RIUNIONE DEI GRUPPI DIRIGENTI CGIL CISL UIL DELLA LOMBARDIA DEL 20 GENNAIO
Presentazione del primo numero del supplemento, firmata da Terzi, Pezzotta e Galbusera, seguita dalla relazione di Riccardo Terzi
UN GESTO CONCRETO UNO STRUMENTO UTILE
I gruppi dirigenti di CGIL, CISL e UIL della Lombardia hanno rilanciato la sfida per la costruzione dell’unità sindacale. Non un sindacato unico. Non la semplice somma delle tre attuali organizzazioni, ma un nuovo soggetto confederale autonomo.
Perché questo sia un obiettivo possibile, la Lombardia propone un percorso preciso che porti, entro la fine dell’anno, all’avvio della fase costituente del nuovo sindacato dei lavoratori italiani.
Per giungere a questo appuntamento straordinario, CGIL, CISL e UIL hanno tracciato un itinerario ricco di impegni e appuntamenti sui quali tutto il sindacato lombardo è chiamato a confrontarsi ed impegnarsi.
Si parte con le elezioni delle RSU, le nuove rappresentanze sindacali unitarie, in tutti i luoghi di lavoro. Nei settori dell’alimentazione, dei trasporti, dei poligrafici, i primi risultati premiano l’impegno e i valori del sindacalismo confederale.
Sui delegati si punta per costruire le basi del nuovo soggetto unitario. Terminata la fase delle elezioni, sarà avviato un processo di formazione comune per tutti gli eletti. La formazione, infatti, è chiamata a svolgere una funzione importante nel cammino verso l’unità. Nei prossimi mesi saranno avviate iniziative sui problemi contrattuali, le questioni ambientali e della salute nei luoghi di lavoro, il processo di integrazione europea.
Il programma prevede numerosi altri appuntamenti, nel corso di tutto l’anno, sui quali sviluppare il confronto. Attenzione sarà posta anche ai temi dei rapporti internazionali e dell’informazione.
Ed eccoci, quindi, a Note, quindicinale di documentazione di CGIL, CISL e UIL della Lombardia, che qui presentiamo. Un primo concreto gesto ma anche uno strumento utile per il lavoro dei dirigenti sindacali di categoria e di territorio. Note, sarà stampato in 3500 copie e pubblicherà tutti quei materiali che la redazione riterrà utili per la conoscenza e l’approfondimento sulle tematiche di maggior interesse per l’attività sindacale.
In questo primo numero sono riportati i materiali della riunione degli organismi regionali lombardi tenutasi lo scorso 20 gennaio a Milano sul tema “L’elezione delle RSU e le prospettive dell’unità sindacale”. Completa il n. 1, il protocollo d’intesa con le Ferrovie Nord Milano.
Riccardo Terzi, Savino Pezzotta, Walter Galbusera
Relazione di Riccardo Terzi
L’Italia sta attraversando un passaggio politico di grande complessità, nel quale tutti gli equilibri devono essere ridefiniti e tutte le forme della politica devono essere rimodellate. Siamo nel mezzo di una straordinaria accelerazione di tutti i processi di cambiamento, e in una situazione “di movimento” quale è quella attuale non ci sono per nessuno rendite di posizione ma ciascuno deve riconquistarsi la propria ragion d’essere, deve rimettere a fuoco la propria prospettiva, scegliendo con chiarezza la propria collocazione e il proprio ruolo in rapporto ai cambiamenti istituzionali, culturali e sodali che sono in atto.
Ciò vale per tutti i soggetti, per le forze politiche come per le organizzazioni sociali. In momenti come questo, le burocrazie, con i loro ingranaggi ripetitivi, con la loro forza d’inerzia, con la loro opacità incapace di innovazione, finiscono per essere travolte. E, viceversa, chi ha iniziativa e coraggio innovativo si può candidare ad avere un ruolo da protagonista nel nuovo ordinamento che si sta iniziando a costruire.
