CONFERENZA NAZIONALE D’ORGANIZZAZIONE 1993
10 novembre 1993
Intervento di Riccardo Terzi – CGIL Lombardia
Quale è l’oggetto di questa Conferenza d’organizzazione? Quali sono le domande a cui dobbiamo rispondere? C’è ancora, a me sembra, troppa indeterminatezza, e per questo la discussione finisce per essere dispersiva, una sommatoria di esigenze, e non la costruzione, attraverso un confronto serrato, di una proposta che sia visibile.
Non si tratta di un passaggio di normale verifica organizzativa tra un Congresso e l’altro, ma di una riflessione che si colloca nel mezzo di una trasformazione profonda, di una accelerazione della crisi, politica e sociale. Questa fase di trasformazione ha i connotati della catastrofe, in quanto il cambiamento investe il funzionamento complessivo del sistema, e in quanto non funzionano più i tradizionali strumenti di regolazione.
Ora, il sindacato come si colloca in questo passaggio? Come si ridefinisce? Questa è la domanda, ed essa tocca i fondamentali, i principi costitutivi del sindacato.
Nella relazione, questo allarme non l’ho sentito: l’allarme per una crisi di rappresentanza che si prolunga ormai da anni e che non abbiamo saputo invertire, e per il prevalere di una forze d’inerzia che ci fa stare fermi mentre tutta la società è in movimento.
Non è solo un ritardo, ma è il pericolo di essere spiazzati dal punto di vista strategico, di essere tagliati fuori dai processi di cambiamento che sono così vorticosamente in atto.
Non ci può essere, è evidente, una sola chiave risolutiva, ma alcune opzioni di fondo dobbiamo essere in grado di compierle con grande risolutezza, segnando momenti di svolta, di rottura, che facciano saltare il continuismo burocratico, le forza d’inerzia che ci tiene inchiodati.
Al primo posto metto la scelta per l’unità sindacale, non come affermazione solo di principio, e quindi generica e astratta, ma come scelta operativa che ci impegna da oggi e costruire un processo reale.
L’attuale situazione del sindacalismo confederale, con il permanere delle tre Confederazioni, ciascuna con la sua storia, con la sua identità politico culturale, rappresenta un elemento di freno, una palla al piede, che ci tiene inchiodati al passato ad un passato che è ormai morto.
Non è credibile l’autonomia del sindacato, come soggetto rappresentativo della società civile, se restano in piedi i simboli che hanno caratterizzato una storia di collateralismo politico.
Alle forze nuove, emergenti, della società, l’immagine che trasmettiamo è un’immagine opaca. Ad una società che ha avviato una radicale trasformazione del sistema politico rischiamo di apparire come un pezzo del vecchio sistema che si sta sfasciando.
Quando affrontiamo il problema di un nuovo insediamento sociale del sindacato, di una nuova sindacalizzazione, nei giovani, nelle nuove figure professionali, ci imbattiamo in difficoltà che non sono solo di natura organizzativa, ma che sono più profonde perché riguardano la nostra identità.
Nel momento in cui sono tutti da costruire i soggetti della seconda repubblica, sono tutte da ridefinire le rappresentanze anche il soggetto sindacale va rifondato.
Si tratta, appunto, di rifondare, di ricostruire, e non di mettere insieme burocraticamente le organizzazioni così come sono.
L’unità sindacale, quindi, fa tutt’uno con un progetto di riforma democratica del sindacato, che realizzi trasparenza della rappresentanza, che costruisce un circuito democratico reale nel rapporto con i lavoratori.
Se l’obiettivo è questo, la costruzione democratica di un nuovo soggetto sindacale, va allora definito un concreto programma di lavoro che faccia del 1994 l’anno in cui si costruiscono le condizioni, politiche e organizzative, per l’attuazione di questo nuovo progetto unitario.
Il primo passaggio è l’elezione delle RSU, come momento di verifica democratica reale e di ricostruzione della rappresentanza. A questo appuntamento dobbiamo andare con una impostazione comune, con una dichiarazione che in modo esplicito indica le RSU come la base del futuro sindacato unitario.
