NON LASCIAMO ALL’IRI CARTA BIANCA

Il caso Alfa

di Riccardo Terzi

La trattativa Alfa Ford ripropone in primo piano i problemi essenziali che riguardano il sistema delle Partecipazioni statali: problemi di indirizzo strategico, e di assetto istituzionale. Io credo che sull’uno e sull’altro versante si imponga una riflessione critica intorno agli orientamenti dell’attuale gruppo dirigente dell’IRI, ma questa riflessione non mi pare presente, nella misura necessaria, nelle posizioni fin qui assunte dai nostro partito. Mi riferisco, ad esempio, all’articolo di Gian Franco Borghini su l’Unità dei 14 Giugno scorso, nel quale si sostiene che la decisione sui futuro dell’Alfa spetta esclusivamente ai vertici dell’azienda, della Finmeccanica e dell’IRI. Francamente, non condivido questa posizione, in quanto assegna all’IRI uno spazio di manovra di decisione del tutto incondizionato proprio nei momento in cui molti legittimi interrogativi sorgono sugli indirizzi strategici de gruppo.

L’affermazione della autonomia delle aziende pubbliche ha un valore in quanto si tratta di mettere un argine all’invadenza dei partiti di governo e alla tendenza ad una lottizzazione che in tacca i meccanismi più delicati di funzionamento delle imprese. Ma ciò riguarda solo la gestione non le scelte strategiche, le quali non possono non essere ricondotto alla responsabilità politica, come ricorda anche Borghini. Ora, possiamo dire che la decisione di privatizzare tutto il settore alimentare, o la stessa proposta di un accordo con la Ford, siano questioni di ordine solo gestionale, o non si aprono qui problemi di politica economica che trascendono il diritto all’autonomia delle Partecipazioni statali? Se non è così, non si capisce proprio in che consista il ruolo di indirizzo del governo e del Parlamento.

Si pone così un essenziale problema istituzionale, che va oltre la concretezza dei casi singoli in discussione, e va oltre il giudizio sull’attuale governo. Io credo che non sia possibile rilanciare una politica di programmazione democratica senza ricostituire una forte autorità politica, e senza rimettere in discussione quindi un sistema di autonomie che rischia di paralizzare ogni capacita di progettazione strategica. Per questo, non può essere sufficiente la valorizzazione dell’autonomia delle Partecipazioni statali, ma occorre valutare politicamente gli indirizzi strategici proposti oggi dalla dirigenza dell’IRI. Ora la linea Prodi mi sembra che introduca una svolta profonda nella politica dell’IRI: la tendenza a disimpegnarsi nel settore manifatturiero e a concentrare l’iniziativa nel campo delle infrastrutture, la ricerca di accordi e le sinergie con gruppi privati su scala internazionale, tutto ciò sembra configurare la scelta di qualificare l’IRI non più come soggetto di una politica di programmazione, ma come strumento di dinamizzazione dei mercato e di supporto all’iniziativa privata.

Naturalmente, è una posizione non priva di una sua coerenza, e che va pertanto discussa seriamente, senza pregiudizi. Soprattutto è necessario esaminare in modo oggettivo i problemi concreti che si presentano nei di versi settori. Nel caso dell’Alfa la ricerca di un accordo con qualche importante gruppo privato è una via obbligata, e pertanto non hanno ragione di essere rifiuti pregiudiziali ad un’intesa con la Ford, e un giudizio definitivo potrà essere espresso solo sulla base di una conoscenza compiuta dei termini dell’accordo.

Ma, ripeto, non può trattarsi, a mio giudizio, solo di una responsabilità imprenditoriale. Una totale delega all’autonomia dell’IRI significherebbe, al di là della questione specifica dell’Alfa Romeo, una rinuncia ad un qualsiasi ruolo di indirizzo del potere politico, significherebbe in sostanza sancire l’attuale latitanza del governo in materia di politica industriale.

La costruzione di un sistema di democrazia economica non può non prevedere alcuni vincoli all’autonomia delle imprese: vincoli dall’alto, in quanto occorre ricondurre le scelte di politica industriale, in particolare delle aziende pubbliche, alle priorità politiche definite in sede di programmazione nazionale; e vincoli dal basso, in quanto occorre riconoscere un ruolo di contrattazione e di controllo ai lavoratori e alle loro rappresentanze sindacali. Nel caso dell’IRI c’è anche la novità importante del «protocollo» sulle relazioni industriali. Ma questo protocollo, finora scarsamente applicato, potrà sviluppare tutte le sue potenzialità solo a condizione che non prevalga nel sistema delle Partecipazioni statali una logica privatistica, perché in questo caso il sindacato si troverebbe a gestire solo le conseguenze di scelte di ristrutturazione prese autonomamente dalle imprese, al di fuori di ogni controllo.

Il caso Alfa può essere l’occasione per discutere di tutto questo. La sinistra non può lasciarsi sfuggire questa possibilità.


Numero progressivo: B60
Busta: 2
Estremi cronologici: 1986, 19 giugno
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “L’Unità”, 19 giugno 1986