Per questo, il processo che vogliamo avviare, con questa riunione straordinaria dei tre organismi dirigenti regionali di CGIL, CISL e UIL, non è, non deve essere, la ripetizione stanca di un rituale unitario, la ricerca di qualche mediazione stentata con la quale tirare a campare, con una unità solo di facciata. Al contrario, dobbiamo operare tra di noi una ricerca che vada alla sostanza dei problemi, andando oltre le vecchie identità, le vecchie appartenenze. Non è l’incontro di tre Stati maggiori che cercano un armistizio, ma è un incontro di persone che, a questo punto della vicenda italiana, sentono ormai come un limite le forme organizzative nelle quali hanno fino ad ora operato, e vogliono cimentarsi in un’impresa nuova, nella costruzione ex novo di nuove più solide basi per il sindacalismo italiano.
Nel momento in cui sono tutti da costruire i soggetti della seconda Repubblica, sono tutte da ridefinire le rappresentanze, anche il soggetto sindacale va rifondato. Si tratta, appunto, di costruire un soggetto nuovo, e non di mettere insieme burocraticamente le organizzazioni così come sono.
Ma è davvero necessaria una svolta così radicale? E non c’è il rischio di ragionare ancora una volta in un’ottica subalterna, legando l’evoluzione del sindacato all’evoluzione del quadro politico-istituzionale?
Dobbiamo allora chiarire, con estremo rigore, il senso dell’operazione che ci proponiamo di realizzare, e il suo rapporto con la vicenda politica. Il cambiamento istituzionale che si sta attuando, e che avrà il suo primo momento significativo nel rinnovo del Parlamento con la nuova legge elettorale, consiste essenzialmente in un ridisegno delle istituzioni che restituisce ai diversi organi costituzionali un ambito chiaro di autonomia e di responsabilità, spezzando il circuito perverso del consociativismo, ovvero della commistione dei ruoli, e bloccando la funzione pervasiva e invasiva assunta dai partiti. Il nuovo ordinamento dovrebbe essere fondamentalmente un sistema di autonomie: più chiara distinzione di funzioni tra governo e Parlamento, nuova costituzione regionalista che consenta a livello decentrato un’assunzione piena di responsabilità, .separazione dei ruoli politici e di quelli amministrativi, e quindi ridefinizione di una funzione propria dei partiti politici, come strumenti attorno ai quali si organizza il pluralismo dei progetti, senza interferenze con il funzionamento degli organi istituzionali. In questo contesto, il sindacato, che è stato fin qui coinvolto nei meccanismi consociativi e che non ha mai realizzato in modo compiuto il proprio progetto di autonomia, mantenendo forme esplicite o sotterranee di collateralismo con il sistema dei partiti, può oggi essere finalmente liberato da questi vincoli e restituito pienamente alla sua funzione di rappresentanza sociale. Ma questo percorso di autonomia può essere credibile e può avere delle basi solide solo se si pone mano alla costruzione di un nuovo sindacato confederale unitario. L’unità è il primo banco di prova dell’autonomia.
E i tempi che abbiamo a disposizione sono stretti: saranno i prossimi mesi quelli decisivi per delineare le forze in campo, la loro dislocazione, i loro rapporti, e il rischio per noi -se non viene attivato con grande determinazione il lavoro di costruzione dell’unità sindacale -è di essere tra breve risucchiati in nuove forme di collateralismo, perdendo un’occasione storica che difficilmente si potrà ripetere in condizioni così favorevoli.
In questo passaggio di fase, quindi, ci giochiamo la nostra prospettiva. E gli errori si pagano moltiplicati. È vero che non può essere riferito meccanicamente al sindacato il medesimo discorso che vale per i partiti politici perché sicuramente diverse sono le responsabilità, e le organizzazioni sindacali sono restate, anche nel mezzo di una situazione di corrompimento diffuso e di degenerazione dell’etica pubblica, un punto di riferimento positivo, una forza viva, che ha contrastato i fenomeni di disgregazione corporativa e di rottura della solidarietà sociale. Ma anche per il sindacato c’è un’esigenza di svolta non eludibile. La nostra iniziativa si è appesantita, fenomeni di burocratizzazione hanno inceppato e intorbidato il nostro rapporto democratico con i lavoratori, e in una società proiettata verso il nuovo, con un’ansia fortissima di rinnovamento, rischiamo di apparire come un pezzo del vecchio sistema che si sta sfasciando. Il progetto di un nuovo sindacato unitario deve quindi avere, per essere efficace, un’ambizione molto alta. L’unità, in questo senso, è inseparabile da un disegno di riforma democratica del sindacato, che realizzi trasparenza della rappresentanza e costruisca un circuito democratico reale nel rapporto con i lavoratori; ed è inseparabile da un rilancio forte delle ragioni della confederalità, da una capacità quindi di affrontare i nodi di fondo e strutturali dell’attuale crisi, di offrire così ai .lavoratori un terreno di azione efficace e solidale, che eviti la dispersione corporativa o la protesta disperata. Costruire un sindacato confederale unitario è già di per sé un segno politico rilevantissimo, un contrappeso che agisce in controtendenza rispetto alla frantumazione degli interessi.
