Se n’è andato Salvatore Veca: è scomparso nel grande silenzio dell’ultima malattia, e il gruppo di lavoro che presiedeva, quello che ha prodotto il sito dedicato agli archivi di Riccardo Terzi ha avvertito la mancanza del suo presidente come un vuoto di ispirazione, un fermarsi dell’immaginazione che deve accompagnare la vita di questa importante raccolta di testi, di immagini e di storie per farne una fonte di iniziative e di incontri.
Terzi e Veca sono stati legati da più di una passione – la politica, e più precisamente la democrazia, le sue condizioni di possibilità. E la filosofia, come interrogazione costante che fluidifica le certezze che scricchiolano e che libera ogni volta il flusso della ricerca umana di senso e di bene. Si sono a lungo ascoltati e parlati a proposito del tempo che hanno condiviso, anni a volte entusiasmanti e poi anche amari, specie se visti da una città lungamente condivisa, la Milano delle grandi lotte e delle grandi conquiste, la Milano nera della strategia della tensione, del riflusso, del centrosinistra e del suo naufragio.
Salvatore Veca ci ha lasciato, per le edizioni Mimesis, un’autobiografia intitolata Prove di autoritratto, ed è anche un ritratto del mondo nel quale si è mosso e per il quale si è impegnato. Colpisce, nel leggerla, la rete fittissima di incontri, relazioni, scambi… un continuo operare individuale e collettivo, istituzionale e amicale. Colpisce la grande apertura (una tolleranza, direi) nei rapporti sociali, politici, culturali ma anche semplicemente interpersonali. Un’apertura che sarebbe difficile immaginare di riprodurre in questi tempi di stizze e facili anatemi. La sua gentilezza era proverbiale, ma non si è trattato semplicemente di carattere o di buona educazione, si è trattato anche di saggezza, e di saggezza politica. Se la politica è arte e sapienza del convivere, direi che non c’è politica senza gentilezza, quella sua speciale gentilezza.
La stessa che ritroviamo nella sua scrittura, in una produzione fitta come un bosco e sempre in divenire. Inutile, qui, elencare titoli, ma ha senso pescare in questo mare di saggistica un attimo singolarissimo: si tratta di Sarabanda, ballata dedicata alla migrazione, ai barconi in mare, alla resistenza dell’umano nelle condizioni più tragiche e povere. Salvatore Veca è stato anche questa sensibilità poetica.
Che non mancava certo al più silenzioso Terzi. Non per caso infatti così li immagina il napoletano Vincenzo Moretti nel suo blog lavorobenfatto: “Ci mandò da te Riccardo Terzi, che anche se non credo ci spero sempre che il Paradiso esista, almeno quello dei saggi, che vi immagino voi due da quelle parti con le altre belle cape che ci sono in giro…”.
Sì, continuiamo a immaginarli, quei due.
Lidia Campagnano. Milano novembre 2021