I COMUNISTI A MILANO

Atti della XII Conferenza cittadina del PCI, Milano 12-14 marzo 1976

Relazione di Riccardo Terzi, segretario della Federazione milanese

Cari compagni, quando tre anni fa tenemmo la nostra ultima conferenza cittadina, la nostra organizzazione, qui a Milano, si trovava davanti a una situazione assai diversa da quella di oggi. Era allora il momento del governo centrista dell’onorevole Andreotti ed era in atto una manovra politica assai insidiosa, volta a creare le basi per una stabilizzazione moderata nel paese, isolando la classe operaia, cercando di isolare la classe operaia dagli strati intermedi della società.

La strategia della tensione, che proprio qui a Milano ha avuto il suo epicentro, tutta la politica degli opposti estremismi, la teoria della centralità, sostenuta allora dalla Democrazia cristiana, tutto questo tendeva appunto a creare al centro dello schieramento politico uno spazio sufficientemente ampio per garantire alla Democrazia cristiana la possibilità di svolgere ancora il suo ruolo tradizionale di forza mediatrice e conservatrice.

Credo che sia utile ricordare questo nostro recente passato, perché da questo possono rilevare alcune osservazioni. Anzitutto, possiamo misurare il cammino percorso dal nostro partito e dalle forze di sinistra, possiamo valutare quanto la nostra linea politica sia stata in grado di modificare la situazione, di spostare i rapporti di forza nel paese. In effetti, questi tre anni sono stati anni decisivi, vi è stata una accelerazione dei processi politici che ha fatto saltare tutti i propositi di stabilizzazione moderata. La crisi politica e istituzionale si è manifestata in tutta la sua ampiezza. È una crisi, questa, che non si può risolvere con operazioni di alchimia parlamentare, ma solo ponendo il problema della natura di classe dello Stato, delle sue basi sociali, del suo rapporto reale e democratico con il movimento di massa della società italiana.

Ora, quando noi poniamo la questione comunista, poniamo appunto questo tipo di problema, e l’espressione politica di questo problema, e il 15 di giugno, i risultati elettorali di quelle importanti elezioni hanno la loro spiegazione se guardiamo ai processi profondi di crisi dello Stato, e alla formazione di un nuovo tessuto democratico e unitario, perché esteso nel paese, e che è ormai divenuto incompatibile con la sopravvivenza dei vecchi equilibri politici. Per questo il dibattito politico di oggi è un dibattito così impegnativo per tutti, perché si tratta di individuare una prospettiva di lungo periodo ed è questo un dibattito che ci lascia ormai alle spalle definitivamente le formule e le dispute logore del centro-sinistra.

La seconda osservazione che mi pare di dover fare, riguarda la linea politica che abbiamo seguito in questi anni e che ha consentito di mutare così profondamente la situazione, di fronteggiare con successo le manovre conservatrici. Oggi, forse, questo può apparire una cosa scontata, ma mi pare che sia bene ricordare il dibattito politico, lo scontro con posizioni diverse, che sono stati necessari per affermare la linea del partito.

Di fronte alla politica della centralità tentata dalla Democrazia cristiana, noi abbiamo sostenuto la necessità di impedire la costruzione di un blocco di forze moderate, sviluppando con grande energia e coraggio l’azione unitaria verso tutte le forze democratiche. Abbiamo vissuto, sotto questo profilo, esperienze importanti qui a Milano, ed è in questo quadro che è sorto il comitato unitario antifascista, che si è affermato il metodo di un confronto permanente tra le forze costituzionali, che si è creato quel clima di solidarietà democratica che ha preservato Milano dai pericoli dell’offensiva reazionaria.

È nel corso di questa esperienza politica, che ha visto protagonista il nostro partito, che la classe operaia si è affermata come sostegno primario fondamentale della democrazia, ed è questa una acquisizione decisiva, un punto di forza da cui partire, un punto di forza che ha consentito di spostare a favore della classe operaia l’orientamento di larghi strati sociali. Questo ha comportato per noi, per il movimento operaio una battaglia politica molto ferma, contro tutte quelle posizioni che tendevano, e che in parte tendono tutt’ora, a collocarsi al di fuori della legalità democratica. Credo che dobbiamo ribadire questa nostra posizione, e considerare che qualsiasi concessione a posizioni di questo tipo sarebbe un fatto estremamente pericoloso.

