’altro caso, la classe operaia, forza motrice della lotta rivoluzionaria, viene lasciata alla sua spontaneità e privata di quella guida politica che è condizione di ogni successo.
La questione delle alleanze
Si tratta dunque di organizzare un esercito disciplinato e cosciente, capace di combattere su tutti i fronti dello scontro di classe: si tratta di dare il senso di questa lotta, di questa trincea aperta nel cuore della società, di questo antagonismo che parte della società civile per elevarsi fino allo Stato e alle sovrastrutture culturali, e si tratta di mobilitare in questa lotta sempre nuove energie, fino a che i rapporti di forza e di potere siano finalmente sovvertiti.
In questo quadro si pone la questione delle alleanze, della politica unitaria, del pluralismo delle forze e dei movimenti rivoluzionari.
L’attacco al potere dello stato borghese deve essere condotto da tutti i lati, da diverse prospettive, deve essere un attacco concentrico che mobiliti tutte le energie disponibili alla lotta. Ciò ci conduce ad indicare una linea di sviluppo della stessa futura società socialista, che mantenga in se stessa i caratteri del pluralismo e della libera dialettica politica.
Ma anche questo, sia chiaro, non può essere un dogma o una questione di principio, è solo l’indicazione di una prospettiva che deve misurarsi concretamente con i problemi della lotta rivoluzionaria. Ciò che è decisivo non è la previsione del futuro, sempre affidata all’incertezza e soggetta ai pericoli dell’utopia, ma è invece la conquista, nel presente, di nuovi rapporti di potere.
Compito dei comunisti è quello di essere all’avanguardia della lotta, di cogliere tutte le occasioni che si presentano, modellando di volta in volta la loro tattica sulla base delle condizioni obiettive. Il socialismo, comunque sia conquistato, vale sempre la pena di essere conquistato.
Busta: 7
Estremi cronologici: 1968, 15 novembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Nuova Sesto”, 15 novembre 1968