OLTRE LA LEGGE 190: PIÙ DEMOCRAZIA NELL’IMPRESA
di Riccardo Terzi
È scaduto il termine di un anno previsto dalla legge 190 per l’individuazione della figura dei “quadri” nelle singole situazioni aziendali. Il grado di applicazione di questa norma legislativa è stato assai basso: gli accordi aziendali sottoscritti si contano, in Lombardia, sulle dita di una mano, e non mi risulta che in altre regioni la tendenza sia stata diversa.
Giudicando le cose con questo metro, si dovrebbe parlare di un bilancio fallimentare, e questa è appunto la conclusione cui sono giunte alcune associazioni dei quadri. In realtà, la situazione si presenta più complessa, perché non si tratta solo di valutare l’attuazione della legge, ma di considerare tutto l’insieme delle iniziative di contrattazione che si riferiscono all’area dei quadri. Sono in scadenza i contratti collettivi di lavoro per la grande maggioranza delle categorie dell’industria e dei servizi. Considerando l’imminenza dei rinnovi contrattuali, è prevalsa nel movimento sindacale la scelta di affrontare la questione dei quadri, anche per ciò che riguarda gli adempimenti legislativi, all’interno dei contratti. È una scelta che si può discutere, e che presenta indubbiamente anche degli aspetti negativi, e tuttavia essa ha una sua motivazione e non significa affatto volontà di eludere il problema. Sarebbe forse stato preferibile far precedere ai contratti una fase di più larga sperimentazione in un gruppo significativo ed esteso di aziende, in modo da poter disporre di qualche punto di riferimento concreto che avrebbe facilitato le stesse trattative per i contratti. Tuttavia, se questa sperimentazione non si è fatta non è solo per responsabilità del movimento sindacale. C’è stata una precisa volontà delle imprese, le quali tendono ad affrontare la questione dei quadri con decisioni unilaterali, al di fuori di ogni forma di contrattazione sindacale. In alcuni casi, ad esempio, il sindacato ha presentato una propria proposta, ma non ha potuto discuterla per il rifiuto della controparte.
C’è qui un dato politico su cui riflettere, perché, dopo aver in varie forme incoraggiato il movimento dei quadri, è ora evidente nei gruppi dirigenti delle imprese un atteggiamento di insofferenza e di fastidio, e il timore che si affermi nella realtà dei quadri una spinta a forme di organizzazione e di azione collettiva. I quadri erano utili solo in quanto elemento di rottura e di contraddizione con il sindacato. L’attenzione per i quadri era tutta strumentale, e ora che il problema è politicamente aperto, ora che si sono affermate aspettative che interessano uno strato vasto del mondo del lavoro, le imprese pretenderebbero di ritornare alle antiche pratiche paternalistiche e discrezionali così largamente usate ne passato.
Inoltre, vi sono le difficoltà implicite nel testo stesso della legge, che ha rappresentato un faticoso compromesso politico, e che risulta assai generica ed imprecisa nelle sue concrete conseguenze giuridiche. La legge, in sostanza, afferma l’esistenza di un problema, ma non lo risolve, ne potrebbe risolverlo in quanto si tratta di materia specificamente contrattuale.
Ora, se la legge ha questa unica funzione di stimolo alla contrattazione, allora è sul terreno contrattuale che possiamo misurare se si realizzano o meno dei passi in avanti, se ci avviciniamo o meno alla risoluzione del problema. Insomma, si tratta di un problema essenzialmente sindacale, e non astrattamente giuridico.
Nella predisposizione delle piattaforme per i contratti ci sono importanti innovazioni di metodo e di contenuto. Considero le questioni di metodo come condizione preliminare ed essenziale, perché senza un ampio ed effettivo coinvolgimento democratico dei soggetti interessati non è pensabile che il sindacato possa affrontare tutti i problemi politici del suo rapporto con i quadri.
Un grande valore ha avuto la scelta delle organizzazioni dei metalmeccanici di ricorrere al referendum, che ha dato risultati significativi, per quantità e qualità delle risposte, proprio nei livelli alti dell’inquadramento professionale. Il referendum non risolve, di per sé, tutto il problema complesso del rapporto democratico tra sindacato e lavoratori. Ma apre nuovi spazi, e restituisce diritto di cittadinanza a forze che sono state di fatto emarginate. L’esperienza dei metalmeccanici può indicare all’insieme del movimento sindacale una strada nuova, da percorrere con determinazione.
