AUTONOMIA E DIRITTI
Quale federalismo: proposte e modelli - Convegno CGIL, Milano 7 luglio 1994
Introduzione di Riccardo Terzi
La CGIL ha costituito recentemente un gruppo di lavoro per le riforme istituzionali che ha il compito di mettere a punto, in questa fase, anche in preparazione del Congresso, le posizioni della CGIL sui problemi di carattere istituzionale. Si tratta quindi di un lavoro che dovrà svolgersi nei prossimi mesi in modo da giungere sui singoli punti a posizioni il più possibile precise.
Il gruppo di lavoro si denomina per le riforme istituzionali, considerando appunto che il processo riformatore è ancora tutto da costruire, nonostante la ricorrente retorica in vigore sulla seconda Repubblica, che sarebbe trionfalmente iniziata a partire dalle ultime elezioni politiche.
In realtà credo che non si possa ancora legittimamente parlare di una seconda Repubblica in atto, perché non basta una legge elettorale – quale che sia il giudizio sull’efficacia di questa legge – per parlare di una fase nuova della nostra storia repubblicana. Sono quindi ancora da definire gli elementi fondamentali di una nuova architettura istituzionale.
Questo è un tema tutto aperto, che può essere svolto in diverse e opposte direzioni. Mi pare che possiamo sintetizzare il problema indicando due possibili linee evolutive. Una linea punta a una concentrazione del potere; è la linea che parte dal sistema elettorale maggioritario facendolo diventare non soltanto un sistema elettorale, ma un principio filosofico, l’esasperazione della logica del maggioritario, per cui chi vince prende tutto, determinando così il massimo di concentrazione del potere nell’esecutivo. Con questa linea sta venendo avanti un pericoloso attacco a tutti gli istituti di garanzia e di autonomia, perché tutto passa dalle mani dell’esecutivo. La vicenda della Rai è l’ultimo esempio. In questa logica vi è il massimo di concentrazione, e viene messa in crisi tutta una serie di funzioni e di spazi di autonomia che restano per noi essenziali: l’autonomia della magistratura, l’autonomia del sistema informativo, e così via. È questa la linea di una parte della maggioranza. Solo di una parte, perché anche nella maggioranza ci sono delle evidenti contraddizioni e posizioni diverse. In particolare la Lega entra per molti aspetti in conflitto con questa logica di concentrazione, e pensa a un modello diverso.
La seconda possibile linea di evoluzione è una linea di articolazione democratica del potere, che dà luogo a un sistema di autonomie: non la concentrazione, quindi, ma lo sviluppo di momenti di autogoverno. E in questo quadro il federalismo è un aspetto rilevante, considerandolo come un sistema di distribuzione democratica del potere.
Noi scegliamo, come CGIL, di misurarci con il problema del federalismo. Abbiamo cominciato a usare ufficialmente questa parola nei documenti della CGIL, scegliamo di affrontare questo nodo nella convinzione che si tratta di un nodo di fondo. Non abbiamo ancora assunto delle proposte o delle posizioni definite, ma intendiamo misurarci con i diversi possibili modelli di federalismo, e per questo abbiamo convocato questo primo seminario che avvia una ricerca, e non è il punto di arrivo di una riflessione già conclusa.
Credo che sia utile usare esplicitamente il termine “federalismo” piuttosto che formulazioni più prudenti, che sono circolate nel dibattito politico degli ultimi tempi, dal regionalismo forte al regionalismo di ispirazione federalista. Questa scelta ha due motivazioni. Vi è in primo luogo una ragione storico-linguistica, perché anche le parole hanno la loro storia e la loro evoluzione. Parlando oggi di regionalismo non diamo il senso di una svolta, perché abbiamo alle spalle una storia politica del regionalismo in Italia che ha presentato molti elementi di fragilità, se non di fallimento. Anche le parole si logorano nel corso della storia e la parola regionalismo in Italia è una parola logorata, e quindi non utile oggi per dare il segno di un cambiamento radicale. Inoltre su un piano più strettamente concettuale io credo che sia più corretto parlare di federalismo, perché non si tratta più soltanto di decentrare delle funzioni dallo Stato centrale per affidarle alle strutture periferiche dello Stato stesso, ma si tratta di rovesciare questa logica. E cioè di fare delle Regioni dei corpi politici con una loro reale autonomia, con delle funzioni che non sono derivate ma primarie attribuendo alle Regioni una propria sfera di sovranità.