Ciò non significa realizzare, da subito, liste unitarie, perché l’unità è un risultato da costruire, e non è già oggi operante nella realtà, nella coscienza e nella cultura dei quadri del sindacato, e una forzatura può produrre effetti negativi controproducenti.
Partendo da questo primo momento di verifica democratica, occorre costruire un impegnativo programma di lavoro, con una iniziativa dall’alto e dal basso.
Dall’alto, perché i gruppi dirigenti debbono affrontare i nodi essenziali: le grandi opzioni strategiche, le regole della democrazia, il modello organizzativo.
Dal basso, con una campagna di assemblee e di attivi, per discutere con i lavoratori, per farne i protagonisti del nuovo processo unitario.
La seconda scelta riguarda la riforma del sindacato in rapporto alla nuova dislocazione dei poteri, ai cambiamenti che stanno avvenendo nella società reale.
Non è solo un problema di decentramento, ma si tratta di individuare e di scegliere i livelli di direzione adeguati alla realtà, coerenti di volta in volta con quelli che sono gli ambiti reali di decisione.
Ciò comporta la messa in atto di due distinti movimenti: il primo verso la dimensione europea, perché le grandi scelte strategiche implicano necessariamente un’azione congiunta e coordinata su scala europea, il secondo verso la dimensione regionale, perché l’Europa si configura come un’articolazione di diversi sistemi territoriali, con un ruolo crescente delle autonomie regionali.
In questa chiave va ripensato il modello organizzativo.
Per aderire efficacemente alla realtà dobbiamo costruire un modello flessibile. Perché mai dovremmo risolvere nello stesso modo, in tutte le regioni, i problemi organizzativi prescindendo dal diverso contesto?
Così, al problema delle categorie regionali, o a quello delle aree metropolitane, possono essere date diverse soluzioni, e saranno gli Statuti regionali a decidere.
Un sindacato confederale, generale, della solidarietà, passa necessariamente attraverso il riconoscimento esplicito delle differenze, che devono essere visibili e devono disporre di propri strumenti di organizzazione.
Occorre dunque un sistema di autonomie, territoriali e sociali rompendo il modello centralizzato, uniforme, burocratizzato.
Infine, dobbiamo giungere ad un chiarimento sulle regole di vita interna. Si dice spesso che dobbiamo definire un nuovo sistema di regole.
Non c’è, a me pare, molto da inventare, perché l’unica regola Fondamentale che può tenere insieme una organizzazione complessa è la regola democratica, secondo la quale con la maggioranza dei consensi si decide, e la decisione che sia legittimata democraticamente è una decisione efficace.
Non c’è bisogno di nuovi patti, nei nuovi equilibri.
Quale è allora il problema per la CGIL? È la costruzione di una vita democratica reale, in cui ciascuno sia libero, senza appartenenza precostituite, e nello stesso tempo sia vincolato alle decisioni.
Ciò pone un problema alla minoranza come alla maggioranza, che hanno subito entrambe un processo di ossificazione burocratica.
La CGIL, nel momento in cui supera la vecchie logiche di carattere partitico, deve essere una sede aperta, democratica, senza vincoli o patti precostituiti.
E qui non è questione di norme statutarie, ma solo di volontà politica.
Vogliamo continuare così, con schieramenti pregiudiziali imbalsamati, con un confronto artefatto che riproduce su ogni questione una maggioranza e una minoranza che ormai tra loro non sanno comunicare?
La regola della democrazia richiede libertà di discussione e responsabilità, richiede autonomia individuale e capacità di ascolto. È questa in ultima istanza l’operazione che ciascuno di noi deve cercare di compiere, e che deve compiere collettivamente la CGIL.
Dobbiamo liberarci dalla vecchie identità, dalle vecchie appartenenze, e pensare dal punto di vista della prospettiva, della strategia, mettendoci nell’ottica di ciò che deve essere il sindacato del futuro, nell’Italia che cambia.
Busta: 1
Estremi cronologici: 1993, 10 novembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fogli battuti a macchina
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -