PROTESTA, IDENTITÀ E APPARTENENZA
Il leghismo oltre la Lombardia
di Riccardo Terzi
Tutti hanno parlato di “terremoto” elettorale. Ma l’espressione è impropria se vuole indicare un avvenimento imprevisto, che sfugge alla possibilità di una comprensione razionale, perché mai si è dato in natura un terremoto più prevedibile di questo. La cosa sorprendente non è il successo della Lega, o l’ulteriore frammentazione del sistema politico, perché tutto ciò era già visibile nelle cose, nella realtà, nei comportamenti, nei processi sociali, e solo gli ottusi potevano non accorgersene.
Ciò che sorprende è la forza d’inerzia del sistema politico, la sua sordità, la debolezza estrema delle risposte che sono state offerte, il modo rozzo, e talora del tutto controproducente, con il quale è stato affrontato il “disagio” e la crisi di identità e di valori che attraversa così in profondità la società civile nei punti alti dello sviluppo.
Il sistema politico ha continuato imperturbabile a celebrare i suoi riti, le sue logiche, come se nulla fosse successo, come se si trattasse di un’esplosione momentanea ed effimera di irrazionalità, di una fiammata di protesta, destinata a essere assorbita con qualche attivismo elettorale in più, con qualche opera pubblica, con qualche predica religiosa. Quanti hanno cercato di capire, di analizzare, di cogliere in tutta la sua profondità questo fenomeno così complesso di “rivolta” della società civile, con i suoi miti, con i suoi simboli, con la sua ricerca disperata di una nuova identità?
Ho sentito prediche, non analisi. E anche nel sindacato ci si è limitati a dire, con approssimazione assai discutibile, che la Lega è l’equivalente politico dei Cobas. Il che, a ben guardare, non regge, perché il leghismo non è solo l’emersione di interessi corporativi, ma è una miscela ideologica, nella quale pesano i sentimenti profondi, l’identità, l’appartenenza. Una risposta economicistica non coglie nel segno, perché non è la protesta dell’emarginazione, ma è il disagio, l’incertezza che accompagnano il processo di modernizzazione là dove esso si è dispiegato. Così, è pur vero che tale fenomeno può essere dichiarato “di destra” ma, una volta dato questo giudizio, non abbiamo ancora capito nulla della sua dinamica reale, delle sue motivazioni, del processo complessivo che lo alimenta.
Nel fenomeno della Lega si incrociano diverse correnti che percorrono la società italiana. C’è una rivendicazione di autonomia della “società civile” che vuole affermare se stessa come l’elemento sano, produttivo, in opposizione alla corruzione e all’inefficienza del sistema politico, con una semplificazione che è evidentemente “ideologica” perché nella realtà i due piani si confondono e nell’intreccio politica-affari c’è una compenetrazione così stretta per cui l’analisi della politica non è possibile se essa non è vista nel suo rapporto con la società e con gli interessi che in essa sono dominanti.
Ma è un fatto l’esistenza di un “senso comune” diffuso che si fonda su questa ideologizzazione della società civile e delle sue virtù. C’è inoltre il riemergere di un’antica e storica coscienza di sé del Nord industriale e produttivo, che afferma la sua candidatura a essere la capitale morale del paese. E ciò è presente non solo in chiave reazionaria, ma anche come un elemento costitutivo della coscienza operaia che riemerge oggi di fronte alla crisi della civiltà industriale, di fronte alle incognite della società moderna, postindustriale, come ricerca di una identità perduta.
Accenno solo, molto sommariamente, a possibili chiavi di interpretazione, con l’unico intento di invitare noi tutti a una riflessione più impegnata, più approfondita. Ora, di fronte a questi fenomeni, che hanno questa portata, i partiti di governo hanno condotto la più incredibile campagna elettorale della storia della nostra Repubblica, promettendo per il futuro la continuazione del passato e respingendo come velleitarie e insensate tutte le istanze di rinnovamento della vita politica.
Si è risposto con il mito della “governabilità”, un mito perché proprio il permanere di questo sistema politico consente livelli di governabilità, di efficienza, di capacità di decisione, i quali sono oggi avvertiti come del tutto insufficienti e inaccettabili.
Ho parlato in termini generali, e non solo del caso lombardo, perché è deviante, a mio giudizio, considerare la Lombardia come un caso a sé. Già le ricerche sociologiche indicavano nelle altre regioni del Nord l’esistenza di tutte le condizioni, sociali e culturali, per un’espansione del fenomeno leghista, il che si è puntualmente verificato. A me pare che la conclusione politica da trarre, per i partiti ma anche per il sindacato, debba essere rigorosamente coerente con le premesse di analisi finora accennate.
Sento riaffiorare, e ciò mi allarma, il ricorso al mito della governabilità, come se si trattasse non di cambiare, ma di presidiare l’esistente. Per preparare il terreno, alle prossime elezioni, a un vero terremoto che mandi in frantumi il nostro ordinamento democratico. Il problema dell’oggi è l’avvio di una nuova fase politica per la costruzione di un nuovo ordine, di un nuovo equilibrio. Se la sinistra può avere un ruolo, lo ha in quanto sa dirigere questa fase di transizione.
Il problema, in sostanza, è l’apertura di un processo di riforma della politica, di ridisegno delle istituzioni, ponendo al primo posto i temi della riforma elettorale; del regionalismo, del funzionamento della pubblica amministrazione.
È in questa prospettiva che deve muoversi anche il sindacato, perché le stesse questioni economiche e sociali non troveranno risposta se non c’è un cambiamento politico e istituzionale. Dobbiamo essere una forza di cambiamento e non di conservazione, dobbiamo chiedere ai partiti non di essere prudenti, per mettere in piedi un governo qualsiasi, ma di essere audaci nella ricerca di nuove vie, di nuove prospettive.
Busta: 2
Estremi cronologici: 1992, 27 aprile
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Nuova Rassegna Sindacale”, n. 10, 27 aprile 1992, p. 9