COMITATO DIRETTIVO CGIL LOMBARDIA 19 MAGGIO E 1 GIUGNO 1993
Intervento conclusivo di Riccardo Terzi
Non porterò via molto tempo. Penso soltanto di dovere fare qualche considerazione conclusiva dopo un dibattito molto ricco. E voglio intanto esprimere un ringraziamento al compagno Trentin per i contributi rilevanti che ha dato in queste due sessioni del nostro Direttivo Regionale, e per la grande attenzione politica che è stata rivolta ad un dibattito difficile, impegnativo come quello che abbiamo avviato. Anch’io ritengo che dobbiamo dare un giudizio complessivamente positivo del dibattito che c’è stato in queste giornate. Complessivamente si è trattato di un dibattito di livello alto, in cui ciascuno ha fatto il massimo sforzo di chiarezza, di franchezza, di approfondimento dei problemi che abbiamo davanti. Mi pare importante sottolinearlo anche per evitare che possa prevalere un’immagine esterna della CGIL della Lombardia e del suo dibattito interno segnata da altre logiche, e l’immagine di un gruppo dirigente lacerato, diviso, in preda alle convulsioni. Per questo abbiamo richiesto alla stampa di essere presente, abbiamo con loro stabilito un rapporto perché aiutino, appunto, a dare un’immagine vera, una rappresentazione reale della discussione che al nostro interno è aperta. Dobbiamo, credo, fare uno sforzo tutti per impedire uno scadimento della nostra discussione e non ridurci a una logica di contrapposizioni tra schieramenti chiusi, incapaci di comunicare tra di loro, e incapaci quindi di trovare delle soluzioni adeguate. Questo richiede una responsabilità collettiva del gruppo dirigente regionale per aprire, con il concorso di tutti, una nuova fase nella vita della CGIL.
Una fase di rinnovamento, che avrà come suo traguardo la Conferenza di Organizzazione, ma che non si riduce a questo unico atto della Conferenza. Una fase di rinnovamento che sarà tanto più ricca e feconda se riusciamo a valorizzare il nostro pluralismo interno, cioè la pluralità dell’esperienza e delle culture che vivono dentro la CGIL. Io insisto su questo concetto, che molti compagni hanno ripreso nel corso della discussione, cioè la difesa del pluralismo come risorsa. Abbiamo cercato, da qui al congresso, di seguire questa linea di condotta, di non farci ingabbiare dentro gli schieramenti congressuali, di non andare a una logica puramente burocratica, appunto di rapporto tra la maggioranza e la minoranza. Credo che vada salvaguardata questa linea, cioè questo impegno di tutti al riconoscimento del pluralismo interno; questo implica un compito di direzione più difficile, più complicato, cioè una capacità di ascolto, la capacità di trovare di volta in volta le sintesi necessarie, certo non sempre ci siamo riusciti. Io intendo affrontare i problemi che abbiamo oggi davanti con questa medesima impostazione, credo che dobbiamo tra di noi intenderci quando anche parliamo della battaglia politica dentro la CGIL, chiarire il senso, la concezione che abbiamo della battaglia politica. Io penso a una battaglia politica come, appunto, un confronto aperto, molto schietto, che aiuti a far venire alla luce le differenze e i dissensi, ma in una prospettiva che è di ricerca unitaria. Se non c’è questo rischiamo di avere degli effetti devastanti, degli effetti distruttivi, e di avere una pratica nel nostro dibattito per cui si fa una rappresentazione caricaturale delle posizioni. Devo dire che questa è la cosa che più mi deprime quando mi capita di registrare atteggiamenti di questa natura, cioè una lotta politica basata sulla caricatura delle posizioni dell’altro.
