OLTRE LA CENTRALITÀ OPERAIA
I problemi posti dai tecnici e dai quadri intermedi
Concludiamo il dibattito aperto da Riccardo Terzi sul n. 40 del 1981, nel corso del quale sono intervenuti Fausto Bertinotti (n. 46), Luigi Arisio (n. 49), Umberto Minopoli e Giuliano Cazzola (n. 1 del 1982), Antonio Pizzinato (n. 2).
Intervento di Riccardo Terzi
Lo schema dei nucleo forte non regge più e diviene un ostacolo, anzi un freno, allo sviluppo dei movimento. L’unità di classe può essere ricomposta solo riconoscendo la complessità dell’articolazione, le differenziazioni reali, il peso che obiettivamente assumono oggi le figure sociali emergenti
Il tema della nostra politica verso i quadri e i tecnici ha incontrato un vasto interesse nel partito, nei gruppi dirigenti del sindacato, negli esponenti del movimento dei quadri. Abbiamo avuto così una conferma significativa del valore politico e strategico che assume oggi tale questione. Cercherò di trarre qualche considerazione conclusiva, prendendo in esame i diversi contributi che sono venuti al dibattito, e tenendo conto anche di quegli articoli che Rinascita non ha potuto pubblicare e che saranno comunque utilizzati come materiale di documentazione per la preparazione della conferenza nazionale dei quadri e dei tecnici, che si terrà a Milano agli inizi di marzo.
In molti interventi è stata messa in luce, opportunamente, l’estrema complessità e l’interna differenziazione di questo particolare universo sociale, dei quadri e dei tecnici, che non può essere ricondotto a una definizione univoca ed esclusiva, ma rappresenta piuttosto una realtà in movimento, un complesso vario di tendenze e di trasformazioni che sono in atto nel processo produttivo e nella composizione di classe. È necessario procedere ad analisi puntuali, c’è ancora tutto un lavoro di ricognizione che deve essere fatto, e qualche conclusione chiara potrà essere ricavata solo sulla base un vasto lavoro di ricerca. Appare in ogni caso evidente che la categoria dei quadri, proprio per la sua collocazione “mediana”, per il suo ruolo di cerniera tra la dirigenza e la massa dei lavoratori, sta ad indicare una realtà mobile, flessibile, i cui confini non possono essere tracciati in modo netto e definitivo. Per questo, una posizione di tipo “corporativo” risulta essere inefficace, perché il problema dei quadri non può trovare soluzione in un ambito chiuso, ma solo in una visione complessiva dei processi produttivi, dei modi di organizzazione del lavoro, dei rapporti tra i diversi comparti della classe lavoratrice.
Questa avvertenza metodologica non deve però offuscare il dato politico: l’esistenza di un movimento che ha una sua autonomia, una sua specificità, forme proprie e originali di coscienza collettiva. La novità che deve essere colta è essenzialmente in questo processo politico, in questa tendenza a organizzarsi come forza autonoma, come soggetto politico che ha un proprio ruolo originale da svolgere all’interno del mondo del lavoro. Di fronte a ciò, è necessario rinnovare profondamente i nostri criteri di valutazione, altrimenti rischiamo di giudicare tutti questi fenomeni solo nel loro possibile risvolto corporativo, con un atteggiamento sterile di diffidenza, e non cogliamo le nuove grandi potenzialità. È il tema dell’unità di classe che va oggi affrontato in termini nuovi. Negli anni passati il movimento si è organizzato secondo uno schema concettuale basato sulla centralità del “nucleo forte” di classe operaia, che agisce come fattore trainante e come modello per l’intero movimento dei lavoratori. Ora questo schema non regge più, e diviene un ostacolo, un freno allo sviluppo del movimento. L’unità di classe può essere ricomposta solo nel quadro di un’articolazione complessa, riconoscendo le differenziazioni reali, il peso che obiettivamente assumono nuove figure sociali, non riconducibili alla centralità operaia. Ecco che allora la presenza di un movimento autonomo dei quadri non è più separazione corporativa, ma articolazione necessaria, sviluppo positivo, momento di un’organizzazione di classe che supera i limiti e le chiusure del vecchio operaismo. In questo senso, occorre compiere un’inversione di rotta, e ciò pone a tutto il movimento operaio problemi nuovi e complessi.
Aprendo questo dibattito, abbiamo indicato, in termini ancora necessariamente problematici, alcuni nodi, alcune questioni, su cui occorre ragionare in termini nuovi: le politiche rivendicative, la rappresentanza, la democrazia industriale. Il dibattito ha fornito numerosi motivi di riflessione, ed è comunque importante e positivo il fatto che di tali questioni si discuta, senza dogmatismi, in modo aperto, cercando di vedere i problemi nella loro oggettività, nella loro dimensione reale. Abbiamo alle spalle una fase travagliata: un rapporto teso e difficile tra i quadri e il movimento sindacale, il rischio di una rottura, di una lacerazione. E dobbiamo sapere che ci sono forze che lavorano per questo, che cercano in ogni modo di favorire uno sviluppo della situazione che sia tale da generalizzare e rendere permanente una “separazione” dei quadri dall’insieme del movimento.