Non essendo in discussione il principio della libertà sindacale, continueranno legittimamente ad esistere sindacati corporativi o localistici. Nella misura in cui essi avranno un peso reale, una rappresentanza effettiva, dovremo naturalmente farci i conti. Non siamo guidati dallo spauracchio di nemici immaginari.
Il nostro problema è la sorte del sindacalismo confederale, la possibilità o meno di affrontare le nuove emergenze con uno strumento più forte, con un consenso dei lavoratori rinnovato e rinsaldato, con una strategia più consapevole. Non c’è solo una drammatizzazione della situazione sociale, con la disoccupazione in continua crescita, con un’area di vera e propria emarginazione che pone inediti problemi di solidarietà, c’è anche un’incognita che riguarda le prospettive generali dell’economia italiana, gravemente compromessa da un’azione di governo che, negli anni passati, si è limitata alla navigazione a vista, senza strategia, nell’aspettativa illusoria di una ripresa, di un nuovo ciclo espansivo, senza far nulla per attrezzare il nostro sistema produttivo alle nuove sfide della competizione internazionale. Su questi temi intendiamo lavorare, preparando una· Conferenza economica regionale, che metta a punto l’analisi dei processi in corso e definisca una nostra autonoma piattaforma, da confrontare con i nostri interlocutori, istituzionali e imprenditoriali. Né può essere sottovalutata la dimensione internazionale nella quale sempre più si collocano i problemi che siamo chiamati ad affrontare, e per questo ci sembra essere urgente un vero salto di qualità della nostra iniziativa sulla scena internazionale, e in particolare in rapporto all’integrazione economica europea e alle prospettive della politica comunitaria.
Per questo, nel nostro programma di lavoro immediato c’è la costruzione di un Ufficio unitario per le politiche comunitarie, nella convinzione che in questo campo, che presenta grandi complessità e richiede un lavoro di lungo periodo per costruire i necessari rapporti di collaborazione con le diverse organizzazioni sindacali in Europa, l’unità è assolutamente indispensabile per poter raggiungere un minimo di efficacia. In generale, è la natura stessa dei problemi che abbiamo di fronte, la loro complessità, che ci impone di affrontarli con una forte iniziativa unitaria, perché solo così possiamo incidere sui processi e possiamo avere un ruolo attivo ed efficace. Se guardiamo al panorama europeo, vale la regola che più il movimento sindacale è diviso e più diviene marginale il suo peso nella vita sociale e nelle decisioni politiche.
Con queste motivazioni e con queste convinzioni abbiamo deciso qui in Lombardia di assumere un’iniziativa politica che ci impegna personalmente, di scommettere sull’unità come traguardo possibile; da costruire in tempi ravvicinati, cominciando da subito il lavoro concreto per la sua realizzazione. La presenza dei segretari generali delle tre organizzazioni sottolinea l’importanza di questo appuntamento e, ovviamente, è per noi essenziale un raccordo positivo con le Confederazioni perché è a quel livello che vanno prese le decisioni fondamentali. La nostra è un’azione di stimolo e di sollecitazione, non può essere un’azione separata.
