UNA FASE NUOVA PER I QUADRI
di Riccardo Terzi – Segretario Generale CGIL Lombardia
Il movimento sindacale non è riunito, fin qui, a porre nel necessario rilievo il tema del proprio rapporto con l’area dei lavoratori ad alta professionalità, a farne, come sarebbe necessario, un nodo di carattere strategico.
Anche l’ultimo Congresso della CGIL, che pure ha largamente innovato la cultura politica della Confederazione, ha lasciato questo problema sullo sfondo, e non ha saputo dare uno sviluppo nuovo e dinamico all’iniziativa sindacale in questa direzione.
Eppure oggi vi sono tutte le condizioni per riprendere l’iniziativa, e per correggere gli schemi interpretativi che hanno nel passato inceppato o ritardato l’azione del sindacato.
Proviamo a ripercorrere, a grandi linee, il processo che si è svolto in questo ultimo decennio.
Il movimento dei quadri si impone, in modo prepotente, sulla scena politica nazionale a partire dalla famosa marcia di Torino, nel corso della vertenza alla Fiat, che segna un netto mutamento di fase nelle relazioni sindacali.
Si tenta; sull’onda di quel successo, un’operazione ambiziosa: la costruzione di un’organizzazione sindacale autonoma, capace di assicurare la rappresentanza dei quadri e la loro tutela contrattuale al di fuori dei canali tradizionali, rompendo con il sindacalismo confederale.
E questa operazione viene condotta non solo sul terreno sindacale, ma più in profondità su quello politico e culturale, con la richiesta del riconoscimento giuridico, che viene recepita nella legislazione, e con il tentativo di affermare per il movimento dei quadri una propria autonoma identità culturale, in quanto portatore di una cultura imprenditoriale “moderna” che si contrappone agli schemi ideologici, fondati sull’idea del conflitto di classe, all’interno dei quali l’identità peculiare dei quadri e dei lavoratori di alta professionalità viene negata, appiattita in un’unità di “classe” che annulla le differenze.
Sembra essersi avviato, in quegli anni, un processo non reversibile destinato a sovvertire i tradizionali rapporti sociali, e sull’onda di questo processo si mettono al lavoro i partiti, facendo proprie le ragioni e gli obiettivi del “movimento” dei quadri, il quale si presenta ancora come un arcipelago confuso, con diverse esperienze associative, nessuna delle quali riesce a svolgere una funzione egemone, di guida e di unificazione dell’intera realtà sociale che si intende rappresentare.
Ma questa operazione politica, nata con queste ambizioni, con il progetto di dar vita ad un autonomo soggetto politico, non riesce ad avere efficacia, e nel giro di qualche anno finisce per arenarsi.
Contribuiscono a questo fallimento diversi fattori. Vi è in primo luogo l’atteggiamento delle grandi organizzazioni imprenditoriali, che in un primo tempo incoraggiano le associazioni dei quadri, in quanto introducono una rottura con il sindacalismo confederale, ma poi si oppongono alla prospettiva che esse assumano un effettivo ruolo di rappresentanza e un rilievo contrattuale, privilegiando un rapporto di tipo individuale con i quadri aziendali, che non devono avere altra identità se non nella piena identificazione con la politica e con gli obiettivi dell’azienda.
Vi è inoltre la debolezza, la fragilità anche culturale delle varie associazioni dei quadri e dei loro leader, i quali non riescono ad andare oltre una dichiarazione astratta di autonomia, senza sapere costruire un impianto culturale di analisi e di proposte che possano sorreggere in modo adeguato questa rivendicazione di autonomia.
Ma, forse la ragione principale del fallimento cui va incontro tutta l’esperienza del movimento dei quadri sta nei mutamenti che avvengono nella struttura delle imprese. La rivoluzione tecnologica e organizzativa che investe il sistema delle imprese, mette in crisi le funzioni di tipo gerarchico, fa saltare tutta la vecchia struttura burocratica e sollecita un processo nuovo di riqualificazione, di sviluppo delle professionalità che non si limita all’area dei quadri, ma riguarda l’insieme dei lavoratori.
Vengono meno quindi le ragioni strutturali, oggettive, della pretesa “autonomia” dei quadri, come se si trattasse di un universo culturale chiuso, unico depositario dei valori di professionalità.
Ciò non significa, naturalmente, che vengono meno le differenze nel mondo del lavoro, ma si tratta di differenze funzionali, che danno luogo ad una frontiera mobile che si ricompone di volta in volta in forme diverse.
Attenzione dunque: non è la ricomposizione di unità di classe nell’antica accezione, non è la rivincita della vecchia cultura operaista, ma è l’apertura di una fase nuova, di grande forza dinamica, nella quale diventano centrali, per tutto il mondo del lavoro, esigenze nuove, priorità nuove: la valorizzazione della professionalità, l’autonomia del lavoro, la formazione, il superamento del modelli gerarchici e autoritari.
Questo cambiamento lo abbiamo colto, con l’ultimo Congresso della CGIL, con la scelta della codeterminazione come nuovo asse strategico, con l’idea di un mondo del lavoro nel quale contano le diversità, i diritti delle persone, la valorizzazione di sé nel lavoro. In sostanza, una cultura “moderna” dell’impresa, non può essere patrimonio esclusivo solo di una parte dei lavoratori, ma è l’intero mondo del lavoro che è avviato verso nuove frontiere.
In questo contesto, il tema dei quadri può oggi essere riaffrontato non più come tema “separato”, come il problema di una corporazione chiusa, ma dentro una strategia sindacale unitaria. E nel momento in cui scegliamo di esplorare la via della codeterminazione, e accettiamo la sfida della qualità, come nuovo e più avanzato terreno delle relazioni industriali, i lavoratori di alta professionalità (quadri, tecnici, ricercatori), si trovano in una posizione cruciale, e il loro ruolo nel sindacato può assumere, un rilievo di primo piano, di carattere strategico.
Tutto ciò non avviene spontaneamente, ma richiede più lavoro politico di elaborazione programmatica e rivendicativa, e anche organizzativa.
Per questo pensiamo a un rilancio politico del lavoro verso i quadri, a un rilancio non nei termini, ormai sconfitti, di un’identità corporativa, ma come elemento trainante di una nuova esperienza del sindacato intorno ai nodi della rivoluzione tecnologica delle imprese.
In questo senso l’ipotesi di lavoro è la costruzione di un momento associativo autonomo dentro il sindacato confederale, in modo che il contributo dei quadri ad una nuova cultura sindacale trovi le forme, gli spazi organizzativi, le occasioni di autonomia, di cui ha bisogno per potersi esprimere con la maggiore efficacia possibile.
È l’inizio di una nuova fase, di un nuovo ciclo di lavoro. lo dobbiamo affrontare con fiducia e con tenacia nella convinzione che vi possono essere oggi condizioni più favorevoli per un’azione del sindacato, che sia capace di recuperare i ritardi e il terreno perduto, e di ridare un ruolo, non corporativo, ma di stimolo per l’intero movimento sindacate, a tutta l’area dei lavoratori che esprimono una professionalità alta, e che si trovano collocati nei punti-chiave, là dove si può controllare e guidare l’intero processo di innovazione tecnologica e di ristrutturazione delle imprese.
Busta: 7
Estremi cronologici: 1982, 18 aprile
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Il quadrifoglio”, n. 1, 18 aprile 1982, p. 1