«NON HO PRESO ORDINI DA BOTTEGHE OSCURE»
Terzi racconta la guerra a Pizzinato
Intervista di Giorgio Lonardi a Riccardo Terzi – Segretario generale aggiunto CGIL Lombardia
Camicia sbottonata, il mezzo toscano fra le dita, la erre lievemente arrolata, eccolo qui Riccardo Terzi segretario generale aggiunto della CGIL lombarda, seduto nel suo ufficio di Sesto San Giovanni a rispondere con estrema tranquillità alle domande sul ruolo svolto nella “congiura anti-Pizzinato”. Dalle sue parole non trapelano emozioni, non lo si direbbe di sicuro al centro di un mare agitato che sta scuotendo la vecchia nave del più grande sindacato italiano. In questa intervista Riccardo Terzi espone per la prima volta fuori dalle stanze dell’organizzazione le posizioni dei contestatori all’interno della CGIL.
Prima di passare al sindacato lei, Terzi, è stato un dirigente del PCI. Qual è stato il ruolo delle Botteghe Oscure nel travaglio recente della CGIL? È vero che lei ha avuto un lungo colloquio con Achille Occhetto nei giorni più caldi dello scontro ottenendone un sostanziale via libera?
«La mia esperienza di partito è un capitolo del passato. Io oggi cerco di ragionare dal punto di vista della CGIL e della sua autonomia. E credo necessario camminare in questa direzione con decisione e con scelte innovative evitando che la CGIL sia la sommatoria delle componenti di partito. Non c’è stato e non c’è nessun raccordo con il PCI, né il PCI mi sembra intenzionato a interferire nella nostra discussione. Lasciamo da parte l’idea dei complotti, degli incontri segreti, lasciamo da parte la dietrologia. D’altra parte io mi sono mosso con una mia autonomia di giudizio anche quando ero dirigente del PCI. E proprio adesso volete far credere che io sia manovrato da Botteghe Oscure?»
È vero che lei è uno dei candidati alla sostituzione di Pizzinato, magari dopo un eventuale interregno di Trentin?
«Non è affatto vero. È una distorsione giornalistica che non accetto, vedere tutta la discussione politica in termini personalistici. Per quanto mi riguarda ho sempre condotto le mie battaglie politiche, giuste o sbagliate che fossero, senza calcoli personali.»
Che cosa rimprovera all’attuale gestione della CGIL?
«Siamo giunti ad una evidente situazione di impasse. La scelta della “rifondazione” è rimasta un’aspirazione indeterminata e non si è tradotta in un concreto progetto politico e organizzativo. Quella scelta significava anzitutto ricostruzione di un circuito democratico nel rapporto fra sindacato e lavoratori. I risultati sono ancora troppo parziali e troppo contraddittori. Le responsabilità sono collettive, di tutti. Ma occorre prendere coscienza di queste difficoltà e occorre affrontare in modo esplicito le diversità delle posizioni esistenti all’interno della CGIL per impedire la paralisi e per impedire che il risultato di queste contraddizioni non risolte sia una linea di incertezza e di ondeggiamento.»
Il rimpasto da voi auspicato ai vertici della CGIL ha tutta l’aria di un Midas sindacale. Ma si tratta solo di un ricambio generazionale? Fino ad ora la battaglia nella Confederazione è apparsa più sulla “grande politica” che non su questioni strettamente sindacali. È d’accordo?
«Le questioni sono di linea politica e non generazionali. Non siamo al Midas. Ci sono precisi nodi da affrontare: come porre oggi, nelle nuove condizioni, il problema dell’unità d’azione con CISL e UIL, quale modello contrattuale, su quale progetto ricostruire l’autonomia del sindacato. Di questo stiamo discutendo. E questa discussione avviene nel contesto di una grande offensiva dei gruppi capitalistici dominanti che tendono ad emarginane il sindacato o a inglobarlo in una logica subalterna.»
Secondo lei come dovrebbe essere la CGIL degli anni ‘90?
«Io vedo necessaria una precisazione e una correzione su tre punti essenziali. Occorre, in primo luogo, reimpostare la politica di unità con CISL e UIL, considerando il processo unitario come il risultato di un confronto competitivo, il che comporta la definizione chiara di regole mentre oggi vige una situazione di totale arbitrio. In secondo luogo va affrontata la necessità di un rapporto democratico vero con i lavoratori, essendo questa l’unica fonte di legittimità del sindacato. Si pongono infine problemi di strategia rivendicativa di fronte ai cambiamenti che sono avvenuti nelle imprese. Non basta più un approccio difensivo ma è necessario che il sindacato si misuri, con un proprio progetto, con le strategie d’impresa. Si pone cioè come centrale tutto il tema della democrazia economica.»
Dicono che lei in queste settimane sia riuscito a mettere insieme la sinistra operaista con la destra moderata all’interno del gruppo che chiede il ricambio immediato dei vertici CGIL. Su cosa si basa questa convergenza?
«Non so quanto siano ancora utili le vecchie classificazioni. Nel momento in cui dobbiamo cominciare a costruire un progetto nuovo, fuori dagli schemi tradizionali, contributi importanti possono venire da tutti i diversi settori del sindacato. Se c’è una convergenza essa sta in questa comune volontà di sperimentazione e di ricerca.»
Ma senza l’impegno di Pizzinato che convinse la recalcitrante CGIL lombarda, lei Terzi un anno fa non sarebbe entrato nell’esecutivo nazionale della Confederazione. Ora nel sindacato, fra gli amici di Pizzinato, c’è chi l’accusa di slealtà. Lei non sente un debito di riconoscenza nei confronti del segretario generale?
«Pizzinato sa bene che il mio rapporto con lui è sempre stato leale. È un rapporto di stima, spero reciproca, e di chiarezza nelle posizioni politiche e nel dibattito in cui ciascuno è libero di dire quello che pensa. Io so concepire solo così i rapporti dentro un gruppo dirigente. Voglio poi chiarire che la questione sollevata, nell’ordine del giorno dell’esecutivo da me e da altri compagni, non era affatto di sfiducia al segretario generale ma l’esigenza più complessiva della verifica degli assetti del gruppo dirigente e del sistema di direzione. Se c’è, come tutti riconosciamo, una situazione di crisi non risolta, se occorre superare con rapidità le difficoltà che hanno pesato sulla nostra iniziativa, allora dobbiamo discutere apertamente di tutto e dobbiamo tutti metterci in discussione. Non ci sono questioni personali ma solo questioni politiche.»
Busta: 2
Estremi cronologici: 1988, 1 novembre
Autore: Giorgio Lonardi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “La Repubblica”, 1 novembre 1988