Questo ha un effetto deprimente. E credo che davvero dobbiamo cercare di liberarci di questo difetto, prendere sul serio le posizioni, per quello che sono e non ridurre un dibattito, che pure vede posizioni diverse, appunto ad una estrema semplificazione, dove si perde il filo della realtà e la capacità di comprensione della realtà. Mi pare che questo difetto non sia stato prevalente in questo dibattito, anche se in qualche misura c’è stato. Perché se ci prendiamo sul serio vediamo in tutta la loro forza le diverse motivazioni, le ragioni, le diverse posizioni, perché ogni posizione ha sempre un elemento di verità che va riconosciuta. Allora è possibile, intanto, avere un clima di convivenza, e una ricerca che così consenta di superare le difficoltà, di superare i dissensi. Noi partiamo da una situazione indubbiamente di disagio, di difficoltà per numerose e diverse motivazioni, sia di carattere locale, sia di carattere più generale, nazionale, dovuta alla vicenda sindacale di questi mesi. Credo che dovremmo fare ancora più di quanto non siamo fin qui riusciti a fare, ad analizzare le ragioni di queste difficoltà, e ad analizzare i cambiamenti che sono avvenuti nella realtà sociale, politica, dell’Italia in questi mesi, dal Congresso di Rimini a oggi, in una fase di estrema accelerazione dei processi. Non mi pare che siamo riusciti ad analizzare abbastanza i cambiamenti in atto e quindi a ricollocare la CGIL dentro questo processo di cambiamento. Le nostre discussioni spesso sono un po’ apolitiche, nel senso che prescindono dall’analisi, lo dico per tutti, o a capire che cosa è cambiato nella realtà sociale, il che mi pare una premessa indispensabile. Che cosa è cambiato sul piano politico istituzionale, che cosa è cambiato nella realtà del mondo del lavoro, proprio per non cadere nell’errore che ricordava Trentin, cioè di una rappresentazione puramente mitica, ideologica e fittizia del mondo del lavoro, che invece è esposto ad una serie di trasformazioni e di sue articolazioni e contraddizioni interne, anche molto aspre. E rispetto a questo, appunto, nel rapporto con questa analisi dei cambiamenti, ridefinire meglio il ruolo che la CGIL vuole avere dentro questo processo di trasformazione politica e sociale. Così possiamo arrivare a un nuovo progetto; qualcuno ha detto con qualche verità che c’è stato, come dire, un offuscamento del nostro progetto politico, anche appunto per effetto di cambiamenti che hanno cambiato lo scenario. Per rimettere a fuoco un più forte e compiuto progetto su cui si impegna, su cui scommette questo gruppo dirigente, dobbiamo fare questa discussione più approfondita che è anche un aggiornamento di tutte le nostre analisi politiche. lo credo, francamente, che con questo dibattito abbiamo compiuto qualche primo passo nella direzione giusta, mi pare che si siano registrate delle convergenze sostanziali, dei chiarimenti, degli avvicinamenti significativi su alcuni punti chiave del nostro dibattito, ad esempio su tutte le questioni relative alla strategia per l’unità sindacale e al rapporto che essa ha con i problemi della riforma democratica del Sindacato, e l’esigenza inoltre di vedere tutto questo non in astratto, ma in rapporto ai soggetti concreti che vogliamo rappresentare, quindi ai percorsi di solidarietà che vogliamo costruire tra soggetti. Mi pare che bisogna ancora lavorare, ma un primo abbozzo, un primo nucleo di convincimenti comuni l’abbiamo raggiunto. Un impegno per l’unità come impegno reale, vero nei tempi politici di oggi e non in una prospettiva lontana, e l’indicazione molto netta della democrazia come terreno pregiudiziale su cui costruire il processo unitario. A me non sembra che si tratti, come dire, di un compromesso fragile, del fatto di mettere assieme giustapponendo le cose che non stanno insieme, mi pare che ci sia la possibilità di una sintesi forte che ci consente di avere una bussola più chiara intorno a questi problemi. L’iniziativa di legge è un elemento importante di questo discorso, voglio qui dire per chiarezza che la discussione tra di noi non è mai stata sulla giustezza o meno di affrontare i problemi della democrazia attraverso anche una