Ancora una volta il punto di riferimento è la vicenda della Fiat: l’obiettivo delle forze conservatrici è quello di provocare un analogo processo di rottura su una scala più vasta, di aprire una contraddizione profonda e insanabile all’interno del mondo del lavoro. Ora, la vicenda della Fiat, proprio per questo valore emblematico che ha assunto, va meditata e valutata con grande attenzione. Nel corso di quella vertenza si è misurato non solo lo spirito di lotta delle avanguardie, ma anche la loro incapacità di conquistane un’egemonia politica. Mi sembra che la questione non risolta, il punto di debolezza del movimento operaio, fosse in quel momento nel fatto che non era emersa, con chiarezza sufficiente, una risposta al problema della crisi, un’indicazione positiva di soluzione, un progetto concreto e realistico per uscire fuori dalle drammatiche difficoltà del momento e per riprendere il cammino dello sviluppo.
È anche sulla base di quest’esperienza, valutata criticamente, che giungiamo oggi a considerare come terreno fondamentale di una possibile unità con i quadri e con i tecnici quelle di una cultura industriale moderna, capace di valutare i dati oggettivi della situazione, con estremo realismo, e di indicare le soluzioni, le scelte necessarie per un nuovo sviluppo economico e industriale del nostro paese. Il problema della “democrazia industriale” è quindi davvero un tema politico centrale. Il movimento operaio, che ha conquistato in questi anni una grande forza contrattuale, non è riuscito però ad incidere con efficacia sulle scelte di politica industriale: ciò e avvenuto non solo per le resistenze opposte dalle forze conservatrici ma anche per una certa esitazione dello stesso movimento operaio, per il timore di avventurarsi su un terreno rischioso e scivoloso, che potrebbe compromettere e offuscare il carattere antagonistico della classe operaia, la sua autonomia, la sua peculiarità rispetto alle esperienze di tipo socialdemocratico.
E tuttavia, su questo terreno, per quanto rischioso possa essere, è urgente e necessario camminare. Si tratta non già di offuscare il carattere antagonistico del movimento operaio, ma di portare il conflitto sociale a un livello più alto, di darsi gli strumenti per poter esercitare un potere effettivo di decisione e di controllo sulle scelte di politica industriale, sui processi di ristrutturazione, sulla strategia delle imprese. Su questo terreno, il rapporto con i quadri, con i tecnici, con i dirigenti si impone come una necessità, perché essenziali sono le loro competenze, essenziale è la loro collocazione nel processo produttivo.
In questo modo il movimento operaio può offrire una risposta, positiva e di rinnovamento alla “crisi di ruolo” che ha investito la categoria dei quadri. Da questa crisi si può uscire non con un ripristino anacronistico di funzioni di puro controllo gerarchico e autoritario, ma con un processo di democratizzazione dell’impresa che consenta una trasparenza delle decisioni e un decentramento delle responsabilità.
Qui sta il punto di convergenza sostanziale tra quadri e classe operaia: una rottura della tendenza alla “centralizzazione”, un sistema di organizzazione del lavoro che valorizzi i momenti di autonomia e dia spazio alle competenze, alle capacità professionali, restituendo così ai “quadri” un ruolo essenziale nel sistema produttivo.
Infine, vorrei sottolineare l’urgenza dei tempi. La situazione attuale è ancora fluida, aperta a diversi possibili sviluppi, ma questa partita si dovrà decidere, in un senso o nell’altro, in un periodo di tempo assai ravvicinato. Può esservi, come sbocco, un nuovo livello di unità tra le diverse componenti del mondo del lavoro, o, all’inverso una grave lacerazione che sarebbe utilizzata dalle forze conservatrici per rendere ancora più virulenta e decisa l’offensiva contro il movimento operaio. Per questo, le decisioni devono essere prese ora, con tempestività. Per questo alle esigenze di analisi, di approfondimento, pur necessarie, occorre anteporre la questione delle scelte politiche.
Il primo banco di prova è dato dai contratti. E non si tratta solo dei contenuti delle piattaforme, ma anche e soprattutto dei modi di partecipazione dei quadri e delle loro organizzazioni, alle scelte e alla gestione delle lotte contrattuali. Se è vero, come noi riteniamo, che siamo in presenza di un movimento reale, di un nuovo soggetto politico, e non di un qualsiasi episodio di corporativismo, ciò che decide è l’attenzione politica, la volontà di misurarsi con i problemi reali che questo movimento pone, la disponibilità a ridiscutere e a rivedere le scelte e i comportamenti del passato, vincendo ogni rigidezza e ogni forza d’inerzia. Comunque, è con questo spirito che noi andiamo alla conferenza nazionale, con attenzione al nuovo, con apertura, con una volontà reale di confronto con i protagonisti del movimento. Da questo atteggiamento, da questa scelta, potranno venire una spinta positiva, uno stimolo all’unità e al rinnovamento del movimento dei lavoratori.
Busta: 7
Estremi cronologici: 1982, 5 febbraio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Rinascita”, n. 5, 5 febbraio 1982, pp. 11-12