È nostra convinzione che si debba aprire al più presto la fase costituente del nuovo sindacato unitario, che cioè dobbiamo insieme definire i principi fondativi, le opzioni strategiche, le regole di vita interna e i modelli organizzativi su cui costruire il nuovo soggetto sindacale, così da poter presentare ai lavoratori, entro l’anno in corso, una proposta politica, che dovrà essere oggetto di una discussione di massa. Non più trattarsi di un patto di vertice, ma occorre un processo sociale reale che coinvolga ed impegni il numero più grande possibile di lavoratori, non solo gli attuali iscritti alle tre Confederazioni, ma quel grande bacino potenziale di lavoratori che credono nella necessità di un’azione sindacale e non si riconoscono oggi nelle attuali strutture organizzative.
All’insieme dei lavoratori dovremo rivolgerei per chiedere l’adesione al nuovo sindacato unitario; con una verifica generalizzate delle deleghe.
La prima tappa di questo processo costituente è l’elezione delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, sulla base delle intese sottoscritte con il governo e con le controparti. Occorre il massimo impegno organizzativo e politico per rispettare i tempi che ci siamo proposti, per realizzare in questi due mesi, prima delle elezioni politiche, una campagna generalizzata di rinnovo delle rappresentanze in tutti i luoghi di lavoro.
Si stanno completando, a livello di categoria, i regolamenti attuativi. Noi, in ogni caso, dovremo impedire qualsiasi ritardo, qualsiasi rinvio, e quindi se entro gennaio dovesse registrarsi in alcuni settori una situazione di difficoltà interverremo come strutture confederali con una nostra proposta.
CGIL, CISL e UIL si presentano alla prova elettorale con un patto unitario, con una dichiarazione comune che le impegna in un’azione unitaria nei nuovi organismi di rappresentanza, i quali vengono considerati come la base su cui costruire il nuovo sindacato confederale unitario.
Presenteremo, in generale, liste distinte di organizzazione, ma deve essere chiara ed esplicita questa scelta per l’unità. Noi ci atteniamo agli accordi sottoscritti. Sarà poi la legge a dare un assetto definitivo e vincolante alle forme di rappresentanza sindacale. Sarà questo uno dei primi compiti del nuovo Parlamento, trattandosi di un problema ormai maturo e di una questione che ha un rilievo politico generale, perché è un aspetto essenziale dell’ordinamento democratico del Paese. La norma che riguarda la quota di un terzo riservata alle organizzazioni firmatarie dei contratti nazionali va gestita in modo da non creare una sorta di doppio binario, da non introdurre elementi di separatezza e di contraddizione nel funzionamento delle RSU.
Per questo occorrono procedure democratiche trasparenti, come può avvenire, ad esempio, con il ricorso alle primarie tra gli iscritti per decidere, con una medesima procedura democratica i candidati che la singola organizzazione propone come membri delle RSU, così che sia la stessa la fonte di legittimità per il terzo di organizzazione come per i due terzi elettivi.
Viene superata la pratica della pariteticità. Alcuni correttivi potranno però rendersi necessari, per la quota di un terzo, a garanzia del pluralismo, soprattutto nelle imprese minori, con un piccolo numero di delegati, nelle quali l’applicazione rigorosa del criterio proporzionale può rischiare di escludere le organizzazioni meno forti. La soluzione di questi problemi può essere lasciata ad una valutazione concreta dei singoli casi, o forse, più opportunamente, possiamo cercare di regolarla con un’apposita normativa, che vale naturalmente solo per i rapporti tra le tre Confederazioni sulla base del patto unitario da loro sottoscritto. Le RSU sono il primo gradino nella costruzione del nuovo edificio unitario, e per questo richiedono la massima cura perché una falsa partenza potrebbe compromettere l’intera prospettiva. Con le RSU potrà avvenire finalmente una verifica democratica effettiva, e potranno essere responsabilizzate nuove forze, nuovi quadri, realizzando quel ricambio e quel rinnovamento che sono indispensabili. A ciò dobbiamo puntare, valorizzando tutte le nuove energie e allargando la nostra rappresentanza a nuovi settori, a nuove aree professionali, e sostenendo con forza la necessità di una presenza femminile corrispondente ai peso reale che hanno le donne nel mondo del lavoro.