iniziativa di carattere legislativo. Questa convinzione l’abbiamo da tempo, io personalmente l’ho espressa in più di una occasione, anche assai prima che questi temi entrassero nel dibattito corrente nella CGIL. Il punto, mi pare, è di collocare bene questa iniziativa, dentro una prospettiva che serva per costruire un progetto unitario; le mie riserve sono di fronte a qualche atteggiamento, che qualche volta emerge e appare nell’Organizzazione, per cui con l’iniziativa di legge la CGIL ha deciso ormai di fare da sola e di liberarsi quindi dell’unità sindacale. L’iniziativa di legge è invece un’iniziativa, è una proposta che viene offerta al percorso unitario. Mi pare anche che per quanto riguarda i problemi dell’unità sindacale, dovremo seguire in questi giorni le vicende interne delle altre Confederazioni, in modo particolare interne alla CISL, che si sta avvicinando al suo Congresso Regionale; vedremo meglio lì quali posizioni assumono. In alcune prime dichiarazioni fatte in preparazione del Congresso Regionale della CISL abbiamo avvertito qualche segnale nuovo di apertura a un impegno unitario e anche a esperienze concrete, ad alcuni primi esperimenti, diciamo, di unificazione del lavoro tra le Confederazioni su alcuni piani, ad esempio per quanto riguarda il lavoro internazionale. Quindi dobbiamo seguire anche qui con attenzione con capacità di comprensione delle effettive posizioni politiche e dell’effettivo dibattito che è presente dentro le altre confederazioni. Io concordo con molte sottolineature fatte, in modo particolare con l’esigenza che va assolutamente ribadita di fronte a qualunque ipotesi di stravolgimento della natura del sindacato, la riaffermazione della nostra funzione come soggetto sociale, che afferma la sua autonomia in quanto tale e che si misura quindi a partire da quelle che sono le esigenze effettive del mondo del lavoro e delle sue diverse articolazioni. Quindi ripartire, appunto, non da una affermazione astratta, ma da una ricognizione sul campo delle realtà sociali, di cambiamenti che avvengono, delle linee possibili per una nuova stagione contrattuale nei luoghi di lavoro. Come molti compagni hanno detto richiamandosi anche alle esperienze di contrattazione fatte in Lombardia e all’esigenza di un rilancio della contrattazione. Mi pare inoltre che un punto, un altro punto di convergenza possibile sia sull’insieme delle questioni che riguardano la riforma della CGIL anche in vista dell’appuntamento della Conferenza di Organizzazione, qualche accenno, qualche indicazione era presente nella relazione, e molti compagni hanno ripreso questi aspetti, stiamo lavorando, ne parleremo al· prossimo Direttivo di venerdì per indicare unitariamente, come CGIL Regionale, una serie di punti, di obiettivi, di emendamenti, di arricchimenti ai documenti nazionali. Un lavoro abbiamo fatto unitariamente nella Segreteria perché quindi possa aiutare questo processo di superamento delle difficoltà, proiettando il nostro lavoro su una linea, appunto, di sperimentazione nuova, di innovazione, di sburocratizzazione della struttura; non riprendo le cose che già ho detto anche nella relazione, introducendo il dibattito, credo che qui possiamo segnare alcuni fatti significativi, conquistando una maggiore autonomia della struttura Regionale, non per fare la CGIL a pezzi, dentro naturalmente un’impostazione unitaria, ma sperimentando modelli organizzativi nuovi. E cercando di affrontare un problema che tutti hanno qui ricordato come una delle cause principali delle difficoltà, dei ritardi della nostra struttura regionale. È il problema di una più forte cooperazione tra le strutture, di una associazione delle varie strutture alle responsabilità di decisione e di direzione politica. Siamo sicuramente più in ritardo su altri temi, sono anche i temi meno discussi in questo Comitato Direttivo, i problemi a cui ci richiamava Trentin, gli obiettivi immediati che abbiamo in rapporto al negoziato nazionale. Più in generale mi pare che siamo ancora carenti, tutti, di una definizione di un quadro d’insieme strategico dentro al quale poi ridefinire le nostre politiche rivendicative. E i problemi della politica