Noi abbiamo valutato positivamente l’iniziativa del comitato antifascista, lo ricordava anche il compagno Margheri nella relazione, cioè l’appello per un ordinato svolgimento della vita sociale e politica a Milano. C’è chi si è scandalizzato di questa iniziativa, di questo appello, vedendo in questa iniziativa, in questo appello, una limitazione delle libertà. Ebbene, noi dobbiamo sentire il dovere di garantire nella città di Milano l’ordine democratico, di non offrire copertura di nessun tipo ad atti di provocazione e di intolleranza.

Dobbiamo avvertire il pericolo rappresentato dall’esistenza di gruppi che vivono ai margini della legalità e che sono il veicolo per torbide azioni di disordine. Ancora oggi, vi è stato un episodio grave. Nei pressi di una fabbrica, a Rozzano, sono stati aggrediti, disarmati, e gravemente feriti due carabinieri; atto grave di provocazione, di fronte al quale non possiamo che prendere una posizione di condanna molto netta.

Ma non si tratta soltanto di questo problema, della esigenza cioè di sconfiggere le linee avventuristiche. Si tratta, più in generale, di costruire nuovi rapporti politici, di realizzare le più larghe intese democratiche, operando per una saldatura con il mondo cattolico, con le sue espressioni politiche, fra le quali, anzitutto, la Democrazia cristiana, in modo tale da ostacolare e battere le tendenze integralistiche e le esasperazioni ideologiche.

Il rapporto con la Democrazia cristiana si configura a Milano in maniera complessa e certamente abbiamo tutti presenti le difficoltà notevoli di questo rapporto, difficoltà che per certi aspetti si sono accentuate dopo le elezioni di giugno. Nonostante però queste difficoltà, noi dobbiamo avvertire il travaglio che si è aperto nella Democrazia cristiana, l’esistenza di una corrente democratica che riconosce l’autonomia della sfera politica rispetto a quella religiosa e ideologica, e che riconosce su questa base la possibilità di intese e di iniziative unitarie.

Quando affermiamo il principio dell’autonomia della politica, questo ovviamente significa, anche per noi e per tutte le forze democratiche, rispetto della coscienza religiosa, dei principi morali che sono propri del mondo cattolico, e che debbono essere garantiti nel quadro di una visione pluralistica e laica dello Stato.

Ma, si osserva a questo punto, quella che è andata avanti dopo il 15 giugno non è la politica del compromesso storico; è andata avanti, invece, la costruzione dell’alternativa di sinistra. Ponendo le cose in questo modo l’analisi si riduce a cosa ben misera, a formule astratte e prive di vita. Le formule politiche di cui noi ci serviamo nel nostro linguaggio quotidiano hanno il valore di indicazioni, per il lavoro concreto, indicazioni che debbono sempre trovare nella concretezza delle situazioni le loro verifiche, le loro modalità concrete di applicazione.

Guai se volessimo trasformare la nostra linea politica in catechismo, o in formule settarie e sclerotizzate. Per questo, proprio perché non siamo vincolati da visioni catechistiche, non abbiamo dubbi nel dare un giudizio molto chiaro, quel giudizio che era contenuto nella relazione del compagno Margheri, sul significato che ha avuto la svolta politica che si è realizzata nel Comune e alla Provincia di Milano dopo le elezioni di giugno. Questa svolta, la costruzione di una maggioranza di sinistra, non contraddice in nessun modo la nostra linea politica generale. È, invece, per tutti noi, un grande passo in avanti, anche se ovviamente dobbiamo sempre guardare le cose criticamente, dobbiamo essere consapevoli dei problemi non risolti, delle difficoltà politiche che rimangono, dei pericoli ancora presenti nella situazione, dei ritardi che abbiamo nella costruzione di una più larga unità politica.

