IL RAPPORTO COL PSI È UN PUNTO NEVRALGICO NON RISOLTO
di Riccardo Terzi
Nel documento politico per il XVI Congresso del PCI l’idea centrale che regge tutto il complesso dell’elaborazione è quella dell’alternativa democratica, chiaramente definita come proposta di uno schieramento di governo che esclude la DC e che si deve fondare su un’intesa a sinistra.
Nei quattro anni che ci separano dal Congresso precedente è maturata quindi una svolta assai netta, uno spostamento sostanziale degli obiettivi politici del partito. Ed è importante che questa scelta non equivoca per l’alternativa venga sancita nel momento stesso in cui la DC, con la nuova segreteria di De Mita, tenta un aggiornamento e una correzione tattica della sua linea politica.
Ciò significa che il carattere antagonistico dei rapporti tra DC e PCI non dipende dagli equilibri interni alla Democrazia Cristiana, che non ci si affida, come più volte è stato nel passato, alla possibile evoluzione dei settori popolari e democratici della DC, che il giudizio quindi investe la DC nel suo complesso, nell’unità articolata e mobile che risulta dalla differenziazione e dallo scontro tra diversi raggruppamenti interni, nessuno dei quali è portatore di un modello alternativo di organizzazione del potere.
Vengono così modificati alcuni capisaldi strategici su cui si reggeva la politica del compromesso storico. La svolta c’è, chiarissima, e le formulazioni del documento congressuale non danno luogo ad ambiguità. Resta però la necessità di una riflessione critica approfondita su tutta l’esperienza degli anni passati, per vedere più a fondo quali insegnamenti se ne debbono trarre e qual è il senso, la portata, di questo passaggio di fase che si compie con la scelta strategica dell’alternativa.
Non si tratta di cancellate la parola “compromesso storico”, ma di ripensare criticamente ciò che essa ha significato, e di precisare quindi, con chiarezza, quali sono gli elementi di innovazione, di correzione rispetto ad un passato che è ancora vivo e attuale nella coscienza del partito e nel dibattito della sinistra.
Questa riflessione retrospettiva è tra l’altro necessaria per evitate sommari giudizi liquidatori sul triennio della solidarietà democratica e per impedire che riprendano forza atteggiamenti di settarismo e di primitivismo politico. Sarebbe questo infatti il modo più sicuro per affossare ogni progetto di alternativa.
Credo inoltre che il dibattito congressuale sarà posto di fronte ad un problema politico concreto e particolarmente arduo. Il fatto è che nelle condizioni politiche attuali un processo reale di alternativa è ben lontano dall’essere anche solo impostato e preparato. La situazione politica sta prendendo un indirizzo del tutto diverso, e il PSI sembra essere rassegnato a giocare per un periodo di tempo non breve un ruolo di comprimario all’interno di un sistema politico ancora tutto dominato dalla centralità soffocante della Democrazia Cristiana.
Vi è quindi il rischio che il tema dell’alternativa si riduca ad un’astrazione, che non incida nella realtà, che si svilisca nella retorica propagandistica. In altri termini, il problema su cui occorre lavorare, con urgenza, è quello dell’iniziativa politica immediata, della tattica, dei percorsi politici che è possibile individuate e tentare in questa fase.
Qualcuno forse può vedere con sollievo il fatto che il Partito Socialista ridimensioni le sue ambizioni fino al punto da avallare i propositi di restaurazione di Fanfani. Ma una tattica che punti solo a raccogliere i frutti dell’opposizione sarebbe miope e perdente. Bisogna vedere invece quale spazio c’è, subito, per far saltate il disegno di Fanfani e della DC e per riaprire un dialogo a sinistra, quali possibilità possono essere offerte dal dibattito apertosi nel PSI, dallo stato di inquietudine e di incertezza che è presente in una larga fascia di quadri socialisti, quali proposte possono essere avanzate per un diverso sviluppo della situazione politica.
In sostanza, se l’alternativa vuole essere già da ora una guida per l’azione politica, dobbiamo cercare in ogni modo di imbrigliare la manovra democristiana e di sviluppate una iniziativa verso il PSI e verso i partiti laici per preparare soluzioni diverse da quelle, davvero pessime, che in questi giorni si sono realizzate.