Abbiamo in programma una specifica attività di formazione sindacale per i nuovi delegati, da realizzare unitariamente: sarà anche questo lavoro un momento importante della costruzione del nuovo edificio, il quale appunto va costruito non in modo verticistico, ma partendo dai luoghi di lavoro, formando nei luoghi di lavoro i quadri della futura organizzazione, che già da oggi siano in grado di ragionare e di operare superando le vecchie appartenenze. La fase Costituente, quindi, non si esaurisce in un singolo atto, non è una sorta di cerimonia solenne, ma è un insieme di atti, ‘di impegni, di iniziative concrete, che si svolgono a diversi livelli, nei gruppi dirigenti nazionali, in quelli periferici; nei luoghi di lavoro. Spetta agli organismi dirigenti nazionali assumere, in questa direzione, un chiaro ed esplicito deliberato, e spetta all’insieme delle strutture e dei quadri operare in coerenza con la linea di marcia che si è decisa. Noi ci sentiamo già pienamente attivati in questo processo, e vogliamo fare fino in fondo la nostra parte, senza aspettare una qualche fatidica ora x. Per questo proponiamo di mettere subito al lavoro una Commissione unitaria, con il compito di seguire le tappe di questo processo e di dare un contributo di idee e di elaborazione sui problemi che restano aperti, a partire dalle opzioni strategiche e dalle regole di democrazia che hanno un evidente carattere preliminare e decisivo. Sull’orientamento strategico che dovrà guidare il nuovo sindacato unitario valgono sicuramente, come primo punto di riferimento, le elaborazioni e le acquisizioni politiche che ci hanno guidato nel confronto con il governo e con le controparti: politica dei redditi, sistema contrattuale che valorizza il momento decentrato, nuovo sistema di relazioni sindacali indirizzato verso forme di partecipazione, di corresponsabilizzazione, di qualificazione del lavoro umano nel processo produttivo. L’intesa del 23 luglio è in questa direzione una prima tappa. Ed è nostro compito indicare con maggior limpidezza le linee di fondo della strategia del sindacato nella prossima fase. Quanto al problema della democrazia, esso si, articola su tre piani distinti, ciascuno dei quali richiede proprie soluzioni e propri strumenti.
Il primo piano riguarda la democrazia associativa, ovvero il rapporto con gli iscritti, e l’insieme di poteri e di diritti che vanno garantiti ai membri dell’organizzazione sindacale. Gli iscritti devono poter partecipare con un proprio ruolo attivo all’insieme delle scelte che l’organizzazione deve compiere, alla definizione delle linee di politica sindacale così come alla selezione dei gruppi dirigenti.
Il secondo piano riguarda la democrazia rappresentativa, la funzione che spetta agli organismi rappresentativi eletti nei luoghi di lavoro, i quali dovranno essere i depositari del potere contrattuale nell’ambito che è loro proprio. Il terzo piano riguarda la democrazia diretta, ovvero le forme di consultazione e di verifica democratica che è necessario attuare in un rapporto con tutti i lavoratori, per decidere intorno ad iniziative e scelte contrattuali particolarmente significative e di interesse generale, e si tratta allora di fissare i criteri e le procedure, non lasciando la decisione al caso e alla valutazione contingente.
Si tratta di trovare un corretto equilibrio tra questi tre diversi aspetti, nessuno dei quali può essere sacrificato, ma deve potersi armonizzare in un sistema generale di regole. Le diverse· posizioni presenti nel dibattito, le diverse esperienze e concezioni che hanno contraddistinto la storia delle tre Confederazioni, non danno luogo, a nostro giudizio, a un dissenso di principio insanabile. Se entriamo concretamente nel merito del problema, considerandolo in tutte le sue articolazioni, possiamo costruire una sintesi unitaria. Naturalmente, la definizione delle regole è un presupposto, e il carattere democratico del nuovo sindacato unitario deve essere garantito in modo visibile; perché sta proprio qui una delle ragioni fondamentali delle difficoltà che abbiamo incontrato negli ultimi anni, e della crisi che in molti casi si è aperta nel rapporto di fiducia tra lavoratori e sindacato. Accanto al problema della democrazia, e non meno importante di esso, sta il problema del funzionamento dell’organizzazione sindacale, del suo modello organizzativo, dell’efficacia della sua azione. Non c’è solo, infatti, un deficit di democrazia, ma una struttura organizzativa con molte disfunzioni, con dei fenomeni diffusi di burocratizzazione e di centralizzazione, che non è riuscita, nel complesso, ad aderire in modo flessibile ai cambiamenti della società, a rappresentare un mondo del lavoro sempre più differenziato, a dare spazio alle autonomie territoriali. C’è quindi un’opera assai impegnativa di riforma organizzativa a cui mettere mano, lungo una linea di decentramento, di flessibilizzazione, di valorizzazione delle autonomie. Nella costruzione del sindacato unitario può apparire che questi problemi diventino più complessi, più intricati, perché si sommano le strutture burocratiche delle tre Confederazioni dando così vita ad una macchina ingovernabile.