economica, della politica industriale, della riforma dello stato sociale, del come ci misuriamo con i grandi temi nazionali del Paese. Queste sono questioni sulle quali sicuramente dobbiamo ulteriormente lavorare e sulle quali meno c’è stato un intervento approfondito nel corso del nostro dibattito. Con queste considerazioni credo che noi possiamo a breve, lavorare per definire una piattaforma di lavoro, una piattaforma di azione, di iniziativa della CGIL Regionale, cercando su questo la più larga intesa. Cercando di riconquistare le condizioni efficaci, effettive, per una gestione unitaria della CGIL. Questo riguarda l’insieme delle forze che concorrono a formare tutto il gruppo dirigente. Riconfermo le cose dette nella relazione per quanto riguarda i problemi di assetto, i problemi di rinnovamento del gruppo dirigente, che vanno affrontati in tempi rapidi. Nel momento in cui noi abbiamo bisogno di fare un salto in avanti, di uscire da una fase di difficoltà, questo lo facciamo più facilmente se c’è anche un processo di ricambio, di rinnovamento del nostro gruppo dirigente. Vedendo questo naturalmente non soltanto come una operazione che riguarda le persone, ma che riguarda appunto un progetto anche di riforma, di autoriforma della CGIL. Questi sono i nodi che da qui alla Conferenza di Organizzazione dobbiamo meglio approfondire per essere in grado di costruire delle proposte, evitando però, questo lo voglio dire, di dare un giudizio liquidatorio di quello che c’è stato. Giudizi come alcuni che ho sentito nel corso del dibattito e cioè “se anche questo gruppo dirigente va in ferie, non se ne accorge nessuno”, mi sembrano davvero dei giudizi non accettabili. Ho sentito anche, naturalmente, dei rilievi critici riferiti alla mia persona o meglio al mio lavoro, che ho ascoltato con attenzione, alcuni di questi giudizi non mi sembrano giusti, ho sentito anche delle forzature che mi sembrano pretestuose, ma credo che tutti noi dobbiamo su questi temi, anche quando si tratta di questioni che ci toccano direttamente, mantenere il massimo di serenità e ragionare in termini oggettivi per costruire le soluzioni, non per fare battaglie difensive che non servono a nulla. Confermo quindi il mio impegno a creare le condizioni perché si trovino delle soluzioni adeguate. Non ci sono percorsi già tracciati, soluzioni già ipotecate, c’è un discorso aperto che dobbiamo fare insieme, salvaguardando l’equilibrio complessivo della CGIL. Tenendo conto di una CGIL che è complessa, che è fatta di diverse realtà che devono saper convivere in modo fecondo nell’interesse dell’insieme dell’Organizzazione. La Segreteria propone di concludere questo Direttivo con un breve dispositivo che affida alla Segreteria stessa il compito di tirare le conclusioni, da proporre al prossimo Direttivo, già convocato per il 25, un documento conclusivo, possibilmente un documento unitario, a questo comunque intendiamo lavorare. Questo breve ordine del giorno viene proposto unitariamente da tutta la Segreteria e dice quanto segue: «Il Direttivo Regionale della CGIL Lombardia ha avviato al proprio interno un ampio dibattito politico tendente a verificare le condizioni per la ridefinizione strategica della linea sindacale, alla luce dei grandi cambiamenti intervenuti e in prossimità di una Conferenza di Organizzazione che si annuncia importante per le riforme organizzative che si rendono necessarie. Tale confronto andrà proseguito e portato a conclusione nel Direttivo convocato per il 25 giugno, affidando alla Segreteria il compito di predisporre delle ipotesi conclusive, sulla base delle indicazioni emerse dai Direttivi del 19 maggio e del 1 giugno, nella ricerca della massima unità possibile e superando schieramenti e posizioni cristallizzate. Al termine di questo processo politico la Segreteria Regionale, con il concorso della Segreteria Nazionale, dovrà predisporre una proposta per gli assetti organizzativi della Lombardia da sottoporre alla valutazione e consultazione degli organismi dirigenti».
Busta: 1
Estremi cronologici: 1993, 1 giugno
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Nota quindicinale della CGIL Lombardia”, n.10, 1993, pp. 35-38