Con la conclusione della crisi di governo, si compie un passo indietro, grave e preoccupante. Non bisogna dare tregua a chi lavora per ricostruire vecchi equilibri. Si pone perciò, il problema della tattica e degli obiettivi a breve termine. In ogni caso occorre una linea politica duttile che sfrutti tutte le possibilità e che lavori per impedire una stabilizzazione moderata e una ripresa di egemonia democristiana.
La discussione sui rapporti con il PSI costituisce, pertanto, un punto nevralgico: la politica dell’alternativa ha qui il suo banco di prova più impegnativo. Se i rapporti nella sinistra restano allo stato attuale, tutta la linea politica che il documento congressuale cerca di definire andrebbe a finire in un vicolo cieco.
C’è quindi, nella proposta politica per il XVI Congresso, un elemento di azzardo e di rischio. Puntiamo le nostre carte su un’ipotesi ancora tutta da verificare, sulla possibilità di imprimere una nuova dinamica unitaria alla sinistra nel momento stesso in cui la tendenza sembra essere del tutto diversa. E questa contraddizione può essere rimossa solo se l’azione politica nostra riesce anche a spostare forze reali nella società, a organizzare e mobilitare forze sociali.
Il sistema di potere democristiano può essere disarticolato solo se si interviene sulle sue basi sociali, solo con una vasta politica di alleanze e con lo sviluppo di movimenti di massa.
I temi della collocazione internazionale del PCI, che fin qui hanno avuto il maggior rilievo nel nostro dibattito interno, hanno un legame organico con la proposta di alternativa democratica, e la discussione su di essi ha un valore politico di prima grandezza. Sarebbe sbagliato, a me pare, intendere questa discussione come se si trattasse solo di fare i conti con una sopravvivenza storica, con un vecchio retaggio ideologico in via di estinzione.
In realtà, la sfida dell’alternativa si colloca dentro una visione dei rapporti internazionali in cui l’accento è posto sul ruolo che possono avere le sinistre europee e sulla possibilità di una loro ricomposizione unitaria. È da qui che viene una collocazione internazionale del PCI di tipo nuovo, che esce fuori dalla tradizione dei partiti comunisti, proprio in quanto si tratta di rimettere in discussione le divisioni che si sono storicamente formate nel movimento operaio, di rimescolare le carte, di guardare alle nuove potenzialità. In un certo senso, quindi, avviene uno spostamento di campo, si compie uno strappo.
L’opposizione che si manifesta nel partito non è un residuato dello stalinismo, ma è l’espressione di una diversa analisi dei rapporti internazionali e delle forze motrici del socialismo su scala mondiale. È qui il senso della discussione sulla “spinta propulsiva”, che non è disputa accademica, formalistica, ma tocca invece una questione essenziale di strategia. È bene dunque che questa discussione si faccia con la chiarezza di un confronto politico serrato ed esplicito. Per questa via si innesta anche un processo di democratizzazione della vita interna del PCI che non può che essere salutare. Sul problema del partito e del suo necessario rinnovamento c’è ancora un ritardo, c’è una forza d’inerzia che tuttora pesa. Ma le cose non stanno e non staranno ferme.
Già il dibattito nel Comitato centrale ha segnato un’evoluzione positiva. E più in generale è crescente nel partito la convinzione che sia storicamente maturo il problema di una riforma dei modi di organizzazione e dei processi di formazione delle decisioni.
È una discussione che dovrà essere fatta seriamente, senza improvvisazioni, senza facilonerie, e senza disperdere in nessun modo un patrimonio politico che è prezioso e che mantiene, per tutta la sinistra e per l’intera vita democratica del paese, un grande valore.
Nel corso del dibattito congressuale potrà andare avanti una ricerca su questi temi, e via via potrà prendere corpo la fisionomia di un moderno partito di massa, capace di realizzare, sia al proprio interno sia nei rapporti con la società, un grado più alto di partecipazione democratica e di trasparenza delle decisioni.
Busta: 7
Estremi cronologici: 1982, 16 dicembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Pace e guerra”, n. 3, 16 dicembre 1982, pp. 35-36