La questione è quella di non considerare ormai esaurito il nostro compito: siamo arrivati ad assumere posizioni di governo e quindi, a questo punto, la questione è definita. Si tratta, invece, di continuare a guardare con molta attenzione ai processi che sono in atto nelle forze politiche e nelle forze sociali, per evitare riflussi e passi indietro, e spostare ancora di più a favore della classe operaia i rapporti di forza. Questo modo concreto di guardare ai fatti politici, al di là delle formule, lo abbiamo riscontrato anche nelle conclusioni nel recente congresso nazionale del partito socialista dal quale mi pare sia venuta una spinta positiva nel senso di una ricerca unitaria, della costruzione di una politica comune delle forze di sinistra. Questo rapporto unitario tra noi e i compagni socialisti, è un rapporto tanto più saldo quanto più ciascuno ha la consapevolezza dell’autonomia delle singole forze politiche e quindi delle ragioni ideali profonde da cui questa autonomia discende.

Mi pare che l’intervento, che abbiamo ascoltato ieri, del compagno Martelli si è mosso in questa ottica e in questa prospettiva. Mi pare che dal confronto e anche dalla polemica che talora vi è stata in questi ultimi mesi tra noi e i compagni socialisti, siamo riusciti a far emergere una impostazione sempre più largamente unitaria e a superare diffidenze e incomprensioni.

Oggi, il rapporto col partito socialista, lo possiamo sottolineare a questa conferenza cittadina, si presenta come un rapporto fecondo, unitario, in cui si ritrovano le esigenze e le esperienze fondamentali della classe lavoratrice di Milano. I tentativi di spezzare questo processo di unità, di introdurre divisioni, questi tentativi sono falliti. La polemica che più volte abbiamo sentito nel Consiglio comunale da parte della Democrazia cristiana, i tentativi appunto di strumentalizzare momenti di diversità di giudizio nell’ambito della sinistra, ebbene questa polemica appare sempre più strumentale e sempre più miope, mentre, d’altra parte, appaiono completamente ridicoli i tentativi di alcuni dirigenti della Democrazia cristiana di mettere sotto accusa la nuova giunta per il suo presunto immobilismo.

Di fronte a certe polemiche e a certe improntitudini, anche, direi, del capogruppo della Democrazia Cristiana Borruso, che è stato esponente tipico della impotenza del centro-sinistra e che oggi vorrebbe presentarsi come il più ardito rinnovatore, di fronte a queste cose finiscono per apparire talora più ragionevoli le posizioni di destra di De Carolis, posizioni che almeno hanno il pregio della chiarezza. Per questa via la Democrazia cristiana, appunto, non si rassegna a giudicare le cose come stanno, e a prendere atto dei dati politici nuovi della situazione; per questa via la Democrazia cristiana si condanna all’isolamento e si taglia fuori dai processi reali che stanno avvenendo nella città di Milano.

Con la conferenza cittadina noi vogliamo ribadire, da un lato l’appoggio nostro convinto, incondizionato, alla politica della giunta di Milano, e, dall’altro, vogliamo ribadire la continuità della coerenza della nostra linea politica che si rivolge ad altre forze e all’opinione pubblica nel suo complesso per fare avanzare a Milano una linea di unità democratica.

Di fronte a questa impostazione nostra, che ancora oggi riconfermiamo, più volte abbiamo sentito delle polemiche, e anche nel giornale di Montanelli di oggi vi è una nota polemica nei nostri confronti a proposito di questa impostazione. Si dice, in sostanza, che i comunisti vogliono annullare il ruolo dell’opposizione, propongono un sistema di pluralismo soltanto apparente, nel quale ogni dialettica politica viene assorbita e negata, e quindi questa nostra azione, questa nostra impostazione politica tenderebbe a realizzare una egemonia incontrastata del nostro partito su tutto lo schieramento politico.