In realtà, l’unità può essere l’occasione per realizzare davvero una riforma radicale, eliminando funzioni doppie, sovrapposizioni, e razionalizzando l’uso delle risorse, spostando le risorse nei punti scoperti, là dove si tratta di realizzare un nuovo insediamento sindacale, e rafforzando nuove esigenze, nel campo della formazione, della ricerca, della comunicazione, che oggi vengono affrontate in ordine sparso, con una scarsa efficacia con risultati modesti.
Su questo ordine di problemi vogliamo cominciare un lavoro, di approfondimento e anche di sperimentazione. Una prima iniziativa concreta è la produzione di uno strumento unitario di informazione sindacale e, come già ho detto, intendiamo realizzare un programma unitario nel settore della formazione.
Le tre segreterie regionali hanno già varato un programma impegnativo, e si propongono di lavorare già da ora, in una nuova ottica, affrontando insieme tutta una serie di questioni di grande portata: i problemi dell’economia lombarda, la democrazia economica e i nuovi modelli contrattuali, i servizi sociali, il regionalismo e le riforme istituzionali. Ci siamo già incamminati su una nuova strada, con convinzione, con fiducia, e con rispetto reciproco.
Le differenze non scompaiono, deve anzi essere chiaro che il nuovo sindacato unitario ha bisogno di esprimere un pluralismo assai ricco e complesso, di culture, di progetti, di sensibilità. Il confronto permanente e aperto tra diverse posizioni e proposte, il rispetto per le minoranze, il riconoscimento del pluralismo interno, affidando di volta in volta le scelte e le decisioni ad una verifica democratica, secondo le regole che concorderemo, e garantendo l’efficacia delle decisioni democraticamente assunte.
A questo progetto finalizziamo tutto il nostro lavoro nel corso di questo 1994, che può essere l’anno nel quale si costruiscono le basi, le condizioni politiche e organizzative dell’unità sindacale. La Lombardia intende così dare un suo contributo, forte e determinato, al confronto e al dibattito che è aperto a livello nazionale, senza presunzione, certo, ma con una indicazione chiara, senza aspettare di ricevere direttive dall’alto. Sentiamo con forza questa nostra responsabilità~ davanti ai lavoratori e davanti al Paese; sentiamo l’urgenza dei tempi. E sappiamo che non ci possono essere processi spontanei, che qualcosa di nuovo può crescere solo se c’è la volontà, lavoro, tenacia, se ci sono gruppi dirigenti che decidono di scommettere su un progetto innovativo.
Con la riunione di oggi vogliamo dare a tutti i nostri quadri, all’insieme dei nostri iscritti, questo messaggio, l’indicazione di una precisa linea di marcia, sulla quale da ora ci sentiamo personalmente impegnati e chiediamo un impegno coerente a tutte le nostre strutture organizzative. Dopo questa riunione, può essere programmato un calendario di incontri unitari, nei territori e nelle categorie. A tutti i livelli occorre il confronto politico e occorre individuare una concreta linea di azione per compiere i primi passi, anche parziali, per decidere tutto ciò che è possibile e che può contribuire alla strategia unitaria. Il nostro futuro dipende solo da noi. Non lasciamo che il passato con la sua forza d’inerzia, finisca per atrofizzare le nostre possibilità e le nostre risorse. Se guardiamo avanti con lucidità di pensiero, vediamo che c’è una strada tracciata, possibile, non facile, ma la sola che ci apre davvero una prospettiva di rinnovamento e di forza.
Busta: 1
Estremi cronologici: 1994, 20 gennaio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Note”, n. 1, 31 gennaio 1994