Ma, una volta approvate le piattaforme, il problema più delicato è quello della conduzione delle trattative, e qui occorre che nella composizione delle delegazioni sia effettivamente rappresentato tutto l’universo del mondo del lavoro, che anche i quadri quindi siano presenti con propri effettivi rappresentanti. Ora, nella realtà attuale caratterizzata da una frantumazione della rappresentanza sindacale dei quadri (in parte nelle confederazioni, in parte nelle varie forme di associazionismo autonomo), si rendono necessarie soluzioni flessibili, pragmatiche, di compromesso, tra il movimento sindacale unitario e le associazioni dei quadri, là dove esse sono davvero rappresentative.
Alle associazioni dei quadri possiamo rivolgere un discorso franco, di piena disponibilità al confronto, alla conduzione in comune dei problemi che riguardano la categoria dei quadri, alla condizione che questi problemi non siano visti in un’ottica corporativa, ma all’interno di una visione generale che tiene conto di tutta la pluralità degli interessi. La nostra critica all’ipotesi di un sindacalismo autonomo dei quadri ha questa motivazione politica: non è solo una preoccupazione di parte, per difendere il ruolo delle organizzazioni sindacali tradizionali, ma è la convinzione che una separazione, contrattuale e organizzativa, condurrebbe ad effetti politici di lacerazione del mondo del lavoro che occorre scongiurare. Ferma restando questa impostazione politica, tutte le diverse possibili soluzioni organizzative possono e debbono essere prese in considerazione, con spirito costruttivo e tenendo conto realisticamente delle situazioni di fatto.
Anche per quanto riguarda i contenuti delle piattaforme, pur diverse tra loro, mi pare sia presente una ricerca nuova, uno sforzo per rispondere ai problemi specifici dei quadri, nei loro aspetti retributivi, professionali, normativi. È comune a tutte le piattaforme una linea di riparametrazione dei livelli retributivi, utilizzando anche specifici strumenti per i quadri, quali le indennità di funzione. Prosegue così una linea di correzione dell’appiattimento, che già si era concretizzata nell’ accordo sulla nuova contingenza con il superamento del punto unico.
Più in generale, nelle piattaforme si intende affrontare tutto il problema dell’inquadramento, ipotizzando nuove soluzioni, con l’individuazione di alcune grandi aree professionali, suscettibili al loro interno di diverse posizioni retributive, e con un rinvio, in sede applicativa, alla contrattazione decentrata, aziendale o territoriale.
Questo decentramento è un punto essenziale di novità, perché solo in rapporto stretto con le concrete situazioni, con i concreti processi di innovazione, è possibile definire i contenuti delle nuove professionalità, ed è possibile congiungere il riconoscimento della professionalità ad una capacità di contrattazione, finora carente, sull’innovazione tecnologica e sui nuovi modelli di organizzazione del lavoro.
In sostanza, il sindacato non può limitarsi ad elargire aumenti di retribuzione lasciando le cose come stanno, lasciando immutata una struttura di tipo gerarchico, e accettando così come sono i modelli organizzativi proposti dalle imprese. Affrontando il problema dei quadri, il sindacato intende mettere le mani sui meccanismi di funzionamento dell’impresa e discutere ciò che oggi viene deciso in modo unilaterale.
I quadri, e le loro organizzazioni, hanno dunque davanti a sé due strade possibili: tentare, con il sindacato unitario, di affrontare i problemi più generali che riguardano gli assetti di potere nell’impresa e la loro necessaria democratizzazione, oppure accontentarsi di qualche elargizione paternalistica e accettare un ruolo del tutto subordinato, di privilegio solo apparente, senza nessuna possibilità di poter far valere una propria volontà autonoma sulle scelte, produttive e organizzative, delle imprese.
Con l’apertura della stagione contrattuale, questi temi divengono concreti; finisce il periodo delle analisi, dei convegni, e inizia quello delle scelte. Ciò vale, ovviamente, per il sindacato, ma anche per le forze politiche, che non possono ritenere esaurita la loro funzione con l’approvazione della legge o con un atteggiamento generico di attenzione alle rivendicazioni dei quadri, ma debbono misurarsi con i problemi di fondo dell’organizzazione dell’impresa, delle nuove relazioni sindacali da costruire, dei nuovi spazi di democrazia che si rendono ormai necessari.
Busta: 2
Estremi cronologici: 1986, settembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fotocopia pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Quarantacinque”, settembre 1986. Pubblicato in “Input” col titolo “Quadri e sindacato: perché marciare uniti”