Quindi il potere è un potere diviso, non c’è un’unica fonte del potere, c’è un potere diviso che si articola, e che dovrà trovare gli elementi di mediazione e di confronto tra i diversi livelli. Questo comporta anche il problema complicato di come vengono federalizzate le istituzioni dello Stato, a partire da una diversa struttura delle assemblee elettive.
In ogni caso vogliamo confrontarci con i diversi possibili modelli, studiando anche quelli in atto in altri paesi dell’Europa. Abbiamo in programma per l’autunno un seminario con la Fondazione Ebert per studiare il modello federale tedesco, che è probabilmente quello più vicino alle nostre esigenze. Dobbiamo affrontare una serie di nodi critici. Il nodo critico per noi, per la sinistra, per il sindacato, è sicuramente quello del rapporto che riusciamo a stabilire tra lo sviluppo dell’autonomia delle singole strutture regionali e la difesa dell’universalità dei diritti. Da un lato riconosciamo le differenze, le incoraggiamo, apriamo una possibilità di sperimentazione originale a livello regionale, ma tutto questo deve stare dentro un quadro di solidarietà. Questo è un problema su cui lavorare molto, che riguarda la distribuzione delle risorse, le forme del federalismo fiscale, il problema del rapporto tra le regioni forti e le regioni deboli, il problema del Mezzogiorno. Sono temi sui quali dovremo fare un lavoro ulteriore di ricognizione. Abbiamo una scadenza, quella delle elezioni regionali del ‘95: come arriviamo? Credo che sia necessario iniziare ad avviare la messa a punto di un disegno di riforma costituzionale. Non si tratta di una riscrittura generale della Costituzione, non occorre dunque una nuova assemblea costituente, ma occorre una revisione costituzionale coerente con un disegno federalista. Questo avrà necessariamente tempi non brevi, perché una legge di riforma costituzionale non può essere fatta con modalità ordinarie, richiede un confronto largo, richiede la ricerca del consenso più largo possibile dentro le assemblee parlamentari, e richiede un disegno complessivo rigoroso e coerente. Quindi i tempi possono non coincidere – e probabilmente non coincidono – con i tempi delle elezioni regionali. Bisognerà arrivare alle elezioni regionali con una nuova legge elettorale. La legge elettorale regionale dovrà essere una legge equilibrata, che tiene conto sia delle esigenze di governabilità sia delle esigenze di rappresentatività delle assemblee regionali, per non correre il rischio di avere delle assemblee regionali monocolore. Ma non basta la legge elettorale. È necessario lavorare da subito su quello che è il nodo vero, il nodo dei poteri e delle risorse, per evitare che tutta la discussione sul federalismo diventi puramente astratta. Da questo punto di vista non mi pare che si stia muovendo bene l’attuale ministro per le riforme industriali, che sembra occuparsi soltanto di qualche aspetto simbolico. Può essere giusto riconoscere alle Regioni la possibilità di scegliere in autonomia la propria legge elettorale, ma la proposta di legge del governo sembra introdurre nuove rigidità.
Il problema di fondo è quello che riguarda il cambiamento nella struttura materiale dello Stato, nella distribuzione dei poteri e delle risorse, il che può essere fatto per molti aspetti indipendentemente da interventi di carattere costituzionale. Su questo ci proponiamo di fare un lavoro come CGIL, coinvolgendo le varie strutture.
Il processo federalista sarà un processo lungo, complicato, proprio in quanto esso coinvolge la struttura materiale dello Stato e mette in gioco interessi molto corposi. È una grande occasione per una riforma degli apparati pubblici, per riorganizzare la macchina amministrativa e i servizi pubblici. È una grande occasione di riforma, che deve vedere il sindacato ai vari livelli come forza attiva e protagonista di questo processo. Questa è la nostra impostazione, e questo seminario è l’atto di avvio di una ricerca; abbiamo chiesto a studiosi ed esperti di offrirci un primo materiale di riflessione sul quale poi il nostro lavoro si svolgerà con appuntamenti successivi.
Busta: 3
Estremi cronologici: 1994, 7 luglio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CRS -
Pubblicazione: “Nuova Rassegna Sindacale”, n. 37, 24 ottobre 1994, pp. 3-4