Ebbene, mi pare che questo sia un ragionamento abbastanza strano. Certamente, se noi seguissimo una linea diversa, se avessimo in qualche misura attenuato il nostro impegno unitario dopo il 15 giugno, allora la stampa moderata ci accuserebbe di prevaricazione, di settarismo di arroganza del potere. In realtà, ciò che indigna costoro è appunto il fatto che i comunisti smentiscono, alla prova dei fatti, l’immagine caricaturale che è tipica della propaganda anticomunista, una immagine della prepotenza e del disprezzo per le regole democratiche. Si dimostra invece quanto la nostra linea politica elaborata in questi anni sia tutt’altro che una manovra strumentale e propagandistica, e appunto per questo, perché sempre più appare la coerenza della nostra impostazione, è appunto per questo che il nostro prestigio e la nostra autorità sono così grandemente cresciuti.

D’altra parte, nella crisi politica gravissima in cui versa il paese, non mi pare francamente che il pericolo da cui guardarsi sia quello di maggioranze troppo solide e di governi troppo forti. Il pericolo, oggi, per il paese, è quello di un vuoto di potere e di un collasso dell’autorità dello Stato. Questo è il problema di fondo della situazione italiana; e per questo, appunto, occorre lavorare per una politica di intesa tra le forze democratiche; per questo ogni forza politica ha il dovere di non sacrificare a meschini interessi di parte le esigenze più profonde della vita democratica.

Il compito del partito, quindi, in questo momento, è quello di indicare concretamente le vie per uscire dalla crisi, esercitando sempre pienamente la propria funzione di governo, dalla crisi economica anzitutto. Ed ecco allora il nostro impegno a sostegno delle lotte del lavoro, per un rapporto ampio, costruttivo, sistematico, con il movimento di massa dei lavoratori, l’impegno per affrontare i problemi della produzione e del lavoro. In questo quadro si colloca l’iniziativa con la quale vogliamo lavorare nei prossimi mesi nella campagna di conferenze di produzione.

Uscire dalla crisi ideale che è così diffusa in una grande città come Milano: ecco allora il valore dell’azione del partito, della federazione giovanile, per l’affermazione di una coscienza severa dei diritti e dei doveri democratici, contro forme di disgregazione, di qualunquismo e di cedimento morale.

Si tratta infine di porre le questioni di fondo della crisi politica, una crisi aperta dopo l’esaurimento ormai riconosciuto unanimemente della politica del centro-sinistra. Di fronte a questa crisi, che diviene insuperabile e cronica, penso che sia riconosciuto appieno il ruolo del nostro partito.

Questi sono i termini ormai già chiari della situazione. Non c’è bisogno di aspettare nuove conferme elettorali, non c’è certo bisogno delle elezioni politiche anticipate per cogliere la sostanza delle questioni che stanno davanti al paese. Questo problema, quindi, dei rapporti con il nostro partito, del ruolo di governo del nostro partito va posto esplicitamente, pur considerando la necessaria gradualità dei processi politici. Noi dobbiamo quindi, in tutto il lavoro del partito e in tutto il lavoro di collegamento con le lotte dei lavoratori, porre con forza questo problema centrale del governo, della direzione politica del paese, e, d’altra parte, è anche evidente a noi che questo problema si può risolvere soltanto sulla base di un forte movimento di massa, soltanto con un partito che esalti le sue caratteristiche di partito di lotta e di massa che sempre più abbia radici profonde nella realtà sociale, che sappia guidare le lotte dei lavoratori.

Il nostro partito, compagni, in questi anni è cresciuto, dal punto di vista politico, elettorale, organizzativo. E anche questa conferenza cittadina è una prova della crescita, della maturità del partito.

Credo che questa forza nostra, così importante nella città di Milano, debba essere il punto di riferimento e di fiducia per tutti i lavoratori e i cittadini milanesi che vogliono risolvere positivamente la crisi della società italiana, che credono nella prospettiva di una democrazia avanzata, nella possibilità di una esperienza nuova e originale di costruzione socialista, che sia aderente alla tradizione e ai valori della nostra storia e della nostra cultura.


Numero progressivo: V7
Busta: 16
Estremi cronologici: 1976, 12 marzo
Autore: AA. VV.
Descrizione fisica: Volume, b/n, 205 pp.
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “I comunisti a Milano, atti della XII Conferenza cittadina del PCI, Milano 12